Scritto dal drammaturgo Jon Robin Baitz, creatore della serie Brothers & Sisters e autore dello script del sottovalutato People I Know con protagonista Al Pacino ma più di recente anche del poco convincente Stonewall di Roland Emmerich, The Slap è un adattamento dell'omonima miniserie australiana del 2011 tratta dal fortunato romanzo del 2008 di Christos Tsiolkas, vincitore di diversi premi letterari e pubblicato in molti paesi del mondo (in Italia è edito da Neri Pozzi con il titolo Lo schiaffo).
La versione statunitense non si discosta molto da quella australiana ed entrambe si rivelano piuttosto fedeli alla fonte letteraria, perlomeno sul piano degli eventi che si sviluppano nell'arco della narrazione. Baitz però sposta l'ambientazione della storia dalla periferia residenziale di Melbourne a Brooklyn e di conseguenza cambiano in parte l'estrazione sociale di alcuni dei protagonisti e, inevitabilmente, la loro caratterizzazione (elemento questo non di poco conto, come si specificherà più avanti). Tanto nella serie australiana che in quella che vedremo in queste settimane in Italia, ciascun episodio segue il punto di vista di uno dei protagonisti della storia, ognuno dei quali è connesso all'altro da legami familiari, sentimentali o di amicizia che vengono messi a dura prova a seguito di un evento apparentemente banale ma dalle conseguenze fortemente drammatiche.
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Le conseguenze di uno schiaffo
Durante un barbeque a casa di Hector (Peter Sarsgaard) per festeggiare il suo quarantesimo compleanno, il cugino di Hector Harry (Zachary Quinto), preoccupato dal fatto che il piccolo Hugo sta agitando pericolosamente una mazza da baseball contro il figlio Rocco, si precipita verso il bambino, gli toglie la mazza dalle mani e lo schiaffeggia con vigore per un volta dopo aver ricevuto un calcio allo stinco. Da qui Rosie (Melissa George, che ricopre lo stesso ruolo anche nella versione australiana) e Gary (Thomas Sadoski), genitori di Hugo, decideranno di intentare una causa contro Harry e il procedimento giudiziario, a differenti livelli, arriverà a mettere in crisi i rapporti tra tutti i partecipanti alla festa, facendo al contempo venire a galla le loro fragilità e i loro scheletri nell'armadio.
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Le due versioni della miniserie e il rapporto con il romanzo
Sebbene lo stratagemma di dedicare un episodio a un diverso personaggio sia estremamente interessante (già nel romanzo ognuno degli otto capitoli sposava il punto di vista di un differente protagonista) e offra la possibilità di raccontare le vicende personali di ciascuno mandando allo stesso tempo avanti la linea narrativa principale connessa alle conseguenze dello schiaffo, al termine della visione della serie ci si rende conto che all'adattamento di Baitz manca sempre qualcosa per spiccare il volo e raggiungere un livello davvero apprezzabile di profondità.
La versione USA di The Slap infatti è nel complesso certamente godibile e a tratti anche piuttosto appassionante ma, alla resa dei conti, rimane alla superficie delle cose tanto sul piano della caratterizzazione dei singoli personaggi quanto su quello delle dinamiche drammaturgiche che li legano. Fallendo inoltre nell'articolare a dovere quelle differenze sociali, culturali e religiose tra i protagonisti che costituivano il cuore pulsante del romanzo e della stessa serie originale, assai fedele all'opera di Tsiolkas non solo per quanto riguarda le vicende messe in scena ma anche sul piano dell'ambientazione e della definizione dei personaggi.
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Una serie ben interpretata che disperde progressivamente il proprio potenziale
Pur essendo ben interpretata da tutto il cast principale e affrontando in maniera non retorica, anche se spesso tendente alla stereotipizzazione, temi quali il classismo, la morale, la fedeltà coniugale, l'aborto e l'amicizia, a causa dei limiti di cui si è detto The Slap perde progressivamente mordente con l'avanzare della narrazione, in particolare dal quinto episodio in poi. Di conseguenza, la serie finisce inevitabilmente per dissipare il notevole potenziale insito nella storia e nello stesso intrigante pilot, ottimamente diretto da Lisa Cholodenko (anche produttrice esecutiva, le restanti sette puntate sono invece girate dai registi televisivi Ken Olin e Michael Morris) e in cui l'introduzione ai vari personaggi lasciava sperare in uno sviluppo drammaturgico più incisivo, meno convenzionale e contraddistinto da conflitti maggiormente stimolanti.
Movieplayer.it
3.0/5