Sul sentiero blu, la recensione: Il più grande spettacolo dopo il Big Bang sono loro

La recensione di Sul sentiero blu: il documentario di Gabriele Vacis nelle sale da lunedì 28 febbraio racconta il viaggio di un gruppo di ragazzi autistici lungo la via Francigena, duecento chilometri da percorrere a piedi fino a Roma.

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Sul sentiero Blu: una scena del film

"Noi autistici non ci arrenderemo mai". Lo dice, consapevole e orgogliosa, Elisa, una delle ragazze che rimangono più impresse alla fine di questa avventura, e ci piace iniziare così la recensione di Sul sentiero blu, il documentario di Gabriele Vacis prodotta Michele Fornasero per Indyca, al cinema da lunedì 28 febbraio con Wanted Cinema. È il racconto di un viaggio, un percorso che è fisico, molto fisico, ma anche interiore, di un gruppo di ragazzi autistici lungo la via Francigena, duecento chilometri da percorrere a piedi fino a Roma, a Città del Vaticano. Sul sentiero blu è un film semplice, interessante, molto "caldo", per come emana calore umano, e soprattutto molto onesto, come lo sono i ragazzi che racconta.

Duecento chilometri in nove giorni

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Sul sentiero Blu: una sequenza del film

Duecento chilometri, a piedi, in nove giorni. Sono quasi venti chilometri al giorno, al caldo, sotto il sole, spesso anche in salita. I ragazzi spesso a fine giornata sono stremati, spesso hanno dei momenti di sconforto lungo il cammino. Ma questo cammino è quello che serve loro. Per staccarsi dalla routine quotidiana, per staccarsi per un po' dalla loro famiglia (per molti è la prima volta) e per imparare quelle regole che consentono loro di vivere un po' meglio nel mondo. Alla fine del percorso, a Roma, incontreranno anche Papa Francesco.

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Le buone notizie non fanno notizia?

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Sul sentiero Blu: un'immagine del film

Nel mondo del sociale si fa notare spesso che si fa fatica a far uscire sui media il grande lavoro di tante realtà e persone del Terzo Settore, che temi e attività non riescano a far notizia. Perché si tratta di persone e associazioni che fanno del bene, e le buone notizie, si dice, non fanno notizia. Perché certe istanze, sui media ci finiscono solo quando c'è qualche fatto eclatante, qualche tragedia e così via. Di certe cose, insomma, si finisce per non parlare mai, e allora ben venga un film come questo che faccia parlare di autismo, e racconti una bella storia.

Che cos'è il social skill traiing

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Sul sentiero Blu: una foto del film

Sul sentiero blu è un film importante, perché è importante prima di tutto il lavoro del professor Roberto Keller e della sua equipe. Ai ragazzi viene fatto fare un allenamento fisico, ma anche un altro allenamento, che forse è ancora più importante. È il social skill training, una serie di lezioni sulle abilità sociali. Imparare a salutare, e a farlo in modo diverso a seconda delle occasioni, imparare a controllare la propria rabbia nel momento in cui ci si rivolge agli altri. Spiegare loro, che prendono tutto alla lettera, le espressioni figurate come "avere la testa fra le nuvole". Perché, come ci spiegano i responsabili del progetto, il mondo ha le sue regole, e se non le rispetti vivi male, vieni considerato strano, diverso dagli altri.

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I ragazzi e l'amore

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Locandina di Sul sentiero blu

Ma Sul sentiero blu non è solo questo. Perché, in quel cammino che la troupe ha cercato di raccontare nel modo più completo e integrale possibile, cercando di rimanere il più invisibile e il meno invasiva possibile, c'è anche il racconto dei sentimenti. Dei sentimenti che sono delicati - e in modo delicato vengono raccontati - a metà strada tra quelli di un bambino e quelli di un adulto. C'è quel ragazzo che ci confessa che vuole giocare con una ragazza del gruppo, ma che lei lo manda via, ha bisogno di stare da sola. Poi li vedremo vicini, ma non troppo. Lui che si avvicina timidamente. Lei che, si diverte mentre il vento le muove i capelli. Ci sono anche dei momenti di poesia in tutto questo. "Non mi hanno lasciato nemmeno una ragazza, tutte occupate" è una delle battute più belle, detta da un altro dei ragazzi. Che poi, autistici o non, prima o poi ci siamo sentiti tutti così.

L'autismo non è Rain Man

Una sequenza tratta da The Special Need
Una sequenza tratta da The Special Need

L'autismo al cinema è già arrivato. Ma le prime volte che lo abbiamo visto è stato attraverso la luce di Hollywood. Che ovviamente ce lo ha mostrato in modo molto spettacolare: pensiamo a Rain man - l'uomo della pioggia e al talento di Dustin Hoffman. Tutto eccezionale, per carità, ma anche fuorviante, per come dipinge la persona autistica, vista come un genio, o un eroe. O, a volte, come in Adam, un altro bel film, come persone romantiche e molto sensibili. A volte è così, ma i ragazzi autistici sono soprattutto dei ragazzi normali, ma che, come spiegava nel suo libro Franco Antonello, spesso sono come delle macchine che non rispondono ai comandi, a cui trasmetti una cosa e ne fanno un'altra. E così servono dei film che riportino tutto alla realtà delle cose, come Sul sentiero blu e come il bellissimo The Special Need, di Carlo Zoratti, che racconta la vita di Enea, un trentenne alle prese con il desiderio di fare l'amore.

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Papa Francesco sui titoli di coda

L'arrivo a Roma dei ragazzi, il momento in cui, a un certo punto, si staglia la figura del Cupolone, è emozionante. Così come l'incontro con Papa Francesco, la guest star di questo film (che ricorda loro una cosa molto importante, mai perdere il senso dell'umorismo), che però viene montato subito dopo la fine del film, sui titoli di coda (ormai sappiamo quanto sono importanti le scene post credits e mid credits...) quasi a non voler togliere spazio e attenzione ai veri protagonisti del film, che sono i ragazzi. Li abbiamo visti danzare attorno al fuoco come in antichi riti propiziatori pagani, li abbiamo visti camminare cantando una tipica feel good song, una canzone che fa stare bene. E, nel sentirli dire "il più grande spettacolo dopo il Big Bang siamo noi" sembra di leggere un nuovo significato alla canzone, un piccolo grande orgoglio nel dire "ce l'abbiamo fatta", "siamo spettacolari". È il modo giusto di raccontare questi ragazzi, speciali ma normali, far vedere che sono in grado di fare le cose che fanno tutti. Sì, sono stati bravissimi. Stavolta il più grande spettacolo dopo il Big Bang sono loro.

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