Thomas Vinterberg: “Serve ben più di una pandemia per cambiare il mondo”

Il regista danese Thomas Vinterberg, a Lucca per ritirare il premio alla carriera e incontrare il pubblico, riflette sull'attualità, sui suoi lavori e sul futuro del cinema.

The Hunt: il regista Thomas Vinterberg in una foto promozionale del film
The Hunt: il regista Thomas Vinterberg in una foto promozionale del film

Thomas Vinterberg, nel suo piccolo, qualche dote profetica ce l'ha. Il co-creatore di Dogma sta lavorando da qualche tempo a una serie tv apocalittica, Families Like Ours, che immagina gli abitanti della Danimarca costretti a una diaspora dopo che la nazione rischia di essere sommersa dalle acque. Nemmeno Vinterberg poteva prevedere che una reale catastrofe intervenisse nel processo creativo, come ci ha rivelato a Lucca, dove lo abbiamo in occasione del premio alla carriera tributatogli dal Lucca Film Festival ed Europa Cinema 2020: "L'idea della mia prima serie tv mi è venuta molto prima della pandemia. All'improvviso la realtà si è impossessata della mia idea. Lo show parla di immigrazione, si concentra sulle famiglie costrette a dividersi e mostra i danesi in veste di rifugiati".

Thomas Vinterberg ha precorso i tempi rivoluzionando la forma e la sostanza del cinema degli anni '90 con il Dogma 95 e smascherando le ipocrisie non solo della società scandinava, ma di quella occidentale con pellicole come Festen - Festa in famiglia, Il sospetto e La comune. Come spiega lui stesso, "con Festen non mi interessava guardare nel futuro, ma guardare l'esistente di cui nessuno parlava. Il tema comune a Festen e Il sospetto sono gli abusi ai minori, seppur affrontati da due punti di vista diversi. Ho solo indicato l'elefante nella stanza. Molti anni fa, però, ho fatto un film con Joaquin Phoenix e Sean Penn che era profetico, con Le forze del destino ho affrontato la crisi ambientale prima che le persone ne parlassero".

Dogma 95: da ribellione a moda da imitare

La comune: Thomas Vinterberg in conferenza a Berlino 2016
La comune: Thomas Vinterberg in conferenza a Berlino 2016

Thomas Vinterberg definisce Dogma 95 una "provocazione pericolosa", un momento di rottura e di ribellione al conformismo tanto necessario quanto rapido visto che, di fatto, il suo apice ha coinciso con l'inizio della fine. "Le persone mi dicevano 'Ma cosa fai? Sei pazzo! Distruggerà la tua carriera e il modo di fare film'" confessa il regista. "Ero nervoso perché sapevo di rischiare. Poi, dopo il trionfo a Cannes nel 1998, Dogma è diventato di moda. All'improvviso non eravamo più nudi, ma indossavamo un abito elegante". A quel punto, Thomas Vinterberg ha deciso di tornare sui suoi passi e guardare alla tradizione: _"Mi sentivo perso, ma non ho mai pensato di fare un altro film del Dogma. Non avrebbe avuto senso". _

Dal Dogma 95 a Nymphomaniac: Tutte le provocazioni di Lars von Trier

The Hunt: il regista Thomas Vinterberg circondato dai collaboratori sul set del film
The Hunt: il regista Thomas Vinterberg circondato dai collaboratori sul set del film

Per quanto riguarda Festen, che ha inaugurato il Dogma segnandone, al tempo stesso, la sua fine, Vinterberg lo ricorda come un film "aggressivo, forte, il risultato della voglia di ribellione. Lo scrivevo sbattendo le dita sul mio computer. Oggi sarebbe più soft, compiuto, più maturo". La ribellione di Dogma 95 è stata concepita e condivisa insieme a Lars von Trier, genio folle nonché personalità scomoda per le sue numerose sortite. Per Thomas Vinterberg, però, Lars è "più di un collega, un fratello di Dogma, anche se non ci siamo visti molto negli ultimi anni. D'altronde siamo così diversi. Lars è acuto, è uno sperimentatore, guarda ai suoi personaggi come pezzi della scacchiera. Tanto lui è freddo e calcolatore quanto io sono confuso ed emotivo, vedo il mondo attraverso gli occhi dei miei attori".

Alla ricerca dello spirito

Sul set di Dear Wendy: Von Trier e Vinterberg
Sul set di Dear Wendy: Von Trier e Vinterberg

Tra gli interpreti a cui Thomas Vinterberg è particolarmente legato vi è Mads Mikkelsen che, dopo Il sospetto, è tornato a essere diretto da lui nel suo ultimo lavoro, Un altro giro, che verrà presentato nelle prossime settimane al London Film Festival e alla Festa di Roma. "Adoro lavorare con Mads" esclama il cineasta. "lui è incredibilmente bravo, molto intelligente, emotivo, molto collaborativo è dotato di una forza enorme, è un leader. Siamo molto amici, viviamo anche nella stessa area. Ce lo vedo come mio alter ego, in fondo siamo simili, odiamo entrambi le ingiustizie, forse è per questo che Il sospetto ci è venuto così bene".

The Hunt: Mads Mikkelsen in una scena nei panni di Lucas, un giovane insegnante danese
The Hunt: Mads Mikkelsen in una scena nei panni di Lucas, un giovane insegnante danese

Un altro giro racconta la storia di un professore di mezza età che, insieme a un gruppo di amici, usa l'alcool come strumento di liberazione. "Focus di Un altro giro è lo spirito, inteso non solo nel senso di alcool" precisa Vinterberg. "Parla di un tizio che ha perso ispirazione, curiosità e lotta per ritrovare la voglia di vivere una interessante e rischiosa. Un po' come Dogma, quando affronti un rischio ti svegli, diventi consapevole, attento. Se non c'è un elemento di rischio la ripetizione ha la meglio, quello è il momento in cui ti senti vecchio e pensi alla morte. La ripetizione tira fuori il peggio delle persone, uccide la vita sessuale e l'arte. Il mio film è una ribellione contro la ripetizione".

Thomas Vinterberg: 'Ne La comune urlo ciò che tutti tacciono'

Il regista Thomas Vinterberg
Il regista Thomas Vinterberg

E la voglia di affrontare nuove avventure ha spinto Thomas Vinterberg a mettersi alla prova come regista di videoclip per i Metallica e la loro The Day that Never Comes. "Sono amico del batterista dei Metallica, Lars Ulrich, che è danese. Quando una compagnia mi ha offerto di dirigere un video per loro ho fatto una sorpresa a Lars. Ero entusiasta della professionalità e dell'estro della band. Non è facile essere un artista". E non è facile soprattutto adesso, in tempi di pandemia in cui l'industria dell'intrattenimento è stata colpita duramente e rischia di non rialzarsi. Ma Vinterberg è ottimista: "Quando crei un personaggio come Don Vito Corleone, diventa una memoria collettiva. Tutti lo conoscono e ci riflettono su. Il cinema è un'esperienza collettiva e si riprenderà. Non sono così preoccupato. In due o tre anni tutto tornerà normale, serve più di una pandemia per cambiare il mondo. Le persone non cambiano".