Lord e Miller, maestri dell'impossibile
Dopo quattro lungometraggi di successo, è possibile identificare la caratteristica principale del duo registico Phil Lord - Chris Miller: la capacità di trasformare qualcosa con poco potenziale in un prodotto in grado di accontentare un pubblico variegato senza per questo rinunciare ad uno spirito allegramente anarchico. Da un libro per bambini sostanzialmente privo di trama sono riusciti a trarre il folle e spassoso Piovono polpette, mentre quello che poteva essere una cinica operazione di marketing è divenuto un gioiello intitolato The Lego Movie. Senza dimenticare 21 Jump Street, adattamento di una serie TV che non occupa un posto di riguardo nell'immaginario collettivo, e il seguito 22 Jump Street, raro esempio di sequel comico che riesce ad eguagliare, o anche superare, l'originale.
Non dovrebbe dunque sorprendere il fatto che l'idea iniziale di The Last Man on Earth, che ha esordito negli USA su Fox il primo marzo 2015 (in Italia su Fox Comedy dal 28 Aprile), sia un parto della loro immaginazione. Chi altri avrebbe il coraggio di proporre ai network, che siano normali o cable, una serie comica ambientata in un mondo post-apocalittico dove l'intera razza umana è stata sterminata da un virus? Eppure la sola presenza di Lord e Miller dietro le quinte non era sufficiente. Ci voleva qualcuno capace di rendere appetibile la premessa e soprattutto il protagonista, l'ultimo uomo, il quale non è esattamente un simpaticone. Ragion per cui si sono rivolti ad un vecchio amico...
L'importanza di essere Will Forte
In Italia è noto praticamente solo per aver interpretato il figlio di Bruce Dern in Nebraska di Alexander Payne, ma in America è tra gli attori comici più apprezzati dell'ultimo decennio. Parliamo di Will Forte, che dal 2002 al 2010 ha fatto parte del cast di Saturday Night Live, facendo prova di una grande versatilità fra imitazioni (fu lui a ereditare da Will Ferrell il ruolo di George W. Bush), personaggi "normali" che si ritrovano risucchiati nel vortice di follia creato da altri attori del programma (in particolare Kristen Wiig e Andy Samberg) e, infine, vari individui a dir poco bislacchi, ai quali dava una componente umana e un carisma capaci di compensare le loro personalità a tratti odiose. Reclutato da Lord e Miller, con i quali ha collaborato in più di un'occasione (è sua la voce di Abraham Lincoln in The Lego Movie), Forte ha trasformato la premessa in qualcosa che sia in grado di durare più stagioni (difatti una seconda annata è già in cantiere) e reso tollerabile l'unico superstite dell'apocalisse, un tale Phil Miller (il nome è un omaggio ai due registi), i cui comportamenti poco "umani" dominano tutto il pilot (trasmesso, sia in America che in Italia, in tandem con il secondo episodio).
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One-man show
Il primo capitolo, Alive in Tucson, è dedicato interamente alle gesta di Phil, alla ricerca di altri superstiti un anno dopo l'estinzione della razza umana (siamo nel 2020). Bloccato in Arizona, Phil passa le proprie giornate ad aspettare segni di vita, conversare con i propri amici - ossia vari palloni, come Wilson in Cast Away - e vivere in una lussuosa dimora con tre piscine, ciascuna con una funzione specifica: una raccoglie l'immondizia, una serve per la preparazione di cocktail e la terza funge da gabinetto (!).
Sulla carta, non si tratterebbe del materiale ottimale su cui costruire una serie che piace al pubblico e alla critica, ma Alive in Tucson ci riesce grazie al tocco cinematografico del duo Lord-Miller, che dà all'America post-virus un'identità visiva di inquietante bellezza, e rende la performance di Forte irresistibile anche, anzi soprattutto, quando parla da solo. Memorabile, in particolare, la sua conversazione con Dio: dopo essersi scusato per le sue pratiche onanistiche eccessive, Phil aggiunge "Ma in fondo è un po' colpa tua." Poi, a fine episodio, il miracolo: una donna è sopravvissuta allo sterminio e ha trovato i messaggi di Phil. E che donna: quando Phil la vede per la prima volta, ha le fattezze di Alexandra Daddario...
Phil, ti presento Carol
... Ma è solo un'allucinazione. Carol, questo il nome della nuova compagna di avventure di Phil, ha il volto di Kristen Schaal, il che non è l'ideale per l'ultimo uomo sulla Terra. E lui lo fa capire subito, dimostrandosi molto scortese. E così The Last Man on Earth si trasforma in una buddy comedy, dove la comicità è basata sulle interazioni fra due individui completamente incompatibili: lei è precisa, maniacale e devota (niente sesso prima del matrimonio, per evitare la nascita di figli illegittimi), lui è un fannullone arrapato e frustrato. Una formula vincente che fa scintille sullo schermo grazie alla vera amicizia fra i due attori (Forte ha scritto la parte di Carol apposta per Schaal).
E adesso?
Come suggeriscono i primi due episodi, The Last Man on Earth non è una serie limitata da uno schema narrativo fisso, anzi, si diverte a giocare con esso. Chi si è informato un minimo sul contenuto del programma saprà già che il cast non sarà limitato ai soli Forte e Schaal, ma resta da vedere fino a che punto si spingeranno con il ridimensionamento della premessa e del titolo (che per ora sembra avere una connotazione piuttosto letterale: Phil è l'ultimo uomo, inteso come individuo di sesso maschile). D'altronde, essendo già stata confermata una seconda stagione, le possibilità sono infinite...
Movieplayer.it
4.0/5