The Life of Chuck e il senso di Mike Flanagan per Stephen King

Pochi registi hanno dimostrato di saper rendere così bene le storie di Stephen King su schermo quanto riesce a fare Mike Flanagan. E con The Life of Chuck lo conferma.

Tom Hiddleston in una scena di The Life of Chuck

Era partito bene il cammino cinematografico di Stephen King: il primo romanzo, Carrie, era finito nelle mani di Brian De Palma che ne aveva tirato fuori un classico dei film horror; il secondo, Le notti di Salem, aveva ottenuto un adattamento televisivo che, per l'epoca, aveva un senso; e come terzo passo la consacrazione di una divinità del cinema come Stanley Kubrick per adattare Shining. E poi John Carpenter, Tobe Hooper, David Cronenberg, ma anche quei dolorosi anni '80 in cui si pescava alla produzione kinghiana senza un senso o una visione, solo per il nome. Anche laddove fu lo stesso King a rovinarsi con le sue mani, con quello che sarebbe diventato cult a posteriori, ma più per simpatia che per altro: Brivido, che il prossimo anno compie 40 anni. E poi è arrivato Mike Flanagan.

Oculus: Karen Gillan e il regista Mike Flanagan preparano una scena
Karen Gillian con Mike Flanagan sul set di Oculus

Se è innegabile che diversi registi hanno saputo tradurre su schermo l'opera di Stephen King, l'unicità di Mike Flanagan è di averlo fatto con continuità, in più di un film, e soprattutto dimostrando di aver fatto suo il tono e i temi dell'autore del Maine. Dopo primi lavori a cui non mancavano motivi di interesse, come Hush - Il terrore del silenzio per esempio, l'ultima decade di attività di Flanagan è nel nome di King... anche quando non direttamente tratta da Re dell'horror.

In principio era Il gioco di Gerald

Il gioco di Gerald: Carla Gugino in una scena del film
Il gioco di Gerald: Carla Gugino in una scena del film

Un unico ambiente, un unico personaggio per buona parte della storia, la tensione che, nel romanzo, si sviluppa internamente alla protagonista. Un libro che sembrava inadattabile e sul quale Flanagan ha compiuto il suo primo incantesimo kinghiano. La storia è semplice: a seguito di un gioco erotico finito male, Jessie resta ammanettata alla testata del letto con il marito Gerald, appunto, morto sul pavimento. Le chiavi irraggiungibili, il luogo isolato, e delle visioni iniziano a tormentarla. Reali o frutto della confusione che inizia ad avvolgerla? Il gioco di Gerald, uno dei film che potete recuperare su Netflix che l'ha distribuito, funziona a dispetto di tutte le difficoltà e Mike Flanagan dimostra di aver compreso e centrato lo spirito e le potenzialità di un romanzo così particolare, oltre a padroneggiare la tensione per l'ora abbondante di durata della storia.

Doctor Sleep e la sicurezza (e sfacciataggine) di riscrivere Kubrick

Doctor Sleep 3
Doctor Sleep: una sequenza del film

Il regista però non si è fermato a questa prova superata in modo così brillante e un paio di anni dopo si è dedicato a uno dei romanzi più problematici del King più recente: Doctor Sleep, sequel di Shining. Se già scrivere il romanzo si poteva considerare un azzardo, la versione cinematografica si caricava sulle spalle l'onore e onere di proseguire il lavoro di Stanley Kubrick. E se per King si trattava comunque di mettere mano a una propria opera, per quanto così nota anche grazie al film, per Flanagan si è trattato di un potenziale oltraggio di lesa maestà, aggravato dalla sequenza finale in cui, letteralmente, integra l'opera di Kubrick nella sua. Una scelta che ha convinto tanti e fatto imbestialire altrettanti, che insomma ha diviso, ma che da un punto di vista possiamo senza dubbio approvare: l'opera di adattamento del romanzo funziona, la sua anima si traduce su schermo arrivando addirittura a smussarne qualche angolo. Doctor Sleep non è il miglior King, ma resta tra i suoi migliori adattamenti.

