È arrivata il 19 marzo su Sky Atlantic Speravo de morì prima, la serie TV scritta da Stefano Bises e diretta da Luca Ribuoli che racconta le ultime due stagioni di Francesco Totti alla Roma. A interpretare il Capitano e Ilary Blasi sono Pietro Castellitto e Greta Scarano: bravissimi. Non cercando la semplice somiglianza fisica o l'imitazione alla Tale e quale show, i due attori sono riusciti a trovare la vera essenza dei personaggi, donando allo spettatore uno, nessuno e centomila Totti e Ilary.
Divisa in sei episodi, la serie è un gioiello di scrittura: si sperimenta con generi, buttando in mezzo a una storia biografica anche elementi onirici alla David Lynch, come la scena dal ferramenta durante l'operazione del calciatore alla caviglia (che sembra uscita direttamente da I segreti di Twin Peaks), oppure quella in cui Totti, come Rocky, corre in tuta grigia sulle scale del Campidoglio. Un'immagine che è già cult. Abbiamo incontrato virtualmente i due attori e abbiamo chiesto a Pietro Castellitto come è stato girare proprio quel momento. I retroscena non sono magici come il risultato.
"È stata dura" ci ha detto, proseguendo: "Avevo la barba finta in faccia: tutta quella barba che avevo era finta, attaccata dal grande Alessandro Daga. Si chiama barba funzionata: c'è una colla e mi hanno messo in faccia ogni singolo pelo. Quindi avevo questa maschera di colla che tirava e mi faceva sudare la faccia. Poi quel giorno facevano 45 gradi, ma nella storia la scena era ambientata in autunno-inverno, quindi ero vestito con felpa e pantaloni lunghi. In più quelle scale lì il comune le concedeva soltanto all'alba, quindi mi sono svegliato alle tre e mezza. Stavo veramente fuori di testa: vedevo veramente i camosci alla fine! Ho avuto le visioni quel pomeriggio lì. Mi sono sdraiato sul divano e ho avuto veramente le visioni. Vedevo di tutto."
Speravo de morì prima, la recensione della serie su Francesco Totti: uno, nessuno e centomila Totti
La video intervista a Pietro Castellitto e Greta Scarano
Speravo di morì prima: la storia di un'ossessione
La storia raccontata in Speravo de morì prima è una lotta contro il tempo. E anche il racconto di un'ossessione: quando si confronta con l'Antonio Cassano interpretato da Gabriel Montesi Totti non capisce come si possa vivere senza pallone, senza la cosa che ha dato senso alla sua vita. Greta Scarano è più tranquilla rispetto all'ossessione per il suo lavoro: "Questo problema non me lo sono mai posto, perché faccio un mestiere che tendenzialmente dovrebbe garantirmi di poter lavorare fino a quando avrò cento anni. In teoria ci dovrebbero essere sempre ruoli. Però se mi dicessero da un momento all'altro, all'apice della mia evoluzione personale e anche sportiva, che devo smettere di fare la cosa che più amo al mondo, l'unica cosa che veramente mi appassiona e che mi ha definito anche io starei malissimo. Anche io sarei impazzita. Perché voglio dire, in quel momento Totti era un florido quarantenne al massimo della sua forza ed espressione calcistica, perché aveva una grande esperienza maturata negli anni."
Speravo de morì prima: Francesco Totti tra reazioni e (possibili) polemiche
Pietro Castellitto invece: "Nel caso di Totti è complicato: a quarant'anni sei giovane nella vita, ma nel calcio sei agli sgoccioli. Tutti gli sportivi vivono questa contraddizione: lo spirito è quello di un uomo che sente che può dominare ancora il mondo, mentre poi devi fare il conto con le statistiche, con griglie comparative che dicono che corri meno di un ventenne. Questo è un aspetto della serie: per la prima volta Totti deve fare i conti con qualcosa che ha sempre rinviato e che non sa gestire. Tutte le persone che gli stanno attorno, prima fra tutti Ilary, cercano di fornirgli gli strumenti per razionalizzare e affrontare quel momento. Per quanto mi riguarda invece ho varie ossessioni. Non ho l'ossessione della recitazione, assolutamente. Ho quella di creare dei personaggi, quando il contesto e la storia te lo consentono, come in questo caso. Ho quella della scrittura. Ne ho varie, che hanno come denominatore comune la voglia di essere libero più che di essere felice."