The Bear 3, recensione: un ottimo tris, ma meno sorprendente

La terza stagione di The Bear si mantiene su livelli altissimi ma, dopo le precedenti praticamente perfette, sorprende meno. Due episodi sono però memorabili. Dal 14 agosto su Disney+.

Jeremy Allen White in The Bear 3

Paragonare una serie ambientata nel mondo della cucina a un pranzo stellato è una cosa facile e anche un po' pigra, ma forse non c'è modo più immediato per far capire cosa rappresenti la terza stagione per il percorso evolutivo di The Bear. Su Disney+ dal 14 agosto, The Bear 3 vede Carmy (Jeremy Allen White) finalmente al timone del suo ristorante, tanto inseguito e voluto, il "The Bear" del titolo, insieme alla socia Sydney (Ayo Edebiri). Preso in eredità dal fratello Michael, che ne aveva fatto un locale alla buona, pronto a servire panini unti e abbondanti soprattutto agli operai in pausa pranzo di Chicago, Carmy lo ha trasformato in un posto elegante e ambizioso: il suo obbiettivo è infatti ottenere una stella Michelin.

Bear S1 102 Md 00922Photo Matt Dinerstein
Jeremy Allen White è Carmy Berzatto in The Bear

Per riuscirci lo chef è pronto a sacrificare tutto: il sonno, la salute, l'igiene personale. E, soprattutto, i rapporti umani: The Bear 2 si è chiusa proprio con il suo sfogo nella cella frigorifero, in cui, non sapendo che Claire fosse dall'altro lato della porta a sentirlo, ha tirato fuori tutta la propria frustrazione per un rapporto che gli dà sì felicità, ma che allo stesso tempo lo distrae da quello che lo fa alzare ogni mattina: essere un artista del cibo. La felicità convive male con la grandezza. E Carmy vuole essere il migliore.

I nuovi episodi di The Bear riprendono esattamente da qui: gli autori ci mostrano l'ossessione che ha portato il protagonista a diventare un nome ricercato, che combatte costantemente con i propri limiti, per superarli ed essere sempre più bravo. A Carmy l'eccellenza non basta: vuole stupire, farsi ricordare. E in nome di questo prende una decisione che lo porterà a creare più di qualche malumore: cambiare menù ogni giorno. E, in un certo senso, è quello che fa anche la serie stessa in questo terzo ciclo: cerca di offrirci qualcosa di unico e differente a ogni episodio. In parte ci riesce, ma, rispetto alle stagioni precedenti, praticamente perfette, è come se si fosse persa un po' di spontaneità: siamo sempre a livelli eccellenti, ma manca la scintilla, quel qualcosa che ti fa dire "mi trovo di fronte a qualcosa di speciale".

The Bear 3: Una stagione di raccordo

Il pranzo stellato, dicevamo: chiunque ne abbia mai provato uno sa che è fatto di tante portate, che nella mente dello chef rappresentano un vero e proprio viaggio. Non soltanto sensoriale: come si vede nel film Ratatouille (per non citare l'ormai proverbiale madeleine di Proust), un piatto può diventare anche un tuffo nei ricordi e trasformarsi in un concerto di emozioni, oltre che di sapori e profumi. Di solito si comincia con gli amuse-bouche, poi gli antipasti, le portate principali e poi via, fino ai dolci. Tra un piatto importante e l'altro spesso arrivano dei piccoli assaggi, che spezzano la pesantezza se si è mangiato qualcosa di particolarmente ricco. Ecco: The Bear 3 è esattamente questo.

La prima stagione è stata folgorante: una novità, che ci ha colpito come un fulmine. La seconda, se possibile, è stata ancora migliore: forte dell'averci già fatto conoscere i personaggi, li ha portati a un'evoluzione che ci ha commosso e stupito per la bellezza della scrittura. Questa terza è leggermente in calo, ma un calo fisiologico. È come se ci preparasse al gran finale, pulendoci la bocca da quanto assaggiato all'inizio, per essere definitivamente stupiti e deliziati. Una stagione di raccordo insomma. Ma, sia chiaro, in un pranzo stellato anche qualcosa che resetta il palato ha un sapore eccellente.

The Bear 2, recensione: se possibile, ancora più bella

Due episodi bellissimi

Bear S1 106 Md 00200Photo Matt Dinerstein F
Ayo Edebiri è Sydney in The Bear

Sarebbe quindi davvero ingeneroso parlare di delusione per The Bear 3: la serie è quanto di meglio si possa vedere in televisione negli ultimi anni. E se è vero che questa stagione espone il fianco a qualche critica, ci sono almeno due episodi bellissimi, che da soli valgono la visione di tutto: si tratta di Ice Chips, in cui Natalie (Abby Elliott), sorella di Carmy, va in travaglio, e Napkins, che ci fa scoprire come Tina (Liza Colón-Zayas) sia arrivata nella cucina del The Bear. La prima è una lezione di regia: tutta primi e primissimi piani, interpreti in stato di grazia. Una perla. La seconda, diretta da Ayo Edebiri, è meno prorompente dal punto di vista stilistico, ma è permeata da una sensibilità rara. Non soltanto entriamo finalmente in connessione con Tina, ma abbiamo anche la possibilità di scoprire l'essere umano Michael. Il duetto tra Liza Colón-Zayas e Jon Bernthal è da applausi. Anche l'episodio finale, di cui non vi diciamo nulla, è eccellente. Insomma, è proprio vero che in questa serie "ogni secondo conta". E, per la terza volta, a visione finita, non possiamo che dire: sì, chef!

Conclusioni

La terza stagione di The Bear è di raccordo tra il folgorante inizio e quella che sarà la fine. Gli attori sono sempre al massimo, così come la scrittura dei personaggi, ma si è persa un po' di sorpresa. Si tratta comunque di una stagione ottima, che può contare su almeno due episodi bellissimi: il 6 e l'8.

Movieplayer.it
4.0/5
Voto medio
4.4/5

Perché ci piace

  • La bravura di tutti i protagonisti.
  • La scrittura dei personaggi.
  • Gli episodi 6 e 8.
  • Le guest star di lusso.

Cosa non va

  • Forte della propria brillantezza, pur essendo ottima, questa stagione di The Bear è meno sorprendente delle precedenti.