C'è un quadro chiaro alla fine del percorso dell'adattamento Netflix del capolavoro fumettistico di Neil Gaiman. Una cosa per nulla scontata vista le tante difficoltà della sua vita produttiva, ma che la prima parte della stagione conclusiva aveva in qualche modo, pur con qualche riserva, lasciato intendere. Avevamo, infatti, terminato la recensione precedente segnalando qualche problema di scrittura nella composizione del tanto materiale con la postilla che ciò sarebbe potuto essere corretto.

Alla luce di ciò, siamo lieti di dire che questo è poi realmente avvenuto nei 5 episodi di The Sandman 2 - parte 2 e non solo per un fattore pratico come una quantità minore di materiale originale da affrontare (solo tre capitoli: La locanda alla fine dei mondi, Le eumenidi e La veglia più "qualche bonus"), ma anche per una scelta sul taglio da adottare. Un taglio che, seppur non in grado di intraprendere con la stessa enfasi le tantissime strade che l'opera apre, dona una coerenza e una compiutezza in grado di fare tutta la differenza del mondo.
Il sangue e la famiglia

De facto Desiderio (Mason Alexander Park) è riuscito nell'intento preannunciato nelle fasi iniziali di The Sandman facendo versare il famigerato sangue di famiglia a suo fratello Sogno (Tom Sturridge), condannandolo così (secondo le leggi dell'Universo) a morte per mano delle eumenidi. Più o meno, visto che poi le furie a livello pratico non possono uccidere direttamente nessuno. Ironia della sorte l'Eterno, nel tentativo di disgregare la famiglia privandola di un secondo membro, ne ha rinsaldato le fila, unendo i cuori di tutti, compreso il suo.
Una strada che forse neanche Destino (Adrian Lester) era riuscito a prevedere, merito dell'inusuale comportamento di Sogno, che è andato incontro alla fine con un atto di amore paterno e che si rapporta alla fine come farebbe un umano davanti all'ignoto: cercando un modo per accettarla per poi andarci incontro. Percorso impervio, che il nostro comincia sperando in soluzioni alternative e finisce con la preoccupazione di difendere chi ama e di scegliere il suo successore.

Decisione delicatissima che però alla fine ricade su un bambino in particolare, che però Sogno deve strappare alle grinfie di coloro che da umani non riescono a ragionare, affidandosi a chi nel mondo della Veglia in qualche modo aveva già affrontato l'ideazione di una fine, scoprendo in essa il senso del valore dietro l'esistenza stessa. Morte (Kirby Howell-Baptiste), dall'inizio di The Sandman la custode del segreto più importante di tutti.
The Sandman 2: dalle sicurezze all'ignoto

Le fondamenta su cui la serie Netflix ha costruito la sua struttura sono quelle relative ad una riconoscibile ideazione estetica (dalle parti in CGI, passando per costumi e scenografie) ad un cast all'altezza guidato da un protagonista ineccepibile come si è rivelato essere Tom Sturridge, magnetico, carismatico e in piena sintonia con il tono e lo spirito dell'opera e del personaggio. Un personaggio scomodo a dir poco.
Ciò che è sempre sembrato meno granitico, per certi versi anche comprensibilmente, era la parte di scrittura. L'idea sembrava quella di una "rispettosa incertezza", che sullo schermo si traduceva nella devozione verso un'opera così peculiare per poi capire dove posizionarsi per tradirla, mantenendo l'idea di raccontare una storia che parla del valore della dimensione umana attraverso il vissuto di un Dio che decide inconsciamente di provarla sulla sua pelle.

Una sfida difficilissima, resa ancora più difficile dalla vicenda Gaiman che ha esito un ruolo maggiore di David S. Goyer e Allan Heinberg, i quali però, nonostante qualche leggerezza nella composizione degli eventi, hanno trovato un guizzo risolutivo nel finale. L'adattamento di The Sandman 2 riesce alla fine a rileggere la storia originale individuando le tematiche che più gli stavano a cuore, regalandosi un compimento finale più "personale".
L'importanza del finale

Quello che interessava alla serie era l'analisi di una famiglia divinamente disfunzionale, motivo per cui si prende la libertà di introdurre Tempo e Notte (i genitori degli Eterni introdotti solo in The Sandman: Overture) e rileggere la figura di Hippolyta, e concentrarsi sul profondo significato che rappresenta la fine per una storia. Questa seconda parte in particolare è ciò che più l'adattamento conserva dell'opera originale.
The Sandman diventa quindi un'opera sul valore della fine, vista come ciò che dà il senso alla storia (o alle storie, cioè ciò che c'è di più prezioso nel creato), ma anche come necessario passaggio per un cambiamento e, magari, un nuovo inizio (l'ideazione del nuovo Corinzio lo esemplifica in modo eccellente). L'atto più rivoluzionario possibile per qualcuno di Eterno, quindi immutabile per definizione, è rendersi conto che ciò che può riempire il suo vuoto di senso è accettare la conclusione. Un lusso che solo all'uomo è solitamente concesso.
Conclusioni
La seconda parte della seconda stagione dell'adattamento Netflix di The Sandman riesce a chiudere bene il suo (travagliato) percorso con un finale in grado sia di tradire che di rimanere fedele al materiale originale. Di fatto la ricetta ideale di qualunque trasposizione, soprattutto quella da un media ad un altro. L'opera dimostra una chiarezza di intenti in precedenza non riscontrata e, così facendo, conferisce un nuovo senso, più coerente e compiuto, all'intero viaggio.
Perché ci piace
- A livello estetico sempre all'altezza.
- Un grande Tom Sturridge alla guida di un ottimo cast.
- Le scelte del finale sono decise, coerenti e in linea con l'opera.
Cosa non va
- Permane l'idea di un potenziale ancora inesplorato insito nel titolo originale.