È nella fantastica cornice romana dell'Hotel Hassler che ha luogo la conferenza stampa per l'atteso ritorno nelle sale del pugile più famoso della storia del cinema: Rocky Balboa.
A far gli onori di casa è un Sylvester Stallone in splendida forma, un uomo che ha spesso dimostrato quanto nulla sia impossibile.
Perché è così che è fatto ed è di questo che parla il film.
Rocky Balboa incarna il mito di un uomo fedele, una brava persona pronta a sacrificarsi e a lottare per le cose in cui crede: un vero eroe metropolitano . Vuole mandare in qualche modo un messaggio alle nuove generazioni e dire che il mito, nonostante gli anni, resiste ancora?
Sylvester Stallone: La mia idea è che si impari solo attraverso un esempio e l'avere al proprio fianco una persona che possa guidarci nel corso del nostro cammino e che ci permetta di evitare determinati errori è qualcosa di veramente prezioso. In realtà, il film è stato scritto per la gente della mia età, ma nel corso degli anni mi sono accorto di quanto questo personaggio sia caro ai giovani ... cioè, sono loro a riempire le sale. Forse perché si identificano con lui, lo vedono come un modello da seguire, e l'idea che un giorno possano dire "Rocky è un uomo nobile" mi rende davvero felice.
C'è una scena, nel film, in cui Rocky, prima di quella battaglia che deciderà il corso della sua esistenza, va sulla tomba della moglie, Adriana, come a cercare la forza necessaria per affrontare una sfida così importante. Sembra quasi una citazione di un vecchio film di Ford con John Wayne, da molti considerato il vecchio eroe americano di frontiera. È invece lei l'eroe moderno?
Credo che la formula del successo di Ford sia da rintracciare nella sua incredibile semplicità ed è quello che ho cercato di fare anche io con questa pellicola. Volevo che Rocky figurasse come la persona semplice che è... è un eroe semplice quindi ho evitato tutte quelle cose che sarebbero risultate fuori luogo: nessun carrello, molta macchina a mano, niente gru e in generale nessuna inquadratura troppo complicata. Ho cercato di mantenere il film molto fedele alle personalità dei personaggi. L'incontro che c'è alla fine è una lotta con se stessi per andare avanti, scrollarsi di dosso il peso del passato e tornare a camminare a testa alta.
E John Wayne?
(risate) Lui è stato una delle prime persone che ho conosciuto quando sono arrivato ad Hollywood; sinceramente, avrei voluto seguire di più la sua carriera e mi piacerebbe moltissimo che la gente pensasse di me in questi termini.
Quanto è stato difficile ritrovare quella perfetta forma fisica che viene poi sfoggiata nel combattimento con Mason "The Line" Dixon (Antonio Tarver)?
Devo ammettere che è stato un allenamento molto duro e intenso ... sapete, sono leggermente invecchiato rispetto al primo Rocky, ora sono più anziano e più debole (risate) . In realtà ho seguito una preparazione differente rispetto al passato: non ho lavorato come un body builder, come ho fatto per i precedenti episodi, ma ho cercato di rendere il tutto più realistico, basandomi per lo più sul sollevamento pesi e la resistenza ... in fin dei conti Rocky ha 58 anni ed era impossibile presentarlo come quello di venti anni fa (risate) . Nel complesso è stata un'operazione molto lunga e difficile e nel corso della lavorazione molte persone si sono fatte anche realmente del male .
Quanto lo Stallone si sente Italiano?
Al 100%! È l'approccio che ho nei confronti della vita ad essere italiano : decisamente molto fisico, a volte artistico, non mi arrendo mai ... tutte qualità che ricollego a questa fantastica terra.
E quanto questo Rocky è Stallone?
Si avvicina molto, è molto biografico. Se vi è piaciuto è perché è vero ... il combattimento non è altro che un espediente per dimostrare quanto le persone, anche se vecchie, possano avere la forza di un giovane. Hanno ancora molte cose da dire.
Si è mai sentito coinvolto emotivamente durante la lavorazione del film?
Si, direi di si . Come ho già detto, si è trattato di un progetto molto autobiografico e c'è voluto davvero molto nel realizzarlo. La MGM non gradiva l'idea di un nuovo Rocky, ma, dopo alcuni avvicendamenti, un nuovo direttore artistico mi ha dato questa possibilità . Sarò sincero, avevo molta paura, ma sono convinto che la paura aiuti a concentrarsi e ad ottenere il meglio da se stessi. È un messaggio che ho cercato di trasmettere anche tramite il film e spero di esserci riuscito.
Cosa ne pensa degli ultimi boxe - movie alla Million Dollar Baby o Cinderella Man?
Davvero molto carini, solo che mancano di realismo ... in un film del genere bisogna farsi colpire sul serio! (risate)
Recentemente ha dichiarato di voler fare film più impegnati ed ha espresso il desiderio di voler lavorare con Scorsese...
Vorrei esser io a dirigerlo ! (risate) . Comunque è tutto vero, mi piacerebbe interpretare film dall'impatto più corale, un po' come è stato per Copland... film in cui si lavora molto sulla personalità, sull'introspezione e dove si scava a fondo nell'anima del personaggio . Non sono capace di fare solo cinema d'azione. Mi piace emozionare lo spettatore, portarlo a condividere un determinato tipo di esperienza, determinate emozioni ed atteggiamenti ed è per questo che nella pausa tra Rocky Balboa e il nuovo episodio di Rambo, con cui concluderò la serie, ho intenzione di dedicarmi ad un piccolo film, quasi indipendente.
È ancora appassionato di motori?
Moltissimo. Adoro la Formula1 ed avrei voluto che Driven fosse ambientato proprio in quel campionato.
Ha qualche Ferrari?
No, sono ancora troppo immaturo per quelle (risate).