The Other Side of Hope, Aki Kaurismaki: "Non voglio cambiare il pubblico, voglio cambiare il mondo"

Il maestro finlandese lancia un messaggio chiaro e forte all'Europa invitando a essere umani e lo fa con la sua solita ironia.

The Other Side of Hope: una scena del film di Aki Kaurismaki
The Other Side of Hope: una scena del film di Aki Kaurismaki

Alla conferenza stampa di un film di Aki Kaurismäki può accadere di tutto, compreso il vedere uno degli attori protagonisti alzarsi e intonare un tango finlandese con il regista pronto a fare i cori. La follia impera nella Finlandia di Aki Kaurismaki, ma a questo mood eccentrico che ha sempre caratterizzato l'opera del regista si aggiunge una profonda sensibilità su temi di attualità sociopolitica, come quello dei migranti. In tempi di dibattiti sull'Europa unita o sul ritorno dei nazionalismi, sull'accoglienza o sulla chiusura delle frontiere, Kaurismaki ci regala un poetico messaggio di speranza e solidarietà con il surreale The Other Side of Hope.

La vodka sembra aver lasciato spazio all'acqua minerale, la sigaretta è sempre lì stretta tra le dita, pronta a essere accesa non appena si concluderà l'incontro, ma Aki è sempre incredibilmente lucido e snocciola le sue battute taglienti mentre parla della sua nuova fatica: "The Other Side of Hope è il secondo capitolo di una trilogia sui porti. Dopo Miracolo a Le Havre, siamo approdati a Helsinki. Perché faccio trilogie? Perché sono estremamente pigro, cosi almeno faccio qualcosa. Avrei potuto anche fare il boscaiolo, ma ho deciso di fare film. Spero di aver realizzato una commedia divertente".

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"L'islamizzazione dell'Europa? Non esiste"

The Other Side of Hope: Aki Kaurismaki a Berlino
The Other Side of Hope: Aki Kaurismaki a Berlino

Per essere divertente, The Other Side of Hope lo è senza dubbio, ma è anche una pellicola profonda e sfaccettata. Grattando la patina di humor stralunato che permea il lungometraggio, la storia del migrante siriano Khaled, in fuga dagli orrori del conflitto dopo che la sua famiglia è stata decimata, è la storia di tutte le migliaia di profughi che si mettono in viaggio nel tentativo di ricostruirsi un'esistenza. Parlando della genesi del suo progetto, il regista scherza: "Il working title di The Other Side of Hope era The Refugee, titolo chiaro ma poco poetico. Sono molto modesto, non voglio cambiare il pensiero del pubblico, voglio cambiare il mondo. Ho fatto un film manipolativo, per il momento mi limiterò a cambiare l'Europa. Dopo aver cambiato l'Europa, punterò sull'Asia".

The Other Side of Hope: Aki Kaurismaki e Sherwan Haji a Berlino
The Other Side of Hope: Aki Kaurismaki e Sherwan Haji a Berlino

L'accoglienza calorosa riservata al film, già in odor di palmares, deve aver messo di buon umore Aki Kaurismaki. Il regista finlandese non perde il suo aplomb neppure di fronte alle domande più provocatorie e difende la sua posizione di apertura liquidando teorie come la progressiva islamizzazione dell'Europa come menzogne dei politici. "Non esiste nessuna islamizzazione dell'Europa. Ci sono solo normali cambiamenti culturali di cui tutti abbiamo bisogno. L'Europa sta cadendo a pezzi in solo dieci anni, ma il motivo è che non siamo stati in grado di difenderla. La nostra cultura è allo sbando. Io rispetto Angela Merkel per essere l'unica politica che sembra interessata al problema. Gli altri pensano solo ai propri interessi".

Kaurismaki e i suoi attori

The Other Side of Hope: Aki Kaurismaki a Berlino
The Other Side of Hope: Aki Kaurismaki a Berlino

Per diffondere il suo messaggio umanista, Aki Kaurismaki ha plasmato The Other Side of Hope come un film che corre su due binari paralleli. Alla storia del migrante siriano Khaled si contrappone quella di Wikström (Sakari Kuosmanen), venditore col vizio del gioco d'azzardo che, dopo essere stato lasciato dalla moglie, rileva un ristorante. Nel film fa una breve apparizione anche Kati Outinen, volto simbolo del cinema del maestro finlandese. Parlando del rapporto con gli attori, il regista illustra con chiarezza cristallina il suo metodo: "Dico agli attori di non muoversi troppo e di non scuotere le mani come pale dei mulini a vento. Come scelgo i miei interpreti? Di solito perché sono belli e poi per la loro capacità di recitare. Gli attori devono recitare, la camera è loro amica o nemica. Se sai recitare è un'amica, se non lo sai non è un'amica". Prima di accendere la sospirata sigaretta, Kaurismaki lancia un ultimo appello: "Il cinema non ha l'influenza tale per cambiare il mondo, ma se anche tre persone andranno a vedere il mio film capiranno che siamo tutti umani. Il numero di immigrati non è aumentato così vertiginosamente. Non c'è l'invasione che ci vogliono far credere, dovremmo sforzarci di conoscerli perché non sono nostri nemici. Ognuno ha il diritto di esistere. Oggi guardiamo la tragedia dei profughi con distacco, ma domani i rifugiati potremmo essere noi".