Il pensiero che riuscivo a rimuovere con maggiore difficoltà era quello tanto crudele che, qualunque cosa avessi veduto io, Miles e Flora vedevano di più... cose orribili e impossibili da immaginare, che avevano origine nei terribili momenti della loro vita in comune in quei giorni passati.
Il "non detto" costituisce uno degli elementi più suggestivi nell'ambito della suspense e, di conseguenza, all'interno del genere delle ghost story. Il potere evocativo di ciò che non è espresso a chiare lettere, ma viene soltanto ipotizzato, suggerito, fatto oggetto di reticenza, è in grado di stimolare l'immaginazione del lettore o dello spettatore con una forza spesso superiore a quella di un orrore mostrato in primo piano. Una lezione che in pochi hanno saputo mettere in pratica con un'abilità pari a quella con cui, nel 1898, Henry James consegnava al pubblico uno dei capolavori della sua sterminata produzione: Il giro di vite, un breve romanzo di centocinquanta pagine destinato a sancire un punto di non ritorno nella narrativa horror.
In oltre un secolo, Il giro di vite (in originale The Turn of the Screw) non si è limitato a influenzare diverse generazioni di futuri scrittori, ma ha conosciuto una vastissima fortuna grazie a una quantità incalcolabile di adattamenti che spaziano dal palcoscenico al cinema: dal magnifico The Innocents, noto in Italia come Suspense, fedele trasposizione diretta nel 1961 da Jack Clayton e interpretata da Deborah Kerr, a The Others, libera rivisitazione del 2001 di Alejandro Amenábar, con protagonista Nicole Kidman. E nel 2020, a riportare in auge l'opera di James sono stati il film The Turning - La casa del male di Floria Sigismondi, ma soprattutto The Haunting of Bly Manor, serie Netflix realizzata sulla scia del successo del precedente The Haunting of Hill House, tratto invece dal libro di Shirley Jackson.
Henry James e la passione per l'horror
Newyorkese di nascita, ma cresciuto fra gli Stati Uniti e l'Europa, Henry James sarebbe passato alla storia grazie a romanzi incentrati sull'analisi dei rapporti fra le classi sociali e del conflitto fra cultura americana e cultura vittoriana, ma con una peculiare attenzione per l'indagine introspettiva dei personaggi: titoli quali Washington Square, Ritratto di signora e Le ali della colomba sono entrati a far parte dei classici della letteratura modernista, e hanno offerto la base per film come L'ereditiera di William Wyler, Ritratto di signora di Jane Campion e addirittura un trittico (Gli europei, I bostoniani e The Golden Bowl) per la regia di James Ivory. Ne Il giro di vite, però, James si dedica all'altra sua grande passione, l'horror, pur conservando quella dimensione psicologica tipica della sua scrittura.
L'intero racconto, infatti, è filtrato attraverso la focalizzazione della protagonista, un'istitutrice senza nome il cui diario viene letto molti anni più tardi da un suo conoscente, Douglas, a beneficio di una ristretta cerchia di amici. Il topos della cornice narrativa viene ripreso anche in The Haunting of Bly Manor, in cui la vicenda è ricostruita, durante una festa di nozze, dal personaggio di Carla Gugino, con una lunga analessi dentro la quale sarà poi aperta un'ulteriore catena di flashback, relativi ai vari personaggi in gioco. Ne Il giro di vite, al contrario, il lettore è costretto ad aderire a un unico punto di vista, totalmente calato negli eventi del romanzo e pertanto inscindibile da una dimensione soggettiva animata da pensieri, riflessioni e sospetti sempre più atroci.
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Le oscure presenze di Bly Manor
La giovane istitutrice al centro de Il giro di vite prende servizio a Bly, un'imponente residenza nella campagna dell'Essex, per occuparsi di Flora e Miles, una coppia di bambini rimasti orfani, verso i quali la donna prova un immediato istinto protettivo. La calma idilliaca del luogo è incrinata da quando, un pomeriggio, l'istitutrice avvista la sagoma di un uomo misterioso, le cui sembianze risulteranno corrispondere a quelle del defunto Peter Quint, l'ex domestico della magione. Da quel momento, nella mente della protagonista nascerà l'oscura sensazione che Bly sia abitata da presenze soprannaturali, e che tali presenze costituiscano una minaccia per la vita dei due bambini: lo stesso presupposto alla base di The Haunting of Bly Manor, che sposta l'ambientazione nel 1987 ma conserva il nucleo del romanzo, oltre ai nomi dei personaggi.
Le convenzioni della ghost story, filone già diffuso e amatissimo nel diciannovesimo secolo, sono rielaborate da Henry James in maniera straordinariamente immersiva, sviluppando la suspense con studiata gradualità. Bisogna aspettare quasi una trentina di pagine affinché i presunti spettri si manifestino agli occhi della donna, ma la descrizione di quel primo incontro è architettata in modo magistrale: la reiterata anticipazione dell'evento in sé, introdotto da un tormentato flusso di coscienza, ed il ricorso al perturbante per esprimere il senso d'allarme dell'istitutrice; "La seconda [emozione] fu la violenta percezione dell'errore connesso alla prima: colui che i miei occhi vedevano non era infatti l'uomo che avevo così precipitosamente supposto. Rimasi talmente sconvolta da quella visione che, dopo tanti anni, non posso sperare di darne un'idea precisa".
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Una narratrice inaffidabile?
Ma non è solo l'infallibile prosa di Henry James ad aver reso Il giro di vite una pietra miliare della letteratura gotica. La chiave del libro, il tema che da oltre un secolo non cessa di ossessionare accademici e lettori, risiede nel sotteso interrogativo che siamo indotti a porci con insistenza crescente: la residenza di Bly è infestata davvero dagli spettri o le sinistre apparizioni di Peter Quint e Miss Jessel sono il frutto della mente malata della protagonista? L'ipotesi di una "narratrice inaffidabile" riesce dunque a trasformare quella che potrebbe sembrare una canonica storia di fantasmi in un inesorabile confronto con la paranoia: quella dell'istitutrice, sempre più convinta di dover proteggere i due bambini da un pericolo innominabile, ma a poco a poco anche quella di noi lettori in merito alla natura stessa del racconto.
E James, a differenza di quanto accade nella serie TV, non scioglie mai fino in fondo l'ambiguità endemica del suo romanzo: piuttosto, Il giro di vite si dimostra in filigrana un formidabile saggio sull'ambiguità (delle parole, delle immagini, ma ancor di più dei moti dell'animo), elaborato nel segno di uno spiazzante corto circuito fra una realtà immanente e la tenebrosa fascinazione/repulsione per l'ignoto. È la dicotomia che l'istitutrice vive sulla propria pelle: all'angoscia rispetto all'elemento paranormale si somma infatti il fervore con cui la donna avverte di dover salvare Flora e Miles, un fervore nato dalla consapevolezza di essere l'unica persona in grado di vedere - letteralmente! - l'orrore che grava su di loro, sempre più tangibile e spaventoso.
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Una tenebrosa età dell'innocenza
Eppure c'è una componente ulteriore, ne Il giro di vite, tale da accentuare lo strisciante senso di malessere provato dalla protagonista e, di riflesso, da chi si avventura fra le pagine del libro di James: un "non detto", per l'appunto, che riaffiora a più riprese nella mente della donna e fa riferimento all'ipotetico legame tra i fantasmi di Bly e i due bambini. Miles, in particolare, racchiude un'antitesi fra il suo aspetto angelico, la sua grazia fanciullesca, e i segreti motivi che ne hanno determinato l'espulsione da un collegio di Londra: chi è veramente Miles e qual era il suo rapporto con Peter Quint? Qual è l'origine del male che si annida all'interno di Bly, e che potrebbe aver contagiato i due piccoli 'innocenti' affidati alle cure dell'istitutrice (e The Innocents è non a caso il titolo scelto per il film di Jack Clayton)?
Ecco, a rendere Il giro di vite un'opera così intimamente disturbante è l'idea sotterranea di un'innocenza corrotta, di un'infanzia violata, di un crimine a cui la protagonista non ha nemmeno il coraggio di alludere, e che Miles si ostina a non voler rivelare. Perché Henry James non si è limitato a scrivere una suggestiva ghost story, capace di inquietarci ancora oggi, ma ha adoperato i canoni del genere per indagare fra gli spettri dell'inconscio e i mostri senza nome che tentiamo di seppellire negli abissi della psiche: "Mi sembrava di fluttuare non nella luce, ma in una più oscura voragine, e un momento dopo, dalla mia stessa pietà era balzata l'agghiacciante prospettiva che potesse essere innocente. Il dubbio per un attimo rimase convulso e insondabile, perché se lui era innocente, che cos'ero dunque io?".
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