Il fatto che James Gunn non voglia né decostruire né rinunciare alla vera essenza di Superman è deducibile prima di tutto dall'ingombrante presenza dei mutandoni rossi. È un alieno e i boxer li mette sopra, al contrario dei terrestri. Quella è la sua vera identità, o per meglio dire - più correttamente - la sua vera origine. È Kryptoniano, viene da un altro pianeta, ha usi e costumi che lo aiutano a connettersi con la parte natale di lui, quella che non ha mai conosciuto e di cui ha solo avuto esperienza indiretta e frammentata.

In sostanza, è quello che diceva David Carradine in Kill Bill: "Superman non diventa Superman. Superman è nato Superman. Quando si sveglia la mattina è Superman. Il suo alter ego è Clark Kent". Lì però la scrittura di Tarantino metteva in bocca al villain - cosa importante da sottolineare - una battuta pungente che estremizzava il discorso: "Clark Kent è come Superman ci vede. Deboli. È la critica di Superman all'intera razza umana". Che se ci pensiamo bene è un po' il punto di vista adottato da Lex Luthor, come crede che Superman ci consideri (e in realtà come lui si sente davanti a Superman): stupidi, deboli, inferiori. Bisognosi di aiuto. Ma è davvero così?
Superman, woke da sempre
Quello che non viene considerato troppo spesso è che Superman, pur essendo alieno, è stato cresciuto come umano prima ancora di scoprire la sua vera natura, immerso nelle emozioni terrestri, in una fragilità a lui sconosciuta, in un turbinio di sensazioni estranee in effetti alla logica e alla temperanza kryptoniane. In questo senso viene fuori tutto il patriottismo di James Gunn, che mette in risalto quel melting pot tutto statunitense in senso positivo, lasciando spogliare Superman della sua cultura d'origine tanto quanto basta per farlo integrare al meglio in quella di destinazione. È l'alieno che diventa terrestre, non il terrestre che nasconde l'alieno. È una scelta di prospettiva.
C'è una scena nel film che racconta bene questa sovversione culturale della figura di Superman e che cita anche Star Trek II - L'ira di Khan. Quando Spock si sacrifica per il bene comune, isolato e morente, Kirk lo comprende e sceglie di stargli accanto, tendendogli la mano. Nel cinecomic, quando Superman viene imprigionato da Luthor perché considerando una minaccia, agendo sempre per il bene comune e con umanità, Luthor lo sfotte e gli tende la mano in segno di vittoria. L'alieno diventa umano e l'umano diventa alieno.

Pur con i mutandoni in vista, dunque, è quello che ha dentro a dare la misura dell'eroe, e Superman è sempre stato baluardo di giustizia, gentilezza, ottimismo, forza, resistenza. Gunn non rinuncia neanche a questo, modificando soltanto il fattore perfezione per sostituirlo con quello perfettibile, che non è apice ma tensione, è movimento verso qualcosa, è mutamento e trasformazione, crescita e miglioramento.
Non c'è nessuna decostruzione nel Superman di James Gunn. Semmai c'è una ricostruzione, una rivalutazione argomentata e corposa del DNA narrativo del supereroe per eccellenza; che non significa renderlo "woke", soprattutto perché "sveglio" lo è sempre stato: sono gli altri che dormivano, a quanto pare, specie in relazione a ciò che rende Superman davvero debole. Perché ad esempio una pietra verde capace di distruggere l'eroe più potente di tutti è accettata pacificamente, ma il fatto che debba sempre e comunque risolvere da solo la situazione, pur muovendosi in un mondo di super con le relative peculiarità e competenze, no. È come dire che l'individualismo è cosa buona e giusta e che gli altri non devono toccarci, le persone e le emozioni, ma le cose sì.
Il concetto di Superman

Nella visione di Gunn è invece questa la debolezza: l'Uomo Solo al di sopra degli altri, che in Superman è anzi ciò che crea problemi e che proviene, guarda un po', dal lato alieno del protagonista. Per questo nel film rinuncia scientemente a combattere da solo e accetta l'esistenza degli altri, del mutuo soccorso, dell'aiuto reciproco e della collaborazione. Perché quella è la vera forza. Ma poi il cinema di Gunn lo dice da sempre, tanto nei Guardiani della Galassia quanto in The Suicide Squad, ma persino in Super: credere negli altri ed esserci per gli altri è il più grande atto di forza di tutti. A meno che non la pensiate come Lex.
In quel caso, però, Superman non sembra proprio essere il vostro eroe. E non perché Gunn l'ha decostruito, rovinato, deflorato della sua essenza, ma perché Superman è un concetto revisionabile che va oltre i mutandoni rossi e un paio di linee guida caratteriali, e il fatto che oggi rappresenti secondo lettura di Gunn il meglio dell'umanità in un mondo corroso dall'individualismo e dalla sete di opportunità, dove non si riesce a guardare quasi mai oltre se stessi, dà l'esatta misura di ciò che Superman è sempre stato nel profondo. E di ciò che siamo diventati noi oggi.