A New York nell'estate del 1969 si scriveva la storia: mentre tutti i riflettori del mondo erano puntati su Woodstock, contemporaneamente ad Harlem si svolgeva, per sei settimane, l'Harlem Cultural Festival, manifestazione di musica black in grado di radunare, al Mount Morris Park (oggi Marcus Garvey Park), alcuni dei più grandi nomi della storia della musica. Quell'evento straordinario è ora visibile grazie al documentario Summer of Soul.
B.B. King, Stevie Wonder, Nina Simone, The 5th Dimension: tutti riuniti di fronte a un pubblico di 300mila persone che rinunciò a seguire lo sbarco sulla Luna perché, per la comunità nera, questo evento era molto più importante. Tra le testimonianze di chi quell'estate c'era (c'è anche quella di Lin-Manuel Miranda, cresciuto con i racconti di quei giorni) il comune denominatore è la consapevolezza che lì, in quel momento, non si stava semplicemente facendo musica, ma scrivendo la storia. "È stata l'estate in cui siamo diventati liberi". "Non si parlava di musica: volevamo il progresso". "Il '69 è stato un anno cruciale: la parola negro è morta ed è nata la parola nero". Queste alcune delle voci mostrate nel film.
Le riprese dell'Harlem Cultural Festival del 1969 comprendono 40 ore di girato: materiale rimasto in uno scantinato per 50 anni, senza mai essere visto. In molti nemmeno sapevano che avesse mai avuto luogo. A renderlo noto al mondo oggi è Ahmir Khalib Thompson, in arte Questlove, batterista del gruppo The Roots. Presentato a gennaio al Sundance Film Festival 2021, il documentario è ora disponibile su Disney+ dal 30 luglio, nella sezione Star.
La video intervista a Questlove
Summer of Soul: il Sacro Graal della musica anni '60
Questo film è fantastico: è gioia pura, energia pura. Cosa hai pensato quando hai visto tutto quel materiale? Non è soltanto del girato bellissimo: è storia della musica. Cosa hai provato? È stato come trovare il Sacro Graal?
Quando ho visto per la prima volta il materiale di Summer of Soul e tutte quelle bobine, devo essere onesto, mi sono sentito travolto. Sono oltre 40 ore di filmati ed era anche la mia occasione di correggere la storia. Di raccontarla nel modo giusto. La prima cosa che ho fatto è stata passare 5 mesi con il materiale: l'ho visto in loop per 24 ore. Ce l'avevo in camera da letto, in cucina, in salotto, in bagno, nel mio studio, a lavoro, al Tonight Show, compresso sul cellulare. Ho visto costantemente il materiale per farlo entrare dentro di me. Se mi dava i brividi, se mi dava un'emozione, anche se stavo dormendo, mi svegliavo e prendevo un appunto: è importante. Ho lavorato così. Per 5 mesi ho continuato a visionare tutto e se qualcosa lo sentivo nello stomaco me lo segnavo. La parte più difficile è stata lasciarlo andare: il primo montaggio era di 3 ore e 21 minuti! Era tanto materiale.
Summer of Soul: a New York nel '69 si è scritta la storia
Nel film viene detto più volte che quel festival non era soltanto musica, ma si stava scrivendo la storia. Pensi che quel cambiamento sia avvenuto? O non ci siamo ancora?
Il vero cambiamento, la vera rivoluzione, è un processo lento: comincia con un'idea che si diffonde tra 5 persone, poi 500, poi 5 milioni e così via. Tutti noi, in tutto il mondo, non solo negli Stati Uniti, abbiamo avuto un blocco collettivo lo scorso anno, in cui molti di noi hanno dovuto riflettere molto sulle proprie vite, sulla nostra comunità, sul nostro sistema politico, su tutto. So che il mondo sta osservando gli Stati Uniti: c'è fermento politico, con il movimento Black Lives Matter. Siamo soltanto all'inizio della vera rivoluzione e del vero cambiamento. È sgradevole, ma è necessario. Se non lo affrontiamo, la storia si ripeterà e tra 30 anni qualcun altro sarà seduto qui a parlare degli stessi problemi e del perché dobbiamo correggerli e cercare di evitare che succedano ancora. Spero che questo film segni il cambiamento che impedirà alla storia di ripetersi.