Un pallone. Un dado. Il primo episodio di Stranger Things 4 proponeva un parallelo tra questi due oggetti, tra queste due armi, per sottolinearne differenze e ambiti. Il primo lo usava un Lucas contaminato dal lato oscuro della popolarità, il secondo i ragazzi dell'Hellfire Club nella loro sfida a Vecna. Il pallone è un'arma convenzionale, protagonista di una scena che abbiamo visto spesso al cinema e in tv, lanciato al rallentatore verso il canestro, suo bersaglio d'elezione. Il dado a venti facce è fuori dal comune, almeno nel contesto cinematografico o televisivo, sdoganato proprio dai Duffer Brothers nel mettere in scena una delle attività più amate dai protagonisti della serie Netflix: il gioco di ruolo e, nello specifico, Dungeons & Dragons.
L'origine dei mostri
Se l'immaginario generale di Stranger Things attinge agli anni '80, è evidente sin dalla prima stagione che per quanto riguarda i mostri e la loro mitologia il riferimento imperante è il popolare gioco di ruolo, lanciato nel decennio precedente, ma di popolarità crescente negli anni in cui la serie è ambientata. Veniva infatti da Dungeons & Dragons il Demogorgone che abbiamo imparato a conoscere nella prima stagione, un potente signore dei demoni considerato tra i migliori (o peggiori, dipende dai punti di vista) cattivi del mondo del gioco. Allo stesso modo è una razza iconica del gioco di ruolo quella dei Mind Flayer che arrivano nella stagione successiva e non è diversa l'ispirazione per Vecna, l'avversario di Stranger Things 4, un potente mago divenuto lich proveniente dall'ambientazione chiamata Greyhawk.
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Lo scudo dell'immaginazione
Oltre ad ammiccare agli appassionati del Dungeons & Dragons, che non sono pochi e comprendono anche chi scrive, la motivazione di questa scelta ha anche un importante valore narrativo: è il modo in cui i ragazzi di Stranger Things riescono a fare i conti con le minacce più grandi di loro che si trovano ad affrontare, relegandole al dominio dell'immaginazione in cui sono abituati a operare e affrontarle. Uno scatto mentale diverso, ma assimilabile a quello che porta i protagonisti di It a non dare un nome all'entità che li minaccia, o in qualche modo all'indicazione di non nominare Voldemort, il villain del mondo di Harry Potter. Demogorgone, Mind Flayer, Vecna sono le etichette di fantasia che permettono a Mike, Dustin, Lucas, Will e Undici di venire a patti con la situazione. E affrontarla.
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La forza della fantasia
Se però l'arma d'elezione per combattere contro i mostri di Dungeons & Dragons è il dado (o i dadi, di vari tipi e in numero variabile a seconda delle esigenze), le cose cambiano nella realtà e si deve far ricorso a ben altre risorse. Fisiche, ma soprattutto mentali. La stessa immaginazione che i ragazzi esercitano nelle appassionate sessioni di gioco si rivela un importante alleato anche quando lo scontro diventa reale. Se in prima battuta l'uso della mitologia del gioco per identificare i mostri è solo uno scudo, un filtro, in seconda istanza ha anche un ulteriore e prezioso valore: permette ai ragazzi di traslare lo scontro in un campo di battaglia che ben conoscono e in cui sono in grado di operare. Una iniziale passiva autodifesa diventa quindi la via per portare avanti l'offensiva, invitando i mostri nel proprio territorio mentale. Nel mondo della propria fantasia. Dove si è più forti.