The Operative, la recensione: Diane Kruger, agente segreto in una spy story davvero realistica

La recensione di The Operative, spy story atipica interpretata da Diane Kruger e Martin Freeman, presentata fuori concorso a Berlino 2019.

La vita degli agenti segreti ha fornito valanghe di materiale narrativo per saghe popolari dedicate a eroi come James Bond, Jason Bourne o Ethan Hunt. Di tutt'altro genere l'approccio al tema dell'israeliano Yuval Adler, come sottolinea la nostra recensione di The Operative. Il film, presentato Fuori Concorso al Festival di Berlino 2019, è una spy story incentrata sulla vita di una agente del Mossad di nome Rachel Currin (Diane Kruger) alle prese con le difficoltà del quotidiano e con una complicata relazione con il suo supervisore (Martin Freeman).

Il materiale da cui ha origine The Operative è letterario; Yuval Adler ha scelto di adattare il corposo romanzo del connazionale Yiftach Reicher Atir con l'ambizione di fornire un nuovo sguardo sul genere spy. La pellicola si discosta, infatti, dalle spy stories tradizionali, che puntano tutto sulla dimensione action, ed è priva di un'intricata trama spionistica alla Le Carré. Ciò che interessa al regista è indagare il mestiere di spia nei suoi aspetti umani. Come vive il proprio quotidiano una donna costretta a fingere per anni una falsa identità, a simulare sentimenti insinceri, a guardarsi da tutto e tutti costruendo la propria esistenza intorno a una rete di bugie? Il romanzo di Yiftach Reicher Atir, interamente narrato in prima persona, fornisce un importante punto di partenza, ma per approfondire la riflessione, arricchendo la struttura narrativa, Yuval Adler decide di inserire un ulteriore punto di vista, quello appartenente a Thomas Hirsch, supervisore e confidente di Rachel, interpretato da Martin Freeman.

Reinventare la spy story in chiave realistica

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The Operative: Martin Freeman in una scena

In The Operative, Yuval Adler rinuncia alla tensione che caratterizza le spy story. La presenza delle scene d'azione è concentrata in pochi momenti chiave. Il cineasta israeliano preferisce mostrare in cosa consiste realmente il mestiere dell'agente segreto: osservare e raccogliere informazioni, "spiare", per l'appunto. L'agente segreto è un lavoro full time e per farlo occorre mantenere un basso profilo, sapersi rendere invisibili. Rachel, costretta a crearsi una falsa identità, non può mai abbassare la guardia perché il minimo passo falso potrebbe costarle la vita o far saltare l'operazione che le è stata affidata. Ma Rachel è umana e dopo essersi integrata a Teheran, i suoi sentimenti personali interferiranno con il lavoro affidatole. Questo aspetto della vita degli agenti del Mossad (o di qualsiasi altra organizzazione internazionale) che condiziona la loro quotidianità, le relazioni interpersonali, l'amicizia e l'amore, viene scandagliato con accuratezza da Yuval Adler grazie alla performance di Diane Kruger, qui alle prese con un ruolo che nasconde non poche insidie.

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Berlino 2019: un primo piano di Martin Freeman sul red carpet di The Operative

The Operative si apre alle prime luci dell'alba con un uomo, di spalle, che fa jogging lungo il fiume. Si tratta di Thomas, agente inglese del Mossad di stanza in Germania. Subito dopo, Thomas riceve una criptica telefonata da Rachel dopo un anno di silenzio. Da qui parte un raffinato incastro di flashback che ricostruisce la vita di Rachel a Teheran, ma anche lo stretto rapporto con Thomas il quale, oltre a essere il suo supervisore, diventa punto di riferimento e confidente della donna. Attorno a questa relazione si snoda l'intera pellicola che vede un costante intrecciarsi di situazioni, luoghi ed eventi. Da una parte seguiamo Rachel nel passato e veniamo a conoscenza degli eventi che l'hanno spinta a rendersi irreperibile, dall'altra vediamo Thomas impegnato, assieme ai vertici del Mossad, a rintracciare la donna ricostruendone le mosse. Le indicazioni temporali ci aiutano a destreggiarsi in un puzzle sapientemente creato per guidare lo spettatore verso il colpo di scena finale, ma per facilitare il compito, il regista si affida troppo spesso a un espediente letterario, la voice over di Thomas che ricostruisce i tasselli mancanti del puzzle mentre fa rapporto ai suoi superiori. Proprio la struttura, a tratti troppo letteraria, rappresenta al tempo stesso la ricchezza e il limite di The Operative.

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Una rappresentazione interessante, ma imperfetta

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Berlino 2019: una foto del cast sul red carpet di The Operative

Rachel viene inviata a Teheran, fingendosi insegnante di inglese e francese, per entrare in contatto col gestore di un'azienda elettronica (Cas Anvar) che fornisce equipaggiamenti all'esercito iraniano. Ben presto la donna sviluppa un'affezione per la sua "vittima", mettendo se stessa e la missione a rischio. Nonostante le premesse, la tensione in The Operative è presente a intermittenza. Il film alterna momenti coinvolgenti a lunghe sequenze in cui i membri del Mossad discutono per decidere la sorte della loro agente. Scelta finalizzata alla volontà di Yuval Adler di puntare il dito contro il funzionamento dell'organizzazione, che tratta i propri agenti come meri strumenti necessari per portare a termine i propri scopi. La critica insita in questa visione rischia, però, di non appassionare lo spettatore che cerca un appiglio proprio nella relazione tra Rachel e Thomas.

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Berlino 2019: Diane Kruger sul red carpet di The Operative

The Operative risulta un film interessante, ma imperfetto. Le intuizioni di Yuval Adler si concretizzano in un prodotto medio facilmente fruibile, ma che non riesce mai a fare il salto di qualità. Stilisticamente privo di tratti peculiari, la storia qua e là presenta qualche incongruenza. Nel ruolo di Rachel, Diane Kruger è volonterosa, ma calca eccessivamente la mano sull'emotività del suo personaggio. Per essere un'agente del Mossad, Rachel appare troppo fragile e confusa. La voglia di metterne a nudo l'umanità dei personaggi sembra prendere la mano a Yuval Adler, mettendo a repentaglio la coerenza interna dell'universo narrativo. Più misurato Martin Freeman, che non sempre appare a suo agio nei panni di Thomas, ma compensa le incertezze col mestiere e si riscatta con un ruolo chiave nell'emozionante finale aperto.

Conclusioni

Il regista Yuval Adler si mette alla prova con una spy story atipica che, come sottolinea la nostra recensione di The Operative, affonda le radici nella realtà per raccontare il quotidiano di una spia del Mossad. Il film svela i sacrifici a cui gli agenti sono costretti per preservare false identità e i rischi corsi per portare a termine la missione focalizzandosi sulla spia interpretata da Diane Kruger. uno sguardo umano su un universo di cui si sa ancora troppo poco che si libera dell'aspetto spettacolare del tema per raccontare l'interiorità. Poca adrenalina, ma la presenza di Martin Freeman nel ruolo del supervisore della protagonista è comunque preziosa.

Movieplayer.it
3.0/5
Voto medio
3.2/5

Perché ci piace

  • Il film si focalizza sul quotidiano degli agenti segreti e prova a raccontarne il mestiere liberandosi della visione eroica tramandata da tanta letteratura.
  • La presenza di Diane Kruger e Martin Freeman è sempre un buon motivo per la visione di un film.
  • Non mancano momenti emozionanti e scene ad alta tensione...

Cosa non va

  • ... ma il regista Yuval Adler rinuncia agli ingredienti tipici del genere costruendo una struttura a incastri di matrice letteraria che stempera il pathos.
  • A tratti le interpretazioni fornite dal cast sono incerte.

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3.0/5