Recensione PK3 - Pinocchio 3000 (2004)

Nelle intenzioni, una rivisitazione in chiave moderna della fiaba sempreverde di Collodi. Nei fatti, un film che ammicca ai bambini di oggi, barattando pagine di alta letteratura con le nuove tecnologie

Tecnologia contro Letteratura

Una rivisitazione in chiave moderna della fiaba sempreverde di Collodi. Questa l'intenzione di PK3 - Pinocchio 3000, ultima produzione della DNC Entertainment e primo lungometraggio di Daniel Robichaud.
La trama è semplice anche se non priva di suggestioni futuristiche: nell'anno 3000, dopo numerosi esperimenti, finalmente Mastro Geppetto mette a punto la sua ultima creazione: un robottino (e non burattino, benché si mantenga il diminutivo!) che lo abbracci e lo chiami finalmente babbo. Ma per diventare un vero bambino Pinocchio dovrà capire la differenza fra bene e male, solo allora un incantesimo lo potrà trasformare del tutto.
Fin qui niente di nuovo, a quanto pare. Ancora Mastro Geppetto, ancora Pinocchio a cui si allunga il naso mentre impara a crescere fra peripezie varie, ancora l'happy end che è realizzazione d'ogni desiderio.

In realtà, a parte questi motivi essenziali, della fiaba di Collodi resta poco e niente. Ogni riferimento ad essa risulta, infatti, niente di più che una forzatura, a cominciare dai personaggi: non compare alcun grillo parlante, né i mitici Gatto & Volpe, né Lucignolo e tanto meno Mangiafuoco.
Al loro posto sfila invece tutta una serie di personaggi improbabili, vittime di una visione manichea che uccide la magia della fiaba originale. Dalla parte dei buoni, un cyber-pinguino viola che ripete i motti dei retorici parenti ed i bambini, che si mostrano amanti del divertimento come della natura, tanto da rischiare la vita per un comune fiorellino. Dalla parte dei cattivi, comandati dal terribile Sindaco di Scamboville: un paio di robots che tentano di essere esilaranti ma che nella loro unilateralità risultano nient'altro che macchiette, ritratti sbiaditi delle storiche coppie divertenti dei grandi film d'animazione (l'accoppiata di Shrek, per citarne una molto attuale). Stempera la piattezza dei personaggi, la novità della fatina anticonformista Cyberina (le cui corde vocali appartengono a Whoopi Goldberg nella versione originale e a Platinette in quella italiana), poco presente rispetto al suo ruolo originale e anche ben meno materna e premurosa.

L'animazione 3D, che rende al meglio scene avventurose, come il viaggio sulle montagne russe, o immaginifiche, come la gara della fantasia, non riesce tuttavia a risollevare la pellicola, che si rivela carente sotto diversi punti di vista, primo fra tutti il tentativo malriuscito di confrontarsi con un grandissimo classico come quello di Pinocchio, che qui viene tutt'al più maldestramente scimmiottato. Per altro la banalità dei dialoghi, che pur affrontano temi rilevanti come il rispetto della natura, stride con battute pretenziose e falsamente troppo profonde.

Un film che, in sostanza, sembra piuttosto un omaggio ad una certa tipologia dei bambini di oggi, quelli ipnotizzati da Playstation e videogames vari, nonché a quei genitori che odiano il traffico metropolitano (alcune sequenze riguardano macchine volanti impazzite per le code ai semafori!). Come se, insomma, nel 2005 prima ancora che nel 3000, non ci fosse ormai più spazio per le care vecchie favole. Come se i grandi classici della letteratura non avessero più nulla da raccontare, almeno senza il sostegno della fatiscente quanto onnipresente tecnologia.