Tigers, la recensione: il caso Martin Bengtsson, quando la tigre non ruggisce più nella testa

La recensione di Tigers, biopic sportivo diretto dallo svedese Ronnie Sandahl ispirato all'esperienza di Martin Bengtsson, approdato nella primavera dell'Inter e poi ritiratosi dal mondo del calcio in seguito a depressione.

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Tigers: una scena del film

Il calcio è tornato alla ribalta delle cronache con la vittoria dell'Italia agli Europei e ora torna al centro dell'attenzione al cinema, come sottolinea la recensione di Tigers, che racconta la vera storia del calciatore delle giovanili dell'Inter Martin Bengtsson. Talento puro proveniente dalla scuderia svedese, Bengtsson venne acquistato dall'Inter nel 2004 a 18 anni, ma l'eccessiva pressione e la giovane età lo condussero a una grave depressione che culminò in un tentativo di suicidio seguito dall'abbandono del mondo del calcio a soli 19 anni.

Oggi la storia di Martin Bengtsson, raccontata nell'autobiografia Nell'ombra di San Siro, è diventata un film scritto e diretto da Ronnie Sandahl, anche lui svedese, già sceneggiatore di Borg McEnroe. La pellicola si apre con una scena che ricorda in parte il rituale eseguito da Matthew McConaughey di fronte a un confuso Leonardo DiCaprio in The Wolf of Wall Street. Il parallelismo tra il mondo dell'alta finanza e quello del calcio non è poi così peregrino, come suggerisce lo stesso regista: per sopravvivere a entrambi gli ambienti ci vuole pelo sullo stomaco ed è difficile indovinare se Martin Bengtsson (Erik Enge) lo possiede leggendo nelle sue espressioni corrucciate da adolescente o nei suoi ostinati silenzi. Tigers prende il via subito prima dell'acquisito di Martin da parte dell'Inter e segue il suo trasferimento in Italia, le difficoltà di ambientamento nell'alloggio dei calciatori della primavera, tutti piuttosto ostili nei confronti del nuovo arrivato, e il legame col mentore Ryan (Alfie Enoch), calciatore di qualche anno più grande che lo inizierà ai segreti dell'ambiente.

Una struttura in evoluzione

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Tigers: una sequenza

Tigers è il secondo capitolo di una trilogia sportiva scritta da Ronnie Sandahl inaugurata con Borg McEnroe e che si concluderà con Perfect, film diretto da Olivia Wilde dedicato alla ginnasta Kerri Strugs e alla sua inflessibile volontà che la portò alla conquista di una medaglia d'oro alle Olimpiadi del 1996. L'interesse primario di Sandahl si rivela essere lo scandaglio della psiche degli atleti e di quei meccanismi che li portano a superare le difficoltà per conquistare l'agognata vittoria. Non è questo il caso di Martin Bengtsson che, nonostante il talento donatogli da madre natura e la costanza negli allenamenti, proprio dalla psiche è stato tradito quando era ormai a un passo dal realizzare il sogno di diventare un campione.

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Tigers: un'immagine

La prima parte di Tigers offre uno spaccato intrigante per tutti gli appassionati di calcio svelando i retroscena della routine dei giovani campioni. Il mondo in cui il sedicenne Martin viene catapultato è fatto di allenamento e dedizione, ma anche di invidie, tensioni, rivalità, party selvaggi e una valanga di denaro. Sotto questo aspetto, Tigers dipinge la situazione del sottobosco calcistico milanese con pochi rapidi tratti spostando l'attenzione sulla reazione di Martin al nuovo ambiente, sul suo spaesamento in un paese di cui non conosce la lingua e sul legame col compagno di squadra Ryan, l'unico che parla inglese. Niente di nuovo rispetto ai ben noti retroscena sul mondo dei calcio professionistico e suoi suoi eroi che, fuori dal rettangolo verde, si danno alla pazza gioia. Ma qui tutto è filtrato attraverso lo sguardo cupo e smarrito del nuovo arrivato in un film che fa dell'introspezione psicologica il suo elemento fondante.

Un sguardo ai retroscena del mondo del calcio giovanile

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Tigers: una scena

Man mano che la storia di Tiger avanza, il cerchio si chiude intorno a Martin. Le partite, gli allenamenti febbrili, gli sfottò dei compagni, il rapporto con l'amico Ryan - che lo accompagna a fare il suo primo acquisto col suo sostanzioso bonus, un'auto sportiva, e gli insegna perfino a guidare - e quello con la bella Vibeke (Frida Gustavsson), con cui intreccia una relazione osteggiata dai dirigenti, risuonano nella sua testa in una morsa che lo porterà a gesti estremi. Se da una parte la struttura creata da Ronnie Sandahl va verso una prevedibile direzione, dall'altra il film ci lascia con la voglia di approfondire quel mondo del calcio da cui tutti o quasi siamo incuriositi. Restano così sullo sfondo le figure di Lino Musella, che interpreta colui che si occupa dei bisogni dei giovani calciatori e controlla la loro condotta, o di Maurizio Lombardi, qui nei panni di un dirigente della primavera distante e inflessibile, ma anche capace di dispensare preziosi consigli a Martin visto che è uno dei pochi che si prende la briga di instaurare con lui un rapporto.

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Co-produzione Svezia - Italia - Danimarca, Tigers si propone come un interessante spaccato sul mondo del calcio juniores, ma ben presto l'asse del film si sposta dalla dimensione descrittiva a quella introspettiva. La concorrenza e la competizione costante, alimentate dal giro di soldi che grava intorno al mondo del calcio fin dalle giovanili, sono additate come la causa della frattura nella mente di Martin, ma come intelligentemente suggerisce il film le motivazioni sono molteplici e vanno cercate soprattutto nella sua storia personale e familiare. Erik Enge è dedicato e attento a render giustizia al suo alter ego e tutto il cast appare in sintonia, pronto a seguire la volontà del regista nelle sue giravolte emotive. Meno azzeccate le scelte di doppiaggio: il curioso accento di Martin, che suona ben poco svedese, pone più di un subbio soprattutto rispetto al perfetto italiano parlato dal compagno di squadra Ryan, che nella finzione è americano.

Conclusioni

Secondo capitolo della trlogia sportiva scritta da Ronnie Sandahl, la recensione di Tigers mette in luce le qualità e i limiti di una pellicola che fa luce sulle pressioni e gli obblighi imposti ai giovani calciatori per riuscire a sfondare nel settore. In un giro di soldi, allenamenti, disciplina e doveri, il film ricostruisce la parabola di Martin Bengtsson, giovane promessa svedese dell'Inter la cui psiche viene messa sotto scacco dalle difficoltà di ambientazione e dalla pressione. Tratto dall'autobiografia Nell'ombra di San Siro.

Movieplayer.it
3.0/5
Voto medio
3.9/5

Perché ci piace

  • La dedizione del protagonista Erik Enge.
  • I retroscena sul mondo del calcio che ci raccontano qualcosa in più sul settore.
  • Il cast dedicato e coeso.

Cosa non va

  • Il doppiaggio presenta alcune incongruenze, soprattutto riguardo al modo di parlare del protagonista.
  • La struttura del film abbandona la dimensione descrittiva per concentrarsi unicamente sulla psiche del protagonista lasciando molto altro che avrebbe potuto essere raccontato.