Il tormentone del menestrello ci aveva avvisato: la valle è abbondante, e pullula di storie, miti e leggende. Sulle note di Ranuncolo la prima stagione di The Witcher ci ha mostrato solo una porzione di un mondo molto più vasto. E chi ha letto i romanzi di Andrzej Sapkowski o giocato alla trilogia videoludica targata CD Project Red lo sapeva benissimo. Nella nostra recensione di The Witcher: Nightmare of the Wolf vi racconteremo come questo ispirato film animato sia una preziosa espansione capace di allargare gli orizzonti dello show Netflix. In attesa della seconda stagione, questo lungometraggio in stile anime non funge da ponte per la storia di Geralt perché fa un enorme balzo nel passato. Al centro del racconto questa volta non troviamo il nostro riluttante strigo di fiducia, ma il suo mentore Vesemir, ancora nel pieno della sua tracotante giovinezza. A metà strada tra il prequel e lo spin-off, The Witcher: Nightmare of the Wolf ci ha stupito per la cura con cui si sofferma sulla figura dei witcher, riuscendo ad approfondire dinamiche e temi finora soltanto accennati nella serie tv.
Il che rende questo film un ottimo punto di partenza per neofiti e allo stesso tempo una tappa necessaria per conoscere meglio il torbido dark fantasy in cui si muovono mostri e cacciatori.
Dona un passato al tuo witcher
Sangue, squartamenti e feroce violenza. Il prologo di The Witcher: Nightmare of the Wolf rende subito chiaro il tono del film: adulto, maturo e senza mezze misure. L'animazione non edulcora affatto il racconto, anzi, rende la brutalità di questo mondo ancora più carica e espressiva. Chi si è sporcato le mani tra le pagine e i pixel di The Witcher sa bene che Sapkowski ha partorito un immaginario imbastardito, in cui il bene e il male si sfiorano e confondono di continuo. Tutte cose che Vesemir ha imparato sin da bambino, da quando sognava di affrontare il mondo invece di vivere di stenti nella miseria. La curiosità del piccolo Vesemir trova libero sfogo nella via dei witcher, un cammino privo di gloria e pieno di sacrifici. Nightmare of the Wolf è prima di tutto questo: un approfondito addestramento per Vesemir e per noi spettatori, finalmente messi davanti alla traumatica formazione di ogni strigo. Dolore, perdita e gli effetti di un'alchimia mutagena invasiva: diventare un cacciatore di mostri significa imparare l'arte della rinuncia. Nessun legame, nessun affetto e tanto sacrificio. In un continuo alternarsi tra presente e passato, il film gestisce bene sia l'azione che l'approfondimento psicologico, riuscendo a regalarci una panoramica chiara dell'assetto sociale di un fantasy spietato. Un fantasy in cui la magia è vista con sospetto, in cui il diverso non è tollerato e in cui i witcher vengono sopportati soltanto finché servono a qualcosa o qualcuno.
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Se questo è un mostro
Legare un anime a una serie tv live action non è un'impresa facile. Eppure è l'aspetto più riuscito di questo Nightmare of the Wolf, in cui un immaginario prettamente occidentale prende una forma prettamente orientale. Sin dalle prime battute si nota una coerenza stilistica che lega il film alla show con Henry Cavill, e parliamo di costumi, ambientazioni, creature. Tutto sembra appartenere allo stesso mondo. Anzi, a dire il vero questo lungometraggio ci è sembrato ancora più esplicito nel mostrarci la violenza del mondo di The Witcher, e persino più completo nel delineare la figura tragica dello strigo. Se Geralt è un personaggio schivo e solitario, Vesemir ci appare decisamente più loquace e pieno di sé, ma è attraverso la sua esperienza personale che il pubblico di Netflix può davvero entrare in empatia con i cacciatori di mostri, mercenari percepiti come un male minore dalla maggior parte della popolazione. Nightmare of the Wolf ci immerge senza pietà nelle zone grigie dell'universo di Sapkovski, e lo fa ponendoci di fronte a dei dilemmi morali profondi, in cui scegliere tra Giusto e Sbagliato non è mai facile. Lettori e videogiocatori sono abituati a questo limbo, ma è grazie a questo anime che adesso anche il pubblico Netflix potrà comprendere davvero la complessità con cui The Witcher affronta il tema del diverso e dell'inclusione.
Il concetto di mostruoso si allarga oltre il folto bestiario per insinuarsi anche nel cuore di uomini e donne ormai imbastarditi. Se Nightmare of the Wolf è stato capace di avvolgerci nelle sue terre inospitali, il merito è anche della cura estetica che, nonostante qualche piccola incertezza nelle animazioni, ci ha restituito dei fondali evocativi dallo stile pittorico e da una recitazione sempre molto espressiva in tutti i personaggi. In attesa di ritrovare Geralt, aver conosciuto Vesemir (che ritroveremo nella seconda stagione ormai nei panni di anziano mentore) è stata una piacevole avventura. Una quest piena di novità e di ammiccamenti rivolti ai fan. Una missione talmente ben orchestrata che ci ha fatto subito venire voglia di sguainare la spada d'argento, sellare il destriero e tuffarci di nuovo in quel fango che è la vita di ogni maledetto strigo.
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Conclusioni
Il torbido fantasy di casa Netflix allarga i suoi orizzonti, e lo fa mostrandoci senza pietà tutto il dolore dietro la formazione di ogni strigo. Vi abbiamo raccontato questo nella recensione di The Witcher: Nightmare of the Wolf, un lungometraggio (in stile anime) con una doppia valenza: un perfetto approdo per neofiti e allo stesso tempo un ottimo approfondimento per chi è rimasto con l'acquolina in bocca dopo la prima stagione della serie tv con Henry Cavill. A metà strada tra il prequel e lo spin-off, questo film fa venire a galla tutta la brutalità, la violenza e i dilemmi morali dello splendido immaginario firmato Sapkowski.
Perché ci piace
- Il tono maturo del film: violento, adulto ed esplicito.
- La capacità di accogliere nuovo pubblico e di soddisfare gli storici fan della saga.
- La cura dei fondali e del character design.
Cosa non va
- Le animazioni ogni tanto risultano legnose.