The Handmaid’s Tale 5, la recensione: O muori da eroe, o vivi tanto a lungo da diventare il cattivo

La recensione di The Handmaid's Tale 5: nei primi due episodi della quinta stagione, in streaming su TimVision dal 15 settembre, la musica è sempre più dolce e le immagini sono sempre più dure; vedremo una June cambiata, e ne rimarremo sconvolti insieme a lei.

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The Handmaid's Tale: una foto di Elisabeth Moss nella quinta stagione

"Sognare, sognare e sognare, quando ti voglio fra le mie braccia, quando ti desidero tutto ciò che devo fare è sognare, sognare e sognare. Quando mi sento triste nella notte e ho bisogno che tu mi stringa stretto, quando ti desidero tutto ciò che devo fare è sognare". Inizia con All I Have To Do Is Dream degli Everly Brothers la recensione di The Handmaid's Tale 5, come iniziano i primi due episodi della quinta stagione, la penultima, in arrivo in streaming su TimVision dal 15 settembre. La musica è sempre più dolce - dalla new wave siamo passati al soul e ora agli anni Cinquanta - e le immagini sono sempre più dure. Le mani di June sono sporche di sangue. Lo è il collo, parte del viso. E quel sangue non sembra volersene andare via. È una "macchia" sull'esistenza di June, che sembra averla cambiata ulteriormente. E, nella quinta stagione di The Handmaid's Tale, lo scontro non sarà solo contro i suoi nemici, ma anche contro se stessa e i suoi fantasmi. The Handmaid's Tale si conferma una delle serie più potenti e cariche di significato dei nostri tempi, e non finisce di sconvolgerci. Ancora una volta ci rimane sulla pelle, come quel sangue sulla pelle di June.

Tornare a Gilead

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The Handmaid's Tale 5: un momento della quinta stagione

June Osborne (Elisabeth Moss) è tornata a casa. Dopo aver ucciso Fred ha capito che le è piaciuto. Ed è sconvolta dalla cosa. June vive su un filo e affronta una serie di dubbi. Restare accanto alla sua famiglia e alla sua bambina, o andarsene perché è fuori controllo? Costituirsi per l'assassinio di Fred o no? Dare sostegno a un gruppo di donne che vogliono tornare a Gilead per farsi giustizia da sole? Nel frattempo Serena (Yvonne Strahovski), mentre porta avanti la sua gravidanza, apprende la notizia della morte del marito. E chiede di tornare a Gilead perché abbia una cerimonia funebre degna del suo nome. Ovviamente, ha in mente qualcosa.

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June non può avere una vita normale

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The Handmaid's Tale: un'immagine di Elisabeth Moss

Se pensavate che una volta in Canada, finalmente in salvo, June avrebbe avuto una vita normale, vi sbagliavate. Non lo è affatto. Dopo quello che ha passato non ci potrà essere mai una vita normale per lei. Ancora una volta, The Handmaid's Tale ci dice una cosa importantissima. Da uno stupro, da una violenza reiterata, non ci si può riprendere completamente. È qualcosa che resta dentro per sempre. La serie tratta dai romanzi di Margaret Atwood, ancora una volta, è illuminante, e riesce a dirci le cose in modo diretto.

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The Handmaid's Tale: un'immagine della serie

O muori da eroe, o vivi tanto a lungo da diventare il cattivo

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The Handmaid's Tale 5: una foto di scena

E ha anche il coraggio di presentarci una protagonista controversa, piena di ombre e di dissidi interiori. Non certo l'eroina senza macchia che sarebbe stata nella serialità di qualche tempo fa. June è passata al Lato Oscuro? È diventata la cattiva? Ricordate quello che si diceva ne Il cavaliere oscuro? "O muori da eroe, o vivi tanto a lungo da diventare il cattivo". Certo, June è sempre la nostra eroina, ma, mentre lei stessa comincia ad avere dei dubbi su di sé, anche noi la vediamo da un altro punto di vista. Quello che accade in The Handmaid's Tale ci fa anche fare i conti con noi stessi. Perché tutti siamo contro la giustizia fatta da sé, tutti sappiamo che è demandata allo Stato e che tutto questo fa parte di un patto antico. Ma, di fronte a quello che ha passato June, siamo stati tutti dalla sua parte. E, per tutti noi, l'uccisione di Fred è stato qualcosa di catartico. Cosa avremmo fatto al posto di June?

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There will be blood

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The Handmaid's Tale 5: un momento della serie

La stagione 5 di The Handmaid's Tale vive sul parallelo tra June e Serena. Sono loro le duellanti, le linee dalle convergenze parallele: ognuna ha la sua vita, lontana dall'altra, ma sono destinate irrimediabilmente a incontrarsi. Come in un western, come un revenge movie, un Kill Bill di Tarantino, sappiamo che la sfida finale sarà tra loro due. Due donne che sono state lontane, che si sono avvicinate e fidate l'una dell'altra per poi allontanarsi di nuovo. La regia (nei primi due episodi, che abbiamo visto in anteprima, è della stessa Elisabeth Moss) dedica a entrambe quasi lo stesso spazio, le segue in montaggio alternato, come nella bellissima sequenza che chiude l'episodio 2, con entrambe che si vestono per la loro cerimonia. Il nero e il bianco. E poi, nello sconvolgente finale (che ricorda l'incipit di Vanilla Sky) dove, a distanza, sembrano quasi guardarsi. Serena con il suo sorriso sardonico ed enigmatico. June con l'occhio della tigre. Come diceva il titolo di quel film, there will be blood. Scorrerà ancora sangue.

Conclusioni

Come vi abbiamo raccontato nella recensione di The Handmaid's Tale 5, quella in questione si conferma una delle serie più potenti e cariche di significato dei nostri tempi, e non finisce di sconvolgerci. Ancora una volta ci rimane sulla pelle, come quel sangue sulla pelle di June.

Movieplayer.it
4.5/5

Perché ci piace

  • La serie continua a dire cose importanti, come il fatto che uno stupro non ci si può riprendere completamente.
  • La stagione 5 ha anche il coraggio di presentarci una protagonista controversa, piena di ombre e di dissidi interiori.
  • The Handmaid’s Tale 5 ci fa anche fare i conti con noi stessi, sul nostro rapporto con la giustizia, e ci fa chiedere cosa avremmo fatto al posto di June.
  • La stagione 5 vive sul parallelo tra June e Serena, preparandoci alla la sfida finale tra loro due.

Cosa non va

  • Forse ancora una stagione (la 6, che sarà l’ultima) potrebbe rendere troppo lunga una serie che sembra matura per la sua conclusione.