Esistono davvero bugie innocenti? Se anche fosse così, non lo sono certo quelle di The Lie, film con protagonisti Mireille Enos e Peter Sarsgaard nel ruolo di due genitori convinti che la figlia (Joey King) abbia ucciso qualcuno. Diretto da Veena Sud, la pellicola fa parte di Welcome to the Blumhouse, collaborazione tra la Blumhouse di Jason Blum e Amazon, composto da quattro film pronti ad angosciare i vostri sonni.
Abbiamo raggiunto la regista via Zoom: cresciuta in Canada, figlia di padre indiano e madre filippina, Veena Sud è sceneggiatrice e scrittrice e, come farebbe Nanni Moretti, pesa ogni parola, perché le parole sono importanti. Creatrice della serie The Killing, in The Lie, disponibile dal 6 ottobre su Amazon Prime Video, ha ritrovato l'attrice Mireille Enos ed esplorato l'intricato labirinto del senso di colpa grazie a un'ottima prova di Peter Sarsgaard.
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Welcome to the Blumhouse: la famiglia come ordine di ogni male
The Lie non è strettamente un horror, è più un thriller psicologico, ma in questo momento l'horror è pieno di nuovi autori, Ari Aster, Jordan Peele e Robert Eggers per citarne alcuni, e nuove idee. Secondo te perché questo genere è così vitale in questo momento?
Guarda in che tempi stiamo vivendo! Credo che ogni genere, in particolare quelli che raccontano le condizione estreme delle emozioni umane, siano sovversivi. E quando un film è sovversivo può espandere le nostre idee su chi siano gli eroi, sul viaggio dell'eroe. È un genere speciale perché è intrattenimento, e questo piace all'industria, ha un pubblico, ma allo stesso tempo permette di parlare di temi sociali. Come nel film anni '70 Ganja & Hess, che ho visto molti anni fa: è una pellicola sui vampiri, ma Bill Gunn l'ha trasformato in una storia sulla razza, le radici, l'Africa, l'amore. L'horror offre infinite possibilità perché può nascondere al suo interno molti temi diversi.
Fa pensare il fatto che in molti degli horror recenti, tra cui anche Black Box, Evil Eye e The Lie, al centro di tutto ci sia la famiglia: perché la famiglia fa così paura?
Forse perché la famiglia è il luogo in cui cominciano i primi orrori! I primi danni, le prime disfunzioni, i primi amori. Tutte le nostre emozioni hanno origine in questa casa che condividiamo con altri esseri umani. L'imprinting che influenzerà tutto il resto della nostra vita viene da lì. Un horror che racconta una famiglia ha qualcosa di primordiale.
The Lie, la recensione: Che cosa non faremmo per i nostri figli
The Lie: ironia raggelante
Perché sei così affascinata dal clima freddo? In The Lie è tutto congelato, in The Killing anche.
Questa è davvero una buona domanda: sarebbe molto più facile se girassimo ai tropici! Ogni volta mi ritrovo nel bel mezzo di una tempesta e giuro a me stessa che sarà l'ultima volta. E invece eccoci qui, di nuovo a Toronto a 4 gradi! Credo che nella pioggia, nel freddo e nella neve ci sia qualcosa, un silenzio, un'assenza di vita, un senso di morte, che sono perfette per raccontare storie legate al dolore e alla perdita. Credo ci sia un'ironia perversa nella bellezza della neve appena caduta, in una foresta innevata che può nascondere cose orribili. Proprio come in The Lie: in quel silenzio senti un urlo in un modo che non sarebbe lo stesso in un altro tipo di ambiente. Il freddo fa immediatamente risaltare la storia.
Mi piace il fatto che tu abbia usato la parola ironia: senza fare spoiler, per me il finale di The Lie ne è pieno. Queste persone non si parlano, mentono, ma sono pronte a fare delle cose orribili l'una per l'altra. Perché è così difficile parlare con la nostra famiglia, con chi amiamo, e invece è così facile compiere azioni tremende?