The Life of Chuck e il King più autoriale

The Life Of Chuck Tom Hiddleston Annalise Basso Scena Di Danza
The Life of Chuck: Annalise Basso e Tom Hiddleston mentre ballano

Se Il gioco di Gerald è un King più crudo, spietato, teso, e Doctor Sleep abbraccia il fantastico in senso più ampio, il terzo adattamento attinge a quella parte più autoriale e letteraria dell'opera dell'autore del Maine: The Life Of Chuck è un gioiello di scrittura che non si allontana dall'originale ma ne sa amplificare le potenzialità immaginifiche. Dalla carta allo schermo, attraverso lo sguardo di Mike Flanagan, la malinconica poesia del testo originale diventa immagini vibranti che sanno raggiungere al cuore lo spettatore. È anche grazie a un gran cast, che come in una compagnia teatrale sfrutta molti volti ricorrenti del cinema del regista, ma è soprattutto meticoloso lavoro di scrittura su cui innestare immagini evocative. La struttura in tre atti raccontarti in ordine inverso è mantenuta e dall'angoscia del terzo, che apre il film, si passa alla magia del secondo con il travolgente ballo di Tom Hiddleston e si arriva alla malinconica ed emozionante chiusura. Un terzo passo nel mondo di Stephen King deciso e maturo.

The Life of Chuck, la recensione: Flanagan adatta King in un film che contiene moltitudini The Life of Chuck, la recensione: Flanagan adatta King in un film che contiene moltitudini

King nell'anima, anche quando Flanagan attinge ad altro

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Midnight Mass: Kate Siegel in una scena della serie

Nel mezzo Mike Flanagan non è stato con le mani in mano. Le due stagioni della serie tv The Haunting (Hill House e Bly Manor), Midnight Mass e The Midnight Club, infine la prova nell'adattare un'altra icona dell'horror, Edgar Allan Poe, ne La caduta della casa degli Usher. Ma in tutte queste opere c'è un filo conduttore che culmina in Midnight Mass: lo spirito kinghiano che è ormai proprio di Flanagan, che fa sembrare il racconto ambientato sulla remota isola di Crockett abitata da soli 127 abitanti come se fosse effettivamente tratta da una storia dell'autore americano. Non è così, ovviamente, ma conferma che la mano di Flanagan, il suo stile narrativo, si è ormai modellato su quello di un autore che sembra stimare e amare al punto di rendergli giustizia ogni volta che gli si dedica. E anche quando non lo fa direttamente.

La Torre Nera e una speranza per il futuro

E questo non può che lasciarci con fiducia e speranza per il futuro. Tra i prossimi progetti di Flanagan, che includono anche L'esorcista, c'è la serie tv tratta da Carrie, primo romanzo di King già portato su schermo da De Palma, ma anche e soprattutto La Torre Nera che dal precedente adattamento del 2017 era uscita masticata e digerita male. Non stupisce, perché si tratta di un'altra traduzione impossibile: sette romanzi, accenni e riferimenti più o meno marcati in altre opere di King, un'opera smisurata per la quale Flanagan sembra aver scelto la forma della serialità su più stagioni. Una scelta inevitabile che dimostra fin da subito, però, che il regista ha compreso la mole di materiale che deve confluire nel racconto su schermo.

La Torre Nera: Idris Elba in un momento del film
La Torre Nera: Idris Elba in un momento del film

Su un punto ci sentiamo di incoraggiare Flanagan a mantenere una continuità con il film del 2017: il protagonista Idris Elba, criticato sin dal casting ma in definitiva un Roland di Gilead ben più che dignitoso. Che ci piacerebbe vedere ancora in un progetto sensato sull'ambiziosa opera di Stephen King.