Fin dai suoi timidi e incerti esordi, Tim Burton, regista visionario celebrato l'anno scorso anche alla Festa del Cinema di Roma, ha dimostrato uno stile unico e immediatamente riconoscibile, non sempre compreso e apprezzato, anche dalla stessa Disney, con cui ha avuto un rapporto altalenante così come con altre grandi major. Ora, in attesa dell'arrivo di Mercoledì, la sua prima serie TV che sarà dedicata al personaggio di Wednesday Addams con Jenna Ortega in quegli iconici panni, che arriva in autunno su Netflix, e in occasione del compleanno del regista, nato a Burbank 64 anni fa, vogliamo celebrare proprio quello stile unico e riconoscibile attraverso un elemento ben presente nei suoi lavori e che speriamo di rivedere anche in Mercoledì: il colore (o l'assenza di esso).
Mondi ipercolorati e mondi grigioscuri
Il colore in una produzione audiovisiva può fare la differenza. L'uso di colori sgargianti nella cinematografia di Tim Burton è oramai caratteristica nota, ma cosa voleva comunicarci l'autore con queste scelte cromatiche? Prendiamo ad esempio Big fish - Le storie di una vita incredibile, forse il suo film più completo e rappresentativo: i colori sono il mezzo per mostrare una storia meta-narrativa come quella al centro della pellicola e il potere dello storytelling. Se c'è una cosa che il vecchio Edward Bloom (un gigantesco Albert Finney e Ewan McGregor da giovane) sa fare bene, è raccontare una storia. Aspetto molto diverso è il rapporto complicato col figlio. I colori diventano quindi lo strumento per provare a raccontare tutti i segreti della propria vita al figlio Will (Billy Crudup) ora che sta per morire, e per quest'ultimo di riuscire a trovare un terreno comune col padre, entrare nel suo mondo fantastico fatto di storie e riuscire a trasmettere l'ultima, quella della sua dipartita, ai posteri. Un'altra pellicola dove Burton ha potuto sbizzarrirsi coi colori è sicuramente La fabbrica di cioccolato, in cui tutto dai ragazzini progagonisti a Willy Wonka, è così finto da risultare vero. Soprattutto le caramelle e i dolciumi che fanno davvero venire l'acquolina in bocca e voglia di mangiarli, quasi fossero pronti per un catalogo iper-pop.
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Coloriamo l'animazione
Tim Burton ha avuto il merito di riportare in auge una tecnica artigianale come la stop-motion nell'animazione e nel farlo ha ribaltato i colori alla base dei mondi. In Nightmare Before Christmas Halloweentown è tutta scura e (apparentemente) paurosa rispetto a Christmastown, ma presto i due mondi impareranno a convivere alla fine del film, e che ognuno ha il proprio colore nel mondo e non deve vergognarsene o volerlo cambiare, ma accettarlo e anzi farne vanto. Ne La sposa cadavere il mondo di sotto, il Regno dei Morti, l'Aldilà, è tutt'altro che tetro e triste, anzi è coloratissimo e festoso (proprio come faranno Il Libro della Vita e Coco molti anni dopo), al contrario del mondo di sopra, il Regno dei Vivi e vegeti, triste, sui toni del grigio, sguardi sempre puntati in basso e pieni di rammarico. Una bella lezione non solo su come ribaltare le aspettative del pubblico, ma soprattutto sul significato che questi cambiamenti portano nella messa in scena. Ancora una volta il cineasta si è servito da solo su un piatto d'argento l'appellativo di "strambo", di cui in realtà è diventato rappresentante. Per Frankenweenie ha scelto invece il bianco e nero, non solo per omaggiare il proprio corto da cui il film è tratto, ma per l'effetto nostalgico che questa storia metteva in piedi, raccontando del primo animale domestico di un bambino e della sua tragica fine.
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Che occhi grandi che hai
Bianco e nero come quello utilizzato nei live action Ed Wood, una sorta di vademecum su come non fare un film, che racconta di uno dei peggiori registi di sempre: utilizzando un interprete come Martin Landau nei panni di Bela Lugosi il bianco e nero voleva essere anche un omaggio alla filmografia dei due protagonisti. Il colore ha sempre rappresentato l'estro e le infinite possibilità della mente visionaria del regista e dei mondi fantastici che immaginava: dagli alieni di Mars Attacks! all'ambiente circense in cui predomina il rosso di Dumbo, dal Paese delle Meraviglie di Alice in Wonderland alla Gotham fumettosa dei due Batman. C'è poi anche un colore quasi pittorico nella filmografia di Tim Burton: quello di Big Eyes, il film con cui ha voluto raccontare la faida matrimoniale di Margaret e Walter Keane negli anni '60 dietro due artisti che disegnavano i grandi occhi del titolo. Tutto partiva dai colori tenui della loro casa, specchio del loro matrimonio remissivo per lei nei confronti del marito (Christoph Waltz), che si prendeva il merito dei quadri della donna (Amy Adams).
Dev'essere Mercoledì
Ora tutte le nostre speranze sono riposte in Mercoledì, il primo esperimento seriale di Burton. Il soggetto non poteva essere più nelle sue corde della famiglia Addams e lui ha scelto in particolare il punto di vista di Mercoledì, l'adolescente più bizzarra e forse il personaggio più amato della stramba famigliola. Almeno dal trailer e dalle prime immagini viste, l'uso del colore ancora una volta non sembra essere stato lasciato al caso, mostrando i toni del nero per la famiglia Addams e quelli pastello per gli altri personaggi del quartiere e della scuola, la Nevermore, dove è mandata a studiare la ragazzina. La cosiddetta "buona società" che Burton non ha mai digerito fin da quanto è cresciuto a Burbank, tra le case tutte uguali con il prato impeccabile e le macchine in garage o nel vialetto - come aveva già fatto in Edward mani di forbice nei confronti del quartiere di periferia solo apparentemente perfetto dove andava a vivere la "creatura" interpretata da Johnny Depp. Nonostante gli alti e bassi della sua carriera, Tim Burton ha sempre avuto una costante: il colore, o l'assenza di esso, e non vediamo l'ora che torni a parlarci attraverso le sue scelte cromatiche.
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