Bella osservazione. Vorrei che fossimo tutti in grado di capirlo. Vivremmo tutti meglio. Credo che sia tipico delle condizione umana non essere in grado di dire alle persone che amiamo che cosa proviamo. Soprattutto quando proviamo sentimenti difficili che portano a farsi molte domande. Nel film dei genitori pensano che la figlia abbia commesso un omicidio e sono convinti di essere loro i colpevoli del suo comportamento: il sentimento più forte in The Lie è il senso di colpa. A prescindere che sia accaduto o no, pensano che sia colpa loro perché hanno fallito come genitori. Ed è così: non conosco nessun genitore che non sia dilaniato dal senso di colpa, fin da quando li sentiamo piangere appena nati. Qualsiasi cosa accada ai nostri figli è colpa nostra.
The Lie e l'importanza di essere bravi genitori
A proposito di genitori: essere dei bravi genitori credo sia un altro dei temi centrali del tuo film. Come ci si riesce?
Beh sicuramente non prendendo esempio dal mio film! È una domanda da un milione di dollari. Non lo so. L'amore è complicato e questo in particolare è così forte che può diventare soffocante. Può distruggere la tua bussola morale: quando ami in modo così intenso, come quando hai dei figli, non c'è niente che non faremmo. Quindi non sono nemmeno sicura che bravi e genitori possano stare nella stessa frase. Se i miei figli fossero in difficoltà non credo che mi comporterei da brava persona cercando di proteggerli.
Hai fatto un ottimo lavoro nella direzione degli attori: avevi già lavorato con Mireille Enos, ma Peter Sarsgaard è sconvolgente in questo film. Come avete lavorato per arrivare all'intensità del finale?
Peter ce l'ha dentro di sé. Abbiamo passato molto tempo a parlare di meccanismi di difesa: ognuno di noi li ha a livello subconscio. Lo stesso pubblico che vedrà il film ce l'ha: le persone non vogliono credere che farebbero tutto ciò che fanno questi genitori. Nessuno di noi crede che commetterebbe atti così privi di morale. Con Peter abbiamo parlato di questo e del senso di colpa che questo padre prova per così tanto tempo senza farlo vedere. In qualche modo cerca sempre di scappare: all'inizio del film si comporta come un amico con la figlia, non è un padre. Fino a quando non è costretto a diventarlo. Con Peter abbiamo parlato di questo viaggio: anche lui è un padre, un ottimo padre di due ragazze adolescenti adorabili, ma perfino lui prova del senso di colpa. Tutti ce l'hanno. Abbiamo lavorato su questo. E sul suo talento: è estremamente intelligente e intuitivo. A volte mi ha convinto a cambiare le battute, ha reso le scene più sue.
Veena Sud sceneggiatrice e regista: due mondi a confronto
Hai parlato di cambiare le battute: visto che sei sia regista che sceneggiatrice, è una cosa che fai spesso con gli attori, o è successo soltanto in questo caso?
Credo che le sceneggiature esistano per un motivo. Tutto ciò che scrivo ha una sua importanza. In caso gli attori sentano il bisogno di cambiare una battuta se ne parla e si analizza il perché. Cerco di spiegare loro perché quella battuta era così nella mia mente. Dipende tutto dal momento: quando sono seduta alla mia scrivania davanti al foglio bianco è un mondo completamente diverso da quello del set. È una trattativa continua, anche tra la me sceneggiatrice e la me regista. Pesiamo ogni parola.
Non ci sono moltissimi i registi che sono anche gli sceneggiatori dei loro film: credi che ci sia una differenza? Quando questo accade il film è ancora più una tua creatura?
È un po' diverso: ho lavorato come showrunner e dei registi hanno diretto il mio lavoro, e ho anche girato cose scritte da altri. La solitudine di quando sei seduta nella sedia da regista e cerchi di essere onesta con te stessa leggendo ciò che hai scritto è molto importante. Devi assicurarti di non aver scritto una marea di cose narcisistiche e nevrotiche. Devi avere la pazienza di analizzare ciò che hai fatto e confrontarlo con le tue intenzioni iniziali. E in caso avere il coraggio di cambiarlo. Dall'altro lato è più facile perché sono sicura al 100% di cosa sto facendo: l'ho scritto io. È tutta una questione di ego.