Nella nostra primissima recensione di Star Trek: Discovery 2, due mesi fa, avevamo menzionato l'apparato filologico nell'introduzione del personaggio di Christopher Pike, interpretato in questa sede da Anson Mount ma mostrato su uno schermo dell'astronave con le fattezze fotografiche di Jeffrey Hunter, che prestò il corpo al primo capitano del franchise nel famigerato pilot che la NBC bocciò. Pilot che è stato nuovamente evocato al termine del settimo episodio, quando Michael Burnham ha scoperto che i vaneggiamenti di Spock erano in realtà delle coordinate: quelle di Talos IV, il pianeta dove ebbero luogo gli eventi del prototipo dello Star Trek classico. Ed è su quel pianeta che torniamo nell'ottavo capitolo della nuova stagione, di cui parleremo in questa recensione di Star Trek: Discovery 2x08, in quello che è a tutti gli effetti il sequel di un'avventura che persino i fan duri e puri dell'universo di Gene Roddenberry conoscono più come aneddoto nerd.
Un ritorno gratuito
La nostalgia ha ormai preso del tutto il sopravvento, impossessandosi quasi completamente dell'episodio senza che il passato sia rielaborato in modo inedito o interessante. Persino la tradizionale sequenza di riepilogo all'inizio della puntata abbandona la formula tradizionale, mostrando il font della prima serie di Star Trek e spezzoni di quel pilot a lungo rimasto invisibile e fantomatico. Torna Vinas (qui interpretata da Melissa George), la donna che forgiò un legame affettivo con Pike, legame che viene riesumato senza la minima goccia di pathos, essendo basato su interazioni pregresse tra un personaggio che solo negli ultimi anni ha avuto una presenza maggiore nel franchise e un altro che non appare sugli schermi da decenni e non rientra tra le figure imprescindibili del canone trekkiano. Siamo nuovamente su Talos IV, ma la motivazione non va oltre il nostalgico per quanto riguarda la scelta di quel pianeta specifico: Spock ha convinto Burnham a portarlo lì perché le doti telepatiche degli indigeni possono aiutarlo a recuperare le facoltà mentali (in crisi perché il contatto con l'Angelo Rosso gli fa vivere il tempo in maniera non lineare), ma per come vengono usati sarebbe stato possibile riciclare qualunque altra razza aliena con capacità simili o inventarne una ex novo, senza che questo cambiasse in modo drastico l'andamento drammaturgico dell'episodio.
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Di positivo c'è che, su Talos IV, Spock inizia a comportarsi in modo "normale", e possiamo quindi osservare Ethan Peck alle prese con un ruolo iconico che lui fa suo senza sfigurare quando nella mente dello spettatore riaffiora il ricordo di Leonard Nimoy. È uno Spock pragmatico, logico, ma dotato anche di un raffinato sarcasmo e di una certa arroganza, sintomo di quella natura ibrida che ha sempre reso affascinante il personaggio. E proprio il suo essere a metà tra umano e vulcaniano è al centro dell'elemento narrativo più frustrante dell'episodio, una rivelazione che arriva in anticipo rispetto a quanto avessi ipotizzato: cosa accadde tra Spock e la sorellastra per far sì che non si parlassero più? Ebbene, quando lei decise di lasciare Vulcano perché la sua presenza influiva in modo negativo sulla famiglia, lui volle accompagnarla, e per convincerlo a rimanere lei lo insultò, chiamandolo "mezzosangue". All'epoca i due erano bambini, e il logico Spock capì abbastanza in fretta che era solo uno stratagemma della sorella, il che porta a un interrogativo fondamentale: in base a quale logica sarebbe rimasto un motivo valido per non rivolgersi la parola per anni, portando anche ad attriti con i genitori? Le performance dei due (anzi, quattro) attori rendono la sequenza minimamente tollerabile, ma la debolezza di scrittura resta evidente.
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Un futuro da scongiurare
È marginalmente più interessante la parte ambientata sulla Discovery, anche se il tentativo di rendere Ash Tyler un personaggio importante continua a dare risultati scarsi. La resurrezione di Hugh Culber genera ancora momenti di autentica tensione drammatica, e quando le due storyline si incontrano, con l'equipaggio che ora è ufficialmente fuorilegge e braccato dalla Sezione 31, vengono poste le basi per sette episodi potenzialmente interessanti. A patto, ovviamente, che l'effetto nostalgia non si intrufoli nuovamente con prepotenza nel DNA dello show, cosa possibile dato che ora sappiamo che l'Angelo Rosso è un umano proveniente dal futuro (si accettano scommesse sulla sua vera identità), la cui missione è impedire la creazione di una linea temporale dove ogni forma di vita è annientata da un nemico misterioso (forse i Borg, come abbiamo già ipotizzato la scorsa settimana). E per portare a termine il suo compito, questo individuo misterioso ha già apportato una modifica sostanziale, salvando la vita di Burnham quando lei era una bambina. E tutt'a un tratto viene spontaneo pensare che questo episodio abbia suggerito come farà la serie, quando sarà il momento opportuno, a spiegare il motivo per cui non avevamo mai sentito parlare di Michael nelle serie passate/future...
Movieplayer.it
2.5/5