The Regime ha diviso gli spettatori, tanto oltreoceano quanto in Italia, per come abbia dipinto un moderno regime fittizio europeo scavalcando spesso la satira e arrivando al grottesco. Eppure quella messa in piedi dal creatore Will Tracy insieme ai registi Stephen Frears e Jessica Hobbs è una critica feroce a qualsiasi tipo di sistema governativo autoritario, che mette tutto nelle mani (e nelle idee) di una sola persona, con una Corte che pensa più ai propri interessi che a quelli del popolo, che chiede libertà e giustizia mentre muore di fame. I protagonisti, interpretati da due grandi Kate Winslet e Matthias Schoenaerts, si ritrovano così a fare i conti con i propri crimini e misfatti nel finale della miniserie HBO (leggi la recensione), disponibile in esclusiva su Sky Atlantic e in streaming solo su NOW in contemporanea con gli USA. In questa nostra spiegazione proviamo a tirarne le somme.
Assalto alla Bastiglia
Nell'epilogo ritroviamo la cancelliera Elena Vernham (Kate Winslet) e la sua guardia del corpo Herbert Zubak (Matthias Schoenaerts) in fuga dopo l'assalto al palazzo del titolo iniziale della miniserie (The Palace prima di The Regime) che ricorda qualcosa a metà strada tra l'assalto alla Bastiglia e quello al palazzo dello Zar di Russia. Il popolo, affamato e stanco, si ribella senza pietà e pretende che venga ristabilito l'ordine, prendendoselo con la forza. Più di qualche personaggio soccombe in questo finale di The Regime ed è proprio qui che i vari membri della Corte dimostrano il proprio egocentrismo e istinto di sopravvivenza animale, pronti a calpestarsi l'un l'altro (letteralmente e metaforicamente) e a sacrificare l'altro in nome della propria vita. Ancora una volta c'è un fattore esterno che arriva a risolvere la situazione, come spesso è capitato nella Storia, come ad esempio gli Stati Uniti.
Questione di potere
Quello che si è instaurato tra Elena ed Herbert non è solo un gioco del gatto col topo messo in atto nel corso dei sei episodi di The Regime - Il palazzo del potere ma anche un disequilibrio di potere. Se lo sono scambiato e alternato in più occasioni: all'inizio era l'uomo, soprannominato 'Macellaio dell'Area 5' per aver ucciso dei minatori in una miniera di cobalto, ad aver ottenuto un'influenza quasi morbosa su Elena che, a causa della carenza di AAT ereditata dal padre, morto un anno prima per una malattia polmonare, è diventata ipocondriaca e paranoica, tanto da aver bisogno di qualcuno che misuri l'umidità nell'aria nelle stanze del palazzo dove sono confinati prima di entrarvi.
Questa persona è Zubak, che presto la convince del bisogno di Rivoluzione del Regime e del fatto che bisogna distruggere per poter ricostruire, che bisogna pensare al popolo che ha fame e "che non mangi solamente le brioche". Presto lui diventa suo consigliere anche contro il volere del marito, convincendola a bere degli intrugli biologici e ad usare sostanze simili in giro per il Palazzo, e acquisendo potere decisionale anche nella camera delle riunioni politiche. Altrettanto presto, però, è Elena a rendersi conto della situazione e riprendere in mano le redini della propria vita, prevaricando a propria volta sulla sua guardia del corpo, innamorata follemente di lei e che farebbe qualsiasi cosa per accontentarla. Gli equilibri di potere tra i due si ribaltano più volte anche nel finale, fuggitivi insieme e catturati prima da un rivoluzionario anti-Regime e poi dai cosiddetti Alleati.
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La Storia si ripete
Ristabilito l'ordine (più o meno) all'interno del Regime, la cancelliera dovrebbe pagare per i propri crimini così come Zubak, ma grazie al sacrificio di quest'ultimo riesce a sviarsela ancora una volta. Un monito degli autori per ricordarci come alcune persone riescono sempre a farla franca, soprattutto se sono al potere: se si trovano in quella posizione - soprattutto se dittatoriale o simil-tale - ci sono arrivate proprio grazie alla propria furbizia mascherata da stupidità e sprovvedutezza. Elena può tornare a Palazzo mentre lui verrà giustiziato come exemplum e capro espiatorio per tutti i crimini del Regime. D'altronde era come se volesse essere punito da sempre, da quando aveva ucciso quei minatori anche se per un ordine dall'alto e se ne sentisse eternamente in colpa. Una colpa da espiare.
La chiusura dell'episodio e quindi della miniserie ci ricorda la ciclicità della Storia e il rapporto morboso e tossico di dipendenza della coppia protagonista, nonché quello malsano di sottomissione della donna nei confronti degli uomini della sua vita: il cadavere del padre, tenuto imbalsamato in una bara come monito per se stessa, che non riesce a lasciarlo andare, e come avvertimento per tutti gli abitanti del Palazzo, era stato gettato giù e distrutto dai reazionari durante l'assalto al Palazzo. Ora è il cadavere di Herbert ad esservi stato riposto, come nuova memoria e nuovo monito per la cancelliera e per tutto il popolo. Come spesso capita in politica: è cambiato tutto per non cambiare nulla, forse è proprio questo che vogliono dirci gli autori. Ad Maiora?