Lo Scambio: thriller delle apparenze nella Palermo degli anni '90

Presentato in concorso al Torino Film Festival, Lo Scambio, diretto da Salvo Cuccia, al debutto con il primo lungometraggio di finzione, racconta una storia a metà tra verità e finzione ispirandosi a fatti realmente accaduti.

Il cinema ha sempre attinto al reale per raccontare le sue storie. Uno strumento di conoscenza distorto dalla finzione filmica che per sua stessa natura, taglia, aggiunge, inventa o adatta la narrazione per trovare chiavi di lettura sempre diverse, nuove. Una realtà marcia quanto radicata come la mafia, poi, ha trovato nella settima arte un mezzo per venir rappresentata, tra episodi veri o inventati ma tristemente plausibili, nel buio di una sala cinematografica. Basti pensare alla trilogia de Il padrino o Gli intoccabili per guardare oltreoceano o al cinema nostrano con Lucky Luciano, I cento passi, La mafia uccide solo d'estate fino al recentissimo Era d'estate di Fiorella Infascelli. Tutte pellicole che raccontando personaggi o eventi legati all'organizzazione criminale cancro dello Stivale e tentacolarmente diffusa in buona parte del mondo e combattuta da uomini che spesso hanno pagato un prezzo altissimo per cercare di fermare la sua dilagante avanzata.

Lo scambio: Filippo Luna in una scena del flim
Lo scambio: Filippo Luna in una scena del flim

Salvo Cuccia, al debutto con il primo lungometraggio di finzione, con Lo scambio, decide di raccontare anche lui una pagina recente della storia mafiosa, utilizzando uno stile narrativo ricco di contaminazioni di genere. Nella Palermo del 1995, quella post attentati a Falcone e Borsellino, si muovono dei personaggi senza nome. Un commissario di polizia, sempre seguito dal fedele e giovane autista, e sua moglie, una donna perseguitata dal tarlo dei figli mai avuti e ossessionata dalla sorte del piccolo Giuseppe Di Matteo, il figlio di un collaboratore di giustizia rapito dalla mafia e rimasto nelle mani dei sequestratori per due anni.

Lui sta fuori tutto il giorno per lavoro, rientrando a casa solo per i pasti, passando la giornata ad interrogare un giovane uomo, conoscente di due ragazzi uccisi proprio quella mattina. Lei vive da reclusa in una casa vuota e sinistra, infestata dalle assenze che accompagnano la sua esistenza. A gravitare attorno alla coppia, i fedelissimi dell'ispettore di polizia, uomini dall'aspetto ombroso. In questo contesto si muove un racconto, ispirato a fatti realmente accaduti, tutto giocato sul tema del doppio che darà vita ad un twist narrativo, nella seconda parte della pellicola, capace di ribaltare il senso del racconto, donandogli un nuovo significato.

Tanti (troppi) generi

Lo scambio: Barbara Tabita in una scena del flim
Lo scambio: Barbara Tabita in una scena del flim

Quello che poteva essere l'elemento a favore del film, il suo cercare una chiave inedita ed originale ad un tema così spesso sviscerato da letteratura, cinema e televisione, finisce per diventarne quello penalizzante. Lo Scambio, infatti, ostenta una sicurezza registica che spazia tra generi e stili differenti che si ritorce contro il film stesso. In un equilibrio instabile tra fiction e film di genere, tra dramma e thriller dalle sfumature oniriche troppa è la gamma degli stili messa in scena, creando una certa confusione visiva che mina nelle fondamenta l'intuizione narrativa di giocare costantemente con il tema del doppio e del riflesso, dove tutti i personaggi hanno un proprio doppione che aspetta solo di potersi svelare, dando vita a quello che è il momento più riuscito della sceneggiatura e che permette allo spettatore si riunire i vari indizi mostrati dal regista nel corso del film. Guardando Lo Scambio si ha come l'impressione di guardare tante realtà differenti, con sezioni che mostrano una capacità di messa in scena singolare contrapposte a parti poco convincenti.

Una regia (troppo) virtuosa

Lo scambio: Barbara Tabita e Filippo Luna (di spalle) in una scena del flim
Lo scambio: Barbara Tabita e Filippo Luna (di spalle) in una scena del flim

Salvo Cuccia, anche sceneggiatore del film insieme al magistrato Alfonso Sabella, Marco Alessi e Federica Cuccia, dopo una lunghissima carriera da documentarista e artista visivo, approda al lungometraggio di finzione con una regia ambiziosa che mostra, indubbiamente, la capacità indiscussa del regista di usare la macchina da presa per creare inquadrature inconsuete e singolari, ma che rischiano di rimanere tali dato che la pellicola sembra rimanere sospesa nelle intenzioni. Una regia fatta di lenti movimenti di macchina e lunghi silenzi che nella volontà registica servono per creare un'atmosfera o uno stato di suspance, in un ambientazione fredda, asettica che non lascia e non vuole lasciare spazio al coinvolgimento emotivo personaggi/spettatore, ma che nella realizzazione sfibrano il tessuto narrativo.

Lo scambio: Paolo Briguglia in una scena del flim
Lo scambio: Paolo Briguglia in una scena del flim

Movieplayer.it

2.0/5