Torino ci regala un'apertura militante con la pellicola inglese Suffragette. Precedute da un sentito omaggio alle vittime degli attacchi terroristici di Parigi, la cui ombra pesa inevitabilmente sul festival, la regista Sarah Gavron e la sceneggiatrice Abi Morgan sono salite sul palco del Lingotto per presentare una pellicola che vanta tanti record. E' la prima volta che la storia delle suffragette arriva al cinema, ma anche la prima volta che Meryl Streep accetta di partecipare a un film in un ruolo così piccolo; prima volta che a una troupe cinematografica viene permesso di entrare nel Parlamento inglese, ma soprattutto è la prima volta che un film viene realizzato da un team di donne così nutrito davanti e dietro la macchina da presa.
Suffragette ha richiesto sei anni tra preparazione e lavorazione. Un film che è un tributo alle donne che hanno lottato per permettere a tutte noi di esercitare il proprio diritto di voto e per vedere riconosciuti i propri diritti come individuo. Il film fa una scelta di campo ben precisa, evitando di mettere al centro dell'attenzione le guide del movimento e le figure storiche più famose per concentrarsi su un personaggio fictional come Maude Watts (Carey Mulligan), una donna della working class povera e senza istruzione. Nell'incontro torinese Sarah Gavron spiega la ragione di tale decisione: "Se avessi scelto di raccontare la storia di Emmeline Pankhurst mi sarei concentrata su una vicenza eccezionale, su un personaggio di importanza storica fondamentale, ma la cosa che ci premeva di più era creare un legame col mondo contemporaneo. Così abbiamo deciso di concentrarci sull'ingresso nel movimento per i diritti di donne lavoratrici, che dovevano affrontare tutti i problemi del quotidiano come portare a casa un salario, crescere figli, mandare avanti una casa e affrontare i mariti. In questo modo nel film sono presenti molti punti di contatto tra passato e presente. La disparità salariale, il problema della custodia dei figli, l'indipendenza della donna nella famiglia sono problemi attuali ancora oggi".
Una lotta che dura ancora oggi
Abi Morgan ha già collaborato con Sarah Gavron firmando lo script del suo esordio alla regia, Brick Lane, pellicola incentrata su una donna mussulmana nella comunità londinese, ma suoi sono anche il doloroso Shame di Steve McQueen e The Iron Lady, ritratto della Lady di Ferro Margaret Thatcher. Commentando il suo lavoro per Suffragette, la scrittrice afferma: "Ho già scritto biopic in passato, ma stavolta la sfida era raccontare la vita di una persona normale contestualizzandola in un'epoca storica. I primi cinquant'anni del movimento femminista inglese erano stati connotati da proteste pacifiche, ma noi abbiamo deciso di concentrarci sui sedici mesi centrali della lotta, introducendo il personaggio di finzione di Maude che rappresenta tutte le donne che sono passate all'azione, mettendo a repentaglio famiglia e lavoro per abbracciare la lotta. Questa storia non era mai stata raccontata al cinema e noi abbiamo deciso di essere le prime, ma nel farlo ci siamo chieste che cosa era importante. La cosa fondamentale, per noi, era fare un film sulle donne che non hanno voce, lasciando che per una volta fossero loro a parlare". Suffragette si concentra più sulla presa di coscienza e sull'impegno nella lotta politica dei singoli personaggi che sul loro vissuto personale. Anche questa è una scelta di campo ben precisa della Morgan che "ci aiuta a identificarci nei soprusi vissuti dai personaggi in passato e non solo. Pensiamo alla frequenza degli stupri in India o alle violenze di Boco Haram. Nel mondo è pieno di donne i cui diritti non sono riconosciuti e noi vogliamo che fossero al centro dell'attenzione. La mia vena hollywoodiana mi avrebbe spinto a parlare della sorte toccata al figlio di Maude, ma per l'economia del film è stato più incisivo chiudere con i titoli di coda in cui vengono mostrate le date del riconoscimento del diritto di voto nei vari paesi del mondo".
Mai più senza diritto di voto
Il cinema può incidere positivamente sulla realtà? Il dibattito tra i cineasti sul temma in questione è acceso, ma per Sarah Gavron il suo Suffragette sembra avere già sortito un effetto positivo. Come spiega la regista: "Uno dei problemi che pesano sulla Gran Brantegna è l'astensionismo giovanile. La quota degli under trenta che non esercitano il diritto di voto è altissima, ma dopo l'uscita del mio film, un sacco di ragazze mi hanno detto che non avrebbero mai più rinunciato al voto. E poi abbiamo ottenuto una vittoria per noi fondamentale: la nostra è la prima produzione che ha avuto accesso alla House of Parliament per firmare le scene di una protesta femminile. Come ci siamo riuscite? Insistendo giorno dopo, proprio come le Suffragette". La Gavron e Abi Morgan non dimenticano, però, che per tutti i risultati raggiunti, nel mondo vi sono ancora tante donne che non godono dei diritti civili. E anche nei paesi più evoluti, la rappresentanza politica femminile ha ancora percentuali troppo basse. "Questo è un dibattito che deve avvenire all'interno di ogni paese perché ogni nazione ha una percentuale diversa di quote rosa" commenta Abi Morgan. "Credo che questa percentuale possa aumentare solo attraverso una discriminazione positiva. L'obietto è arrivare al 50%, ma per riuscirci dobbiamo avere un un atteggiamento radicale, proprio come le Suffragette di un tempo. Dobbiamo conquistare più spazio sui giornali, ma il primo presupposto è avere una complicità tra donne. Noi siamo in una posizione privilegiata perché abbiamo la possibilità di raccontare storie che siano di ispirazione. L'importante è trovare la propria voce e farsi sentire".