Quante volte bazzicando sui social abbiamo letto di utenti che proclamavano con esternazioni rabbiose di voler smettere di seguire la serie AMC? Eppure gli ascolti di The Walking Dead dimostrano una salute in netto contrasto con il livello di insoddisfazione che in tanti continuano a esprimere per una gestione di tempi narrativi dilatata o comunque distante dal ritmo serrato del fumetto di Robert Kirkman. Una gestione che porta in tanti ad accusare gli autori dello show di mettere in piedi episodi in cui i pochi avvenimenti concreti si concentrano negli istanti finali, solo per tener desta l'attenzione fino alla puntata, o la stagione, successiva.
L'ultimo esempio di ciò, in ordine cronologico, si è verificato per l'attesissimo finale della sesta stagione, il largamente anticipato arrivo del Negan di Jeffrey Dean Morgan che avrebbe dovuto mettere in scena il famigerato numero 100 di The Walking Dead a fumetti, quell'albo che ha scosso i suoi lettori per crudezza ma anche potenza narrativa ed emotiva, diventano uno dei momenti più iconici del panorama fumettistico contemporaneo. Una sequenza drammatica che Gimple e compagni hanno deciso di modificare nella forma, ancor prima che nella sostanza, scatenando reazioni contrastanti. Ma prima di andare avanti, facciamo un passo indietro e soprattutto diamo per scontato che chi legge abbia visto il finale di The Walking Dead 6, quindi occhio agli spoiler (sulla serie AMC e sul fumetto di Kirkman)!
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Vivo, morto o Glenn?
C'è stato un momento chiave nel corso della stagione 6 di The Walking Dead, quello in cui il personaggio di Glenn è stato oggetto di un cliffhanger riguardo la sua sorte dopo essere stato circondato e apparentemente dilaniato da un nutrito gruppo di walker. Un espediente narrativo enfatizzato dall'aver rimosso il nome del suo interprete Steven Yeun dai titoli di testa, ma al quale pochi avevano creduto, e che soprattutto aveva avuto la principale pecca di aver trascinato troppo a lungo la sua risoluzione, lasciando gli spettatori per settimane in attesa di conoscere il destino di Glenn, passando dall'iniziale preoccupazione che sfociava poco a poco in un crescente fastidio. E non ha di certo aiutato l'altro finale a effetto cercato, e poco riuscito, con il penultimo episodio a danno di uno dei preferiti dei fan, il Daryl di Norman Reedus.
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Un gioco, tra fedeltà e libertà
Non sono certo gli autori di The Walking Dead ad aver inventato i cliffhanger, che sono alla base del racconto seriale di qualsiasi natura, né sono tra quelli che li sfruttano in modo più massiccio e costruttivo. Basti pensare a Prison Break, alla sua prima stagione in particolare, che lasciava sempre i suoi spettatori in sospeso tra un episodio e l'altro, o a 24, che proprio per la natura stessa della sua struttura narrativa sui cliffhanger costruiva il racconto, diventando un gioco, continuo e stimolante, con gli spettatori da cui era difficile staccarsi. Un gioco che, però, come i proverbi ci insegnano non deve mai arrivare a durare troppo per non stancare. Un gioco che a The Walking Dead risulta più difficile, perché la serie AMC è da una parte vincolata dall'esistenza del fumetto, che si decida o meno di restarvi fedeli, dall'altra da una gestione dei tempi del racconto non sempre ottimale, che fa storcere il naso se il cliffhanger arriva dopo un paio di episodi riempitivi e in un finale di stagione dalla durata estesa.
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Rick, ti presento Lucille
È il caso dell'ultimo colpo a sorpresa di Gimple e soci: dopo aver solleticato la curiosità dello spettatore sin dallo scorso autunno, annunciando il casting di Negan, citandolo apertamente nel mid-season finale, rendendo note dichiarazioni dei principali esponenti del cast della serie, Andrew Lincoln in primis, riguardo l'impatto emotivo del finale di stagione e dell'arrivo del personaggio di Jeffrey Dean Morgan, mostrare una versione parziale della scena iconica del numero 100 è stata percepita da molti come una scorrettezza. Un colpo basso che, inoltre, modifica radicalmente l'impatto della sequenza rispetto a quella perfetta nella sua cattiveria nella versione cartacea di Kirkman: se lì l'arrivo di Negan era dirompente in tutto e per tutto, per la sua crudezza associata ad un personaggio di per sé simpatico, per la fine spietata toccata ad un personaggio chiave della serie a fumetti, e anche per la reazione di Rick su cui l'albo chiudeva, qui il senso della sequenza cambia radicalmente. L'arrivo di Negan resta efficace, con il suo interprete perfetto nel ruolo, ma il contesto emotivo cambia radicalmente, perché senza conoscere l'identità della sua vittima, viene a mancare l'adeguato coinvolgimento emotivo. E lo stesso Rick viene fuori dal primo incontro con Negan, almeno fino ad ottobre, di gran lunga più ridimensionato nella sua forza.
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Il totomorto
Fino ad Ottobre. Perché è questo il tempo che gli spettatori dovranno aspettare per conoscere chi degli undici protagonisti inginocchiati al cospetto di Lucille ha avuto la peggio e che ha dato il via all'hashtag #whoisit. E noi per sapere se Gimple e la AMC avranno avuto ragione a continuare il gioco con gli spettatori o se avranno tirato troppo la corda facendo sì che le minacce di smettere di guardare The Walking Dead citate in apertura si tramuteranno in un'azione reale e un calo negli ascolti. Difficile dirlo subito, a poche ore dalla fine della messa in onda del finale, l'unica certezza è che al momento sembrano più numerosi quelli che criticano gli autori rispetto a quelli che hanno dato il via al totomorto, ma il tempo, si sa, cura tutte le ferite... tranne quelle inferte con una mazza avvolta nel filo spinato.