La principessa triste diventa una principessa ribelle in Spencer di Pablo Larrain. Lady Diana è stata ed è ancora oggi un'icona, un simbolo di eleganza e femminilità tanto da spingere l'arte e i media a omaggiarne la memoria in più occasioni. Ma quello di Pablo Larrain è un punto di vista inedito su Lady D visto che la fotografa nel momento in cui, in un weekend natalizio con la famiglia reale, mette a fuoco la gravità della crisi col marito Carlo tanto da maturare l'idea del divorzio.
Il cileno Larrain, protagonista di un incontro virtuale al BFI London Film Festival 2021 in cui ha ripercorso la sua ricca carriera, specifica perché non considera Spencer un biopic tradizionale: "Non ritengo di aver mai realizzato veri e propri biopic. Ho fatto film su persone realmente esistite. Nel caso di Spencer fin dall'inizio volevamo realizzare un film che somigliasse a una fiaba. Ci basiamo su elementi reali, ma la storia è fictional. Conosciamo molti dettagli della vita di Diana, ma al tempo stesso non sappiamo molto della Famiglia Reale. Quello che mi premeva era fare un film sulla maternità, ma anche su una donna che riscopre la propria identità. Questo è il motivo per cui ho scelto di intitolare il film Spencer, cognome di Diana."
Diana, la principessa di tutti
Dopo una prima fase dedicata a rileggere gli orrori della dittatura cilena attraverso un cinema politico senza compromessi, la carriera di Pablo Larrain ha imboccato una serie di svolte con l'approdo negli USA e poi la scelta di misurarsi con la serialità. Ma a dispetto delle apparenze, per Larrain Spencer è un progetto più personale di quanto si potrebbe immaginare: "Sono cresciuto all'insegna dell'icona di Diana perché mia madre e molte altre persone ne erano affascinate. Diana era nata ricca e nobile, eppure è sempre riuscita a risultare vera, vicina alla gente comune. Questo l'ha resa accessibile alla massa. Quando ho deciso di fare questo film mi sono chiesto cosa possedesse Diana di così speciale, come sia riuscita a creare un'empatia così forte pur essendo una donna riservata ed enigmatica".
Spencer: Kristen Stewart come Lady Diana insieme ai piccoli William e Harry (FOTO e VIDEO)
In Spencer, Pablo Larrain ha cercato di mostrare questo lato di Diana attraverso una drammaturgia che vede la Principessa del Galles estranea e distante dalla famiglia reale e vicina allo chef, figura realmente esistita, e alla sarta interpretata da Sally Hawkins. Anche la vera Diana si sentiva più vicina ai membri dello staff che alla famiglia reale, con loro si sentiva più vera, poteva essere se stessa. Diana amava il fast food e la musica pop, aveva gusti più simili alla Middle Class che ai nobili. "Sono sto fortunato a trovare Kristen Stewart, è stata così abile a restituire questa complessità nel film" ammette il regista. "Guardando gli attori che interpretano William ed Henry ho capito cosa sentivo in comune con loro, la presenza di una madre forte che li ha protetti permettendogli di diventare le persone che sono oggi. Diana è la principessa che ha abbandonato il castello affrontando il mondo".
Diana Spencer e Jackie Kennedy, icone a confronto
Nel corso della conversazione, Pablo Larrain paragona Spencer a un "dramma familiare, a un melodramma e a un film di fantasmi. Alcune cose accadono dentro Diana, provare a mostrare questi mood ci ha portato a superare il concetto di genere." Elemento essenziale, nel film, è la colonna sonora di Jonny Greenwood che "aiuta il film a elevarsi e a modificare le emozioni. Proprio come se Haydn e Charlie Mingus fondessero i loro talenti nel computer di Greenwood. Nei momenti in cui mostriamo la vita della Royal Family usiamo musica barocca, mentre il jazz, il free jazz, è legato alla persona di Diana, l'improvvisazione rappresenta lo spirito di libertà di Diana". Il regista spiega inoltre di aver girato Spencer in 16 e 35 mm con ampio uso della macchina a mano, "che intimidisce gli attori perché gli stava molto vicina", optando per una tavolozza di colori acquarello molto femminile, che sottolinea la femminilità e le fragilità della protagonista.
Spencer, la recensione: morte di una principessa, rinascita di una donna
Sorge spontaneo il paragone con Jackie, prima incursione di Pablo Larrain con una biografia incentrata sull'ex First Lady Jackie Kennedy. Pur avendo molti lati in comune - entrambi i film sono dedicati a due icone femminili del XX secolo, entrambe parte di famiglie importanti - per il regista le differenze tra Jackie e Spencer sono radicali: "Jackie ha un punto di vista più claustrofobico. Riconosco che entrambi i film mostrano l'ingerenza dei media da cui le due donne si devono difendere, ma Jackie è un film sul dolore e sulla memoria, è come un requiem, Spencer è un film su identità e maternità, è un film sulla libertà".
Da Alfredo Castro a Stephen King
Dopo aver scandagliato le conseguenze nefaste della dittatura di Pinochet sul Cile con pellicole crude, costellate di metafore potenti come Tony Manero e Post Mortem, Pablo Larrain è passato dal raccontare il dramma di outsider, di figure ai margini schiacciate dalla realtà oppressiva che li circonda a parlare di persone famose, al centro del potere e della storia, in Jackie, Neruda e Spencer. Scelta, questa, che ha portato il regista ad allontanarsi, ma solo momentaneamente dal suo attore feticcio, Alfredo Castro, che ha diretto in tre film: "Alfredo è stato mio insegnante, ho frequentato la sua scuola a Santiago, mi ha influenzato moltissimo. È in grado di interpretare con grande efficacia persone fragili, outsider, porta con sé una forma di mistero, è indescrivibile. Non è quello che mi ha detto, ma le domande che mi ha spinto a farmi che mi hanno permesso di capire tante cose di questo mestiere. Quello che cerco in un attore è quello che ho imparato da Alfredo, il livello di enigma. Voglio che quando il pubblico guardi un attore si chieda cosa gli stia succedendo dentro".
Performance di altissimo livello non sono mancate neppure con la sfida più recente di Pablo Larrain, l'adattamento del romanzo di Stephen King La storia di Lisey, interpretato da Julianne Moore e Clive Owen. La differenza principale tra cinema e tv, per Larrain, è la gestione dell'intensità: "Quando fai un film sai di avere la completa attenzione del pubblico, in sala nessuno telefona e le luci sono spente. Quando fai televisione sai che il pubblico potrebbe essere distratto da fattori esterni. Inoltre puoi dedicare ampio spazio a elementi che sai che in un film avrebbero un tempo ridotto. Stephen King ha fatto un fantastico lavoro di adattamento e abbiamo girato così a lungo che servivano moltissime informazioni. Il romanzo è denso e pieno di dettagli. Ma la differenza principale è l'intensità".