Sami, quarantenne di origini marocchine, vive nei quartieri popolari di Parigi ed è prossimo a diventare padre, con sua moglie Jihane incinta del loro primo figlio. L'uomo è pieno di debiti e pur di saldarli in tempo accetta un lavoro come guardiano notturno in un grande magazzino, di proprietà di Philippe Etienne, ovvero l'uomo più ricco di Francia: un individuo freddo e calcolatore, diventato ancor più insensibile da quando sua moglie è morta un anno prima.
Come scopriamo in The New Toy, da qual momento il magnate si è dedicato completamente al suo lavoro, ignorando i bisogni del figlioletto Alexandre, suo unico genito nonché erede dell'immensa fortuna di famiglia. Proprio una sera, durante uno dei turni di Sami, il ragazzino decide di fare un giro nel reparto ludico del negozio paterno e, in seguito a un bizzarro incidente che lo ha visto protagonista, di "acquistare" come giocattolo personale proprio il malcapitato vigilante. Che dietro un lauto pagamento da parte del facoltoso genitore si trova ad accettare, finendo per ritrovarsi alle prese con una delicata questione familiare nonché con la precarietà della sua nuova condizione di zimbello per soldi.
The New Toy: una storia già vista
A un regista come Francis Veber la scena comica d'Oltralpe deve parecchio, in quanto ha firmato spassosi cult del cinema francese del calibro de La capra (1981), Due fuggitivi e mezzo (1986) e, soprattutto, il memorabile La cena dei cretini (1998) - quest'ultimo poi anche oggetto di un assai discutibile remake hollywoodiano. E con The New Toy siamo di fronte a un altro rifacimento, questa volta autoctono, del suo film d'esordio Professione... giocattolo (1976), una storia che si adatta facilmente a nuove versioni per via della sua istintiva semplicità.
In un contesto sociale dominato dalle divisioni di classe, con i quartieri popolari e l'animo delle banlieue a far da contraltare a quel mondo di miliardari che tutto possono, anche comprare e calpestare la dignità delle persone, ha luogo una storia all'insegna del facile sentimentalismo, con una retorica a prova di grande pubblico che arriva diretta e più genuina rispetto ad altre occasioni, anche per via della sua esplicita, amabile, ingenuità.
AAA genero cercasi, la recensione: una commedia francese semplice e scontata
Una famiglia da ricompattare
Il tema dell'integrazione, dato dalle origini straniere del personaggio di Sami, è un aggiornamento rispetto al prototipo e permette di inserire altre sfumature nella gestione delle differenze culturali, innescando gag e battute che giocano anche con un immaginario pop consolidato, citante il mondo anime e l'universo nerd tramite uno sguardo ad altezza di bambino. La trama forza volutamente il distacco tra il piccolo e quel genitore ormai così distante, anche figurativamente come nella rappresentazione di quel lungo tavolo che separa oltre misura i due astanti, anime incomunicabili che riscopriranno il valore e l'importanza della famiglia in seguito al rocambolesco, inaspettato, arrivo di quest'imbranato terzo incomodo dal cuore d'oro e dal portafoglio sempre più pieno.
I volti della risata
La durata che lambisce le due ore è forse eccessiva per quello che vi era effettivamente da raccontare e almeno un paio di situazioni appaiono parzialmente superflue, atte ad aumentare - inutilmente - il corposo minutaggio. L'anima della pellicola gioca tutto o quasi sul legame sempre più stretto che si viene a creare tra Sami e Alexandre e la buona alchimia tra il giovanissimo Simon Faliu e Jamel Debbouze, faccia di gomma ormai simbolo dell'anima multietnica della scena francese, offre diversi momenti divertenti.
La performance di un attore magnifico come Daniel Auteuil può risultare apparentemente sottotono, ma in realtà il suo ruolo - freddo e imperturbabile, con una sola espressione per la maggior parte del film - non concedeva volutamente molto spazio di manovra. Il resto del cast si adatta invece a quell'approccio caricaturale e cartoonesco che permea l'operazione, viaggio paradossale nell'identità di una nazione, figlio moderno e meno pretenzioso di un Quasi amici (2011) spogliato da facili lacrime.
Conclusioni
Orfano di madre, il piccolo Alexandre è figlio dell'uomo più ricco di Francia, ma i soldi non comprano la felicità, almeno in questo caso. E per compensare le assenze di quel genitore così distante, il ragazzino affitta come fosse un giocattolo un uomo comune, quel Sami che prossimo a diventare padre accetta di degradarsi per denaro, nella speranza di provvedere alla sua famiglia in imminente espansione. Remake di un film, sempre francese, di metà anni Settanta, The New Toy sfrutta la satira - più ilare che amara - per raccontare le tensioni sociali in un Paese diviso. Una commedia favolistica, che guarda ai classici aprendosi a una società sempre più moderna e multietnica, che nasconde un greve cinismo dietro quella patina irriverente e cartoonesca, ben supportata dal netto antagonismo tra il volto sorridente di Jamel Debbouze e la maschera immobile e afflitta di Daniel Auteuil.
Perché ci piace
- Un divertimento immediato ma non banale e ricco di spunti dietro la verve comica.
- Ottimo cast, soprattutto i tre protagonisti.
- L'ennesima lotta tra ricchi e poveri in una confezione a prova di famiglie e di grande pubblico.
Cosa non va
- Una durata forse eccessiva.