Si intende, non è uno spoiler (anche perché basta con questa ossessione degli spoiler), ma potremmo iniziare e concludere la nostra recensione di The Accountant 2 citando una scena in cui Jon Bernthal - molto più centrale rispetto al primo film datato 2016 - blocca il convoglio guidato da Ben Affleck e salva un gatto nel bel mezzo delle desertiche strade al confine tra il Messico e gli Stati Uniti (location sempre efficace).

Un dettaglio, e un momento che riassume al meglio il tono di un sequel decisamente riuscito, firmato ancora dall'ottimo Gavin O'Connor (recuperate Tornare a vincere) su sceneggiatura di Bill Dubuque. Infatti, rispetto al primo capitolo, lo script vibra seguendo le tracce di tre elementi: azione, vendetta, amore. Tutto dosato al massimo dei giri, e reso amalgama grazie ad una striscia divertita e divertente, che rielabora quel cinema macho secondo un buddy movie dai fortissimi (e pure sorprendenti) sentimenti.
The Accountant 2: più azione, più umorismo, più amore

Dietro la traccia di The Accountant 2 un puzzle da risolvere: ritroviamo Marybeth Medina (Cynthia Addai-Robinson), ormai nel pieno della carriera che, per risolvere un caso dai risvolti personali, si vede costretta a contattare l'unica persona che può sbrogliare una matassa, ossia il brillante e neurodivergente contabile Christian Wolff (Affleck, sempre più in simbiosi con O'Connor) ormai ritiratosi dall'azione.
Per l'aiuto, però, serve il supporto di Braxton (Bernthal, tagliato al millimetro per ruoli del genere), quel fratello di cui Chris ha - più o meno - perso le tracce. Nemmeno a dirlo, la missione riuscirà a (ri)unirli, intanto che la sceneggiatura mixa diverse situazioni, tutte legate tra loro: i trafficanti di uomini, bande criminali, i migranti di El Salvador, un ragazzino autistico e, soprattutto, una spietata assassina misteriosa, Anais (Daniella Pineda).
L'alchimia tra Affleck e Bernthal
Un sequel migliore dell'originale? Forse. Certamente, è profondamente diverso (e la presentazione al festival indie del South by Southwest è una prova). Se il titolo del 2016 era, per così dire, più serioso (rispetto ai crismi del thriller tout court), O'Connor questa volta sfrutta la perfetta e travolgente alchimia tra Affleck e Bernthal per garantire un livello di intrattenimento altissimo, in cui i giri umoristici fanno leva su una storia d'azione, sì, ma pure su di una storia sorretta da una fortissima emotività.

Il rapporto tra fratelli è il cardine, il focus, la traccia da seguire e inseguire: quella fratellanza tutta orgogliosamente maschile che, una volta tanto, è libera di poter dimostrare la propria vulnerabilità, sottoscritta in un approccio cinematografico in cui il fattore action, poi, gioca un ruolo importante. Come dire: essere uomini vuol dire essere consapevoli delle proprie emozioni. L'action è dunque importante, ma ripetiamo, non decisivo: The Accountant 2, tra armi di grosso calibro, l'inevitabile fattore revenge e una spassosa scena in cui Ben Affleck si cimenta nel ballo country, esalta il sentimentalismo e il valore assoluto dell'aiuto come viatico per una sfumata forma di inafferrabile felicità.
A ciò, sommiamo anche l'altro punto nevralgico: quella "diversità" di pensiero che, a guardar bene, si può rivelare una sorta di "superpotere" (e bisogna sottolineare che la produzione ha scelto giovani attori autistici per diversi ruoli), scalfendo lo status quo di una società spesso votata all'abilismo. Ed è straordinario, nonché coinvolgente, che il Chris di Ben Affleck sia in un certo senso la regola diretta e contraria rispetto ad un determinato immaginario, facendo risultare lo straordinario un concetto universale, in cui potersi ritrovare. Tra un colpo di pistola, un abbraccio e un silenzio assenzo lungo una strada che porta finalmente a casa.
Conclusioni
The Accountant 2? Un riuscito mix di azione, vendetta e amore, con un tono più leggero e divertente rispetto al primo capitolo. Il cuore del film è l'alchimia tra Ben Affleck e Jon Bernthal, capace di mettere in risalto il rapporto fraterno, che esplora la vulnerabilità maschile. Oltre all'azione e alla vendetta, il film esalta un certo sentimentalismo e il valore dell'aiuto, sottolineando come la "diversità" possa essere un "superpotere". Tra sparatorie, momenti emotivi e un inaspettato momento country, dietro l'assetto action stile buddy-movie, Gavin O'Connor rivede l'importanza delle emozioni e della fratellanza.
Perché ci piace
- L'alchimia tra Ben Affleck e Jon Bernthal.
- Più umorismo e più sentimentalismo.
- Alcune scene particolarmente riuscite.
- Il finale.
Cosa non va
- Forse, dura dieci minuti di troppo.