The Carrie Diaries ci offre un biglietto d'andata per i ruggenti Anni Ottanta, epoca in cui la farfalla protagonista di Sex and the City era ancora un bruco.
La scrittrice Candace Bushnell ha raccontato questa storia nel romanzo Il diario di Carrie (Piemme editore) e compare tra i produttori esecutivi della nuova serie (su Mya dal 20 giugno) assieme a Josh Schwartz e Stephanie Savage (The O.C., Gossip Girl). Attenzione, però, a maneggiare con cura l'etichetta di "prequel": alcune discordanze con la serie-madre collimano perfettamente con la visione del libro ma possono generare non poca confusione.
In questa nuova/vecchia versione, nel 1984 Carrie (AnnaSophia Robb, già vista in Soul Surfer) vive nel Connecticut, frequenta il penultimo anno di liceo, ha appena perso la mamma per il cancro e si deve prendere cura della ribelle sorella minore quattordicenne, Dorrit (Stefania Owen). Il padre Tom (Matt Letscher) la ricompensa trovandole uno stage a Manhattan presso lo studio legale di un amico influente. Qui incontra Larissa (Freema Agyeman di Doctor Who), giornalista di moda della rivista Interview, che la introduce negli ambienti più glam della Grande Mela.
Il cuore e la mente della versione adolescente di Carrie escono vittoriosi dal confronto con la futura scrittrice di Vogue. Esistono, comunque, alcune differenze rispetto all'originale: in Sex and the City il padre di Carrie l'ha abbandonata quando aveva cinque anni. Si lascia intendere uno stile di vita alquanto modesto, quindi difficilmente conciliabile con il prestigioso stage che il genitore le procura nella nuova serie, i suoi completi ricercati o il guardaroba da sogno della moglie. Sarah Jessica Parker, invece, aveva spesso problemi di bollette, non conosceva il francese (tratto distintivo di una classe sociale più elevata) e si sentiva fuori posto negli ambienti sofisticati, nonostante li ammirasse. Aveva persino complessi d'inferiorità nei confronti della nuova moglie di Big, Natasha! Amy Harris, showrunner del telefilm, con svariati episodi di esperienza nella serie originale, dalle colonne dell'Hollywood Reporter ha rassicurato i fan: questi non sono errori, ma adeguamenti al romanzo o al massimo licenze poetiche per spiegare meglio il cammino di Carrie, un viaggio che passa inevitabilmente dal guardaroba. Il settore costumi è stato affidato a Eric Daman (Gossip Girl), che ha raccolto l'eredità di Patricia Field dopo averci lavorato insieme proprio sul set di SatC. Niente tacchi a spillo griffati, stavolta: sarebbero sembrati fuori luogo in una scuola pubblica. Il look eclettico della biondina prende vita da una commistione di stili e di epoche, proprio attingendo agli abiti della mamma, Anni Sessanta (nella realtà griffati Marc by Marc Jacobs e non vintage) e Anni Settanta (gli stivali vengono in realtà dalla nuova collezione Chloe).
Il messaggio arriva forte e chiaro: di Carrie ce n'è una sola. Se ancora non l'avessimo capito, ce lo sottolinea la borsa con il suo nome sopra, nuovo filo conduttore della storia. Il marchio di fabbrica Bradshaw si fa notare e rassicura, strizzando l'occhio a quello che il futuro le riserva. Lei ancora non lo sa, ma il pubblico sì: nonostante i cuori infranti, i sogni naufragati e persino le mise sbagliate Carrie ce la farà. Riuscirà ad essere felice, a conquistare Manhattan e a far sentire la sua voce fuori dal coro. Riscrivendone le avventure partendo dal lieto fine si corrono molti rischi, innanzitutto quello d'incappare in forzature ed eccessi, ma si parte anche da una solida certezza.
Superata la comprensibile diffidenza iniziale bisogna ammettere che la nuova/vecchia Carrie ci piace come e più di prima che (almeno finora) si è dimostrata all'altezza della versione di Sarah Jessica Parker, una donna moderna, ma non infallibile, con tante contraddizioni e, ovviamente, una collezione di Manolo Blahnik senza precedenti.