Da quando, nel 1995, ha collaborato allo script di Toy Story, Pete Docter è diventato uno dei nomi di riferimento nel campo dell'animazione. Nato a Bloomington, in Minnesota, cinquantadue anni appena compiuti, Docter ha esordito in qualità di regista nel 2001 con Monsters & Co., per poi realizzare due capolavori targati Pixar, Up e Inside Out, che gli sono valsi due premi Oscar. A Natale debutterà invece direttamente su Disney+ la sua nuova pellicola, Soul, presentata pochi giorni fa alla critica e accolta da recensioni entusiastiche.
Destinatario del premio alla carriera della Festa del Cinema di Roma 2020, Pete Docter non ha potuto intervenire di persona all'evento a causa dell'emergenza sanitaria, ma ha accettato il premio tramite Zoom subito dopo aver partecipato alla conferenza stampa dedicata a Soul. Collegati insieme a lui dagli Stati Uniti per parlare del film c'erano anche la produttrice Dana Murray e il co-sceneggiatore Kemp Powers (il drammaturgo autore di One Night in Miami), i quali si sono uniti a Docter per raccontarci alcuni aspetti legati a questo nuovo gioiello targato Disney Pixar.
Soul e il senso della vita
Come mai, per Soul, avete deciso di affrontare una tematica complessa quale il senso della vita?
Pete Docter: Vorrei ringraziarvi per questo invito, ci dispiace di non essere con voi per ovvi motivi, ma siamo felicissimi di essere stati invitati alla Festa del Cinema: vuol dire che i nostri non sono solo film per bambini, ma un mezzo espressivo con cui riusciamo a comunicare ed affrontare anche argomenti molto profondi. Nei film Pixar tutto è un po' addolcito, ma sotto l'aspetto divertente e leggero si parla di temi complessi, ed è qualcosa a cui teniamo molto.
Kemp Powers: Non siamo solo degli sceneggiatori, ma dei narratori. Noi non partiamo mai da quello che vogliono i bambini: la Pixar rispetta in maniera assoluta i bambini e pensa appunto a quanto i bambini siano sofisticati. Noi iniziamo a fare film pensando a noi stessi, auspicandoci poi che tutti possano apprezzarli.
Danna Murray: Avevo pensato che Inside Out fosse già abbastanza 'difficile', e Soul è ancora più ambizioso!
Come siete arrivati al contrasto fra New York e il mondo etereo delle anime?
Pete Docter: Avere contrasti fra elementi diversi è fondamentale: disegnare questo mondo etereo è stato difficile, ma abbiamo preso come riferimento il mondo reale per muoversi in direzione opposta. Il mondo etereo è morbido e vaporoso, proprio in opposizione al mondo reale, con le sue superfici e i suoi spigoli. Lo stesso contrasto riflette quello esistente tra la fisicità del corpo e la natura della nostra anima; pertanto il film ci ha permesso di esplorare chi siamo.
Quali sono state le fonte d'ispirazione per gli ambienti?
Pete Docter: Siamo partiti pensando all'antica Grecia e all'antica Roma, perché nell'Occidente le consideriamo il centro della nostra civiltà. Ma per parlare a tutto il mondo avevamo bisogno di qualcosa di più astratto, perciò abbiamo iniziato a studiare vari tipi di architetture del passato per ispirarci a diversi modelli.
A questo proposito, come scegliere le città in cui ambientare i vostri film?
Pete Docter: Non abbiamo una regola prestabilita, dipende ogni volta dal singolo progetto. Di solito si parte dal protagonista e si guarda al contesto, come si farebbe con qualsiasi set: cerchiamo la