C'è qualcosa nella pioggia. Un'oscura minaccia si annida nelle nuvole nere che si addensano sulla Danimarca nell'incipit di The Rain, prima serie originale danese prodotta da Netflix con Zentropa Productions. Lo show, creato da Jannik Tai Mosholt (già coinvolto in Borgen), Esben Toft Jacobsen e Christian Potalivo, arriverà sulla piattaforma streaming in 4 maggio. Le atmosfere post-apocalittiche, le esplosioni di violenza, i dettagli cruenti e l'angosciante virus che decima la popolazione scandinava sono gli ingredienti che collocano il prodotto a metà tra sci-fi, horror e dramma in un mix di generi che, unito alle suggestive location nordiche, rende il prodotto degno di interesse.
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Il See What's Next Event di Roma ha visto Netflix fortemente motivata a scommettere sull'Europa, sulle produzioni locali e sulla specificità di show fortemente radicati in un preciso contesto, ma capaci di possedere un afflato universale. The Rain possiede tutte queste caratteristiche perciò la piattaforma streaming sembra puntare molto sullo show i cui primi due episodi sono stati mostrati in anteprima in un'atmosfera cupa e sospesa, tra alberi, fumo e misteriosi figuri con indosso tute bianche e maschere antigas. E a Roma erano presenti due dei tre creatori della serie, Jannik Tai Mosholt e Christian Potalivo, insieme a tre membri dei giovane cast, Alba August e Lucas Lynggaard Tønnesen, che interpretato i fratelli Simone e Rasmus, e Mikkel Boe Følsgaard. Jannik Tai Mosholt motiva così la scelta di approdare a Netflix: "Per la prima volta avevamo la possibilità di realizzare una serie di questa portata e dimensione. Volevamo un prodotto diverso dal solito, internazionale, volevamo raccontare una storia epica. Le serie scandinave, di solito, sono tutte così malinconiche".
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"La sfida è restare umani in un mondo in cui l'umanità non esiste più"
Una serie locale dal respiro universale
Grazie ai mezzi di Netflix, The Rain si rivela un prodotto dal respiro internazionale che guarda a cult di fantascienza come La città verrà distrutta all'alba o a survival series alla The Walking Dead. Sottolineando le differenze rispetto alle tradizionali produzioni danesi, Mikkel Boe Følsgaard spiega: "Di solito in Danimarca giri una serie in cinque settimane. Stavolta abbiamo impiegato sei mesi. Abbiamo finito la prima tranche di riprese, poi siamo andati in sala di montaggio e poi di nuovo sul set". "Non ho mai lavorato a una serie come questa" aggiunge Alba August. "Girare per sei mesi ci ha permesso di sviluppare il personaggio, ma è stato anche impegnativo. Siamo stati insieme talmente a lungo da diventare una vera e propria famiglia". Il più entusiasta del trio, il giovanissimo Lucas Lynggaard Tønnesen, commenta: "Ho amato Stranger Things e Tredici e all'improvviso mi ritrovo a fare parte della famiglia Netflix. È incredibile, ancora non ci credo".
The Rain ha il merito di avere un respiro internazionale, rifacendosi a un genere amatissimo, mantenendo al tempo stesso un forte legame con il paese di origine. Christian Potalivo precisa: "Il nostro scopo era realizzare un prodotto autentico, volevamo che lo spettatore si calasse in questa realtà. Nel nostro paese piove molto, la pioggia è qualcosa che conosciamo bene, ma abbiamo anche una società ben strutturata. Stavolta volevamo raccontare una storia in cui questo mondo perfetto viene stravolto. Ciò che vediamo potrebbe succedere a chiunque. Ci auguriamo di raggiungere la maggior parte di pubblico internazionale possibile, anche perché certi temi, come la prima cotta, la gelosia, il rapporto tra fratelli, sono universali".
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Il destino del mondo è in mano ai giovani
A colpire durante la visione dei primi due episodi di The Rain è la presenza di un cast giovanissimo. Ai pochi adulti viene riservato uno spazio decisamente ridotto. Jannik Tai Mosholt conferma come questa scelta sia frutto di una precisa volontà: "La serie riflette sul presente, sulla paura, sul mondo che cambia improvvisamente intorno a te e tu non hai idea di cosa stia accadendo. Viviamo un'epoca in cui i giovani possono fare la differenza mentre gli adulti hanno lasciato il mondo nel caos. La sfida è restare umani in un mondo in cui l'umanità non esiste più". Gli fa eco Alba August la quale sottolinea come sia "importante che i giovani abbiano delle serie o film con cui identificarsi". Poi aggiunge emozionata: "Durante le riprese eravamo concentrati sul lavoro, solo adesso qui a Roma stiamo realizzando quante persone vedranno lo show". Orgoglioso, Christian Potalivo conferma: "Sul set abbiamo imparato molto gli uni dagli altri, abbiamo realizzato di avere tra le mani una serie che proviene da un paese molto piccolo, ma può raggiungere un pubblico immenso. Siamo orgogliosi di ave fatto qualcosa di davvero danese per un pubblico internazionale".
In una serie fatta da giovani per giovani la musica è un ingrediente essenziale e da quanto abbiamo visto nei primi due episodi la score di The Rain è particolarmente curata. Jannik Tai Mosholt conferma: "Abbiamo iniziato a parlare della musica prima della storia, volevamo creare un suono universale, inquietante, che immergesse lo spettatore nella storia. La musica deve aiutare a creare emozioni e aiutare a creare qualcosa di nuovo". Se la novità di The Rain sta nella forma e nel tipo di produzione, il tema del virus che si diffonde all'insaputa della popolazione decimandola è un topos di certa fantascienza. Subito salta agli occhi lo spettro dell'emorragia di ascolti di una survival serie come The Walking Dead, giunta all'ottava stagione. Come sviare questo pericolo? Secondo Jannik Tai Mosholt "le persone sono interessate a buone storie e buoni personaggi, vogliono essere coinvolti. Questo è il segreto per non annoiarli". Dopo l'incipit di The Rain visto a Roma, resta la curiosità di avere maggiori dettagli sul virus contenuto nella pioggia. Come si è annidato nell'acqua? Quale è il suo funzionamento? Christian Potalivo non si lascia sfuggire alcun dettaglio e ci congeda laconico: "Per saperne di più del virus dovete vedere prima l'intera stagione, poi entreremo nei dettagli tecnici con una lunga spiegazione".