Refrattario ai sequel con un'unica grande eccezione, l'incursione nell'universo di Batman con due pellicole che, se Warner non ci avesse messo lo zampino, sarebbero diventate una felice trilogia, in pochi scommettevano che Tim Burton avrebbe realizzato un seguito di Beetlejuice. Per anni in lavorazione, il progetto ha visto susseguirsi titoli, trame e autori senza mai prendere forma fino a quando non è arrivata l'idea giusta. Dopo aver inaugurato la Mostra di Venezia, Beetlejuice Beetlejuice irromperà nei cinema a partire dal 5 settembre, permettendo al pubblico di "riabbracciare" i personaggi dark di Michael Keaton e Winona Ryder, due degli attori feticcio del cineasta californiano.
D'altronde il cinema di Tim Burton è fatto di ritorni. Personaggi, atmosfere, ambienti, storie perennemente incentrate sui suoi amati freaks. Fin dagli esordi, il regista ha sempre attinto al suo fervido immaginario, immediatamente riconoscibile a livello visivo, visto lo stile inconfondibile del Burton disegnatore, animatore, pittore e scultore (il cui eclettismo abbiamo potuto ammirare nella mostra a lui dedicata ospitata dal Museo Nazionale del Cinema di Torino). Ma c'è di più, tutti gli eccentrici protagonisti del cinema burtoniano malinconici, solitari, spesso esclusi dalla società e un tantinello depressi rispecchiano l'adolescenza da outsider vissuta nell'assolata periferia californiana in cui Burton si sentiva un incompreso e si rifugiava nel cinema (e negli amati mostri) in cerca di vicinanza "umana".
Pur avendo riscosso uno straordinario successo di pubblico, non tutte le opere di Tim Burton sono amate dalla critica. A lungometraggi di culto si sono alternati progetti meno ispirati, tra cui l'adattamento di Alice in Wonderland e il reboot live-action di Dumbo, dove c'è lo zampino di Disney, compagnia con cui Tim Burton ha mosso i primi passi come animatore per poi essere licenziato per via del suo stile cupo e anarchico e infine richiamato una volta che la sua fama di autore era ormai consolidata. Certo è che qualsiasi sua opera, dalla più personale alla meno convincente, possiede un'impronta unica. Debitore di modelli che non manca di omaggiare pubblicamente - dagli horror Universal alle illustrazioni di Edward Gorey, dal mago della stop-motion Harry Harryhausen a Fellini e Mario Bava - l'universo gotico burtoniano abbraccia fantasie e paure che tutti abbiamo condiviso nell'infanzia o nell'adolescenza aiutandoci a sentirci meno soli. Diamo quindi uno sguardo ai migliori film di Tim Burton per scoprire o riscoprire il genio di un autore che non ha mai smesso di coltivare gli incubi del fanciullo dentro di sé.
1. Edward Mani di Forbice
L'apice della poetica burtoniana in un racconto struggente. Co-firmato insieme a Caroline Thompson, questo è uno dei pochissimi lavori di Tim Burton nato da un'idea completamente originale che non si basa su nessuna fonte pregressa. L'idea delle lame affilate al posto delle mani come metafora della solitudine e dell'isolamento sperimentati dal regista durante l'adolescenza è fortissima. Emotivamente potente e poetico, Edward Mani di Forbice segna l'inizio della felice collaborazione tra Tim Burton e Johnny Depp e il consolidamento di quella con Winona Ryder, ma la performance più toccante è quella dell'icona Vincent Price, già malato da tempo, nei panni dell'anziano inventore padre e creatore di Edward.
2. Big Fish
Il romanzo semiautobiografico di Daniel Wallace diventa materia viva e vibrante grazie al vivido immaginario di Tim Burton, che realizza una pellicola commovente e immaginifica. Focus del film è la "relazione complicata" tra un padre e un figlio, simile a quella avuta dallo stesso Burton con i genitori che lo consideravano un oggetto strano. Ma la storia del libro permette al regista di sfoderare il suo sfrenato talento visivo nel tradurre in immagini le storie incredibili narrate da Edward Bloom per tutta la vita. Così tra circhi, giganti, streghe, lupi mannari e donne di straordinaria bellezza, il regista fa ampio uso di effetti pratici che arricchiscono una fiaba potente senza distrarre l'attenzione da focus emotivo che è il rapporto tra Will Bloom (Billy Crudrup) e il padre (Albert Finney, che nella versione giovane è incarnato da uno sfrenato Ewan McGregor).
Tim Burton: la fantasia al potere e il fascino del cinema dark
3. Batman
Non sono mancate le critiche all'adattamento di Burton del Cavaliere Oscuro DC, ma insieme allo Spider-Man di Sam Raimi, il Batman di Burton è precursore di un nuovo linguaggio cinematografico nella trasposizione dei fumetti sul grande schermo. Coraggiosa la scelta di scommettere su Michael Keaton, fino ad allora noto principalmente come comico, per il ruolo di un tormentato Bruce Wayne, affiancandogli una sensuale Kim Basinger nei panni della giornalista Vicky Vale e l'istrionico Jack Nicholson in quelli del Joker. Seppur con qualche scelta stridente (la colonna sonora di Prince, di cui neppure Burton era convinto), la performance di Keaton e la messa in scena di una Gotham City cupa, ma vitale permettono a Burton di riscrivere la storia dei cinecomic.
4. Nightmare Before Christmas
Tim Burton e l'animazione a passo uno. L'omaggio a Ray Harryhausen unito a una nuova storia di freaks ricca di buoni sentimenti e tanta musica. Tim Burton gioca con gli stereotipi del Natale e di Halloween in una folle avventura dal retrogusto romantico e malinconico. L'amore della bambola di pezza Sally per l'idealista Jack Skellington si mescola all'incapacità dei mostri di comprendere una festa tradizionale e positiva come il Natale. Ispirandosi a un suo poemetto scritto nel 1982, quando lavorava come animatore per la Disney, Burton racconta la collisione di due mondi antitetici in cui il bene e il male non sono così definiti come si vorrebbe credere con l'aiuto di Henry Selick, vero regista del film, in un tripudio di indimenticabili canzoni firmare dal fedele Danny Elfman.
5. Mars Attacks!
Solo Tim Burton poteva realizzare una delle pellicole di fantascienza più scoppiettanti e irriverenti di sempre basandosi su una serie di figurine. Cresciuto a pane, horror e fantascienza, Burton decide di omaggiare i B-movies degli anni '50 in un tripudio di comicità che spesso e volentieri sconfina nella satira politica. La trama è semplice. All'improvviso gli alieni invadono la terra e gli umani cercano di sopravvivere con strategie decisamente idiote. Anche se per motivi di budget gli effetti speciali (targati ILM) sono per lo più digitali, le trovate visive nella creazioni degli alieni e delle loro teste che esplodono sono geniali. Ma a dar corpo alla satira è una sfilata di star che comprende Jack Nicholson, Glenn Close, Annette Bening, Danny DeVito, Martin Short, Sarah Jessica Parker, Lukas Haas e un gustoso cameo del cantante Tom Jones e che dà vita a personaggi uno più inetto dell'altro (con pochissime eccezioni). Il risultato è irresistibile.
6. Ed Wood
L'amore di Tim Burton per il cinema di serie B e per gli effetti pratici non poteva non convincere il cineasta a realizzare un film sul "peggior regista di sempre". Ammantando la parabola di Edward D. Wood Jr. di di uno spirito romantico (la vera storia del regista è decisamente più squallida), Burton ha confezionato il suo personale inno al cinema raccontando la storia di un instancabile entusiasta che non si arrende di fronte a nessun tipo di ostacolo. Sguardo estatico, sorriso perenne stampato sul volto, Johnny Depp dà vita a un ritratto idealizzato del mediocre cineasta con la passione per gli abiti da donne e della sgangherata troupe che lo segue nelle sue follie, compreso il Bela Lugosi di Martin Landau ormai sul viale del tramonto. Girato in un elegante bianco e nero, il film è un inno alla settima arte e ai suoi aspetti più puri, ingenui ed entusiastici.
7. Il mistero di Sleepy Hollow
La rilettura del racconto folcloristico di Washington Irving filtrata attraverso lo sguardo divertito di Tim Burton si trasforma in un vivace divertissent. Johnny Depp interpreta l'arguto, ma fragile Ichabod Crane, chiamato a indagare su una serie di misteriosi delitti nello sperduto villaggio di Sleepy Hollow in cui, ai metodi razionali di indagine di Crane, sorta di Sherlock Holmes dallo svenimento facile, si contrappongono credenze del tutto irrazionali (metafora dei tentativi di Tim Burton di combattere contro i mulini a vento degli studios hollywoodiani). In un tripudio di scenografie suggestive, dominate dal nero della foresta e dal rosso del sangue, la storia avanza a suon di brividi, colpi di scena e apparizioni del fantasmagorico cavaliere senza testa interpretato da Christopher Walken. Nel ruolo dell'interesse sentimentale di Crane, Burton sceglie Christina Ricci perché gli ricorda una "romanzesca figlia di Peter Lorre e Bette Davis".
Beetlejuice: le 8 scene indimenticabili del film di Tim Burton
8. Batman - Il ritorno
Più cupo e rigoroso del precedente capitolo, ma meno colorato e fantasioso, il sequel di Batman rinuncia allo spirito anarchico dell'originale premendo sul pedale del dramma. Il drammatico passato del Bruce Wayne di Michael Keaton viene messo in secondo pieno grazie a due villain inconfondibili come la Catwoman di Michelle Pfeiffer e il Pinguino di Danny De Vito, figure tragiche, complesse e grottesche ognuna a suo modo. Stavolta Warner Bros. Dà mano libera a Tim Burton e lui ricambia con un dramma viscerale, visivamente maestoso, infarcito di sequenze indimenticabili e di citazioni cinefile, da Nosferatu a Quarto potere.
9. Sweeney Todd
Di tanto in tanto Tim Burton ama cimentarsi col musical. Pur non essendo un fan del genere, il regista trova particolarmente affine alla sua sensibilità la tragica storia del barbiere di Fleet Street, che ha visto e rivisto a teatro, tanto da affidare al suo attore feticcio Johnny Depp e alla sua ugola il ruolo da protagonista. Con l'allora compagna Helena Bonham Carter nei panni della complice Mrs. Lovett e Alan Rickman in quelli del malvagio giudice Turpin, ne esce fuori un'opera intensa ed emozionante, dominata da una violenza estetica espressionista, mentre il sangue scorre a fiume nella Londra ottocentesca e gotica del musical di Stephen Sondheim.
10. Beetlejuice - Spiritello porcello
Aperto omaggio a quel cinema povero di mezzi, ma ricco di idee e di ingegnose soluzioni visive di cui l'adolescente Tim Burton si nutriva, Beetlejuice non nasce con grandi pretese. Il regista voleva realizzare un'idea originale e i produttori incassare un po' di soldi. Il risultato è una pellicola divenuta in breve tempo cult che mescola uno sguardo al soprannaturale a una comicità surreale e sfacciata. Anche se non si merita il sottotitolo italiano 'Spiritello porcello', l'ectoplasma sessuomane di Michael Keaton attinge a un repertorio comico di gag piuttosto repellenti che lo rende irresistibile. Meriterebbe la visione anche solo per la scena del ballo sulle note di Banana Boat Song di Harry Belafonte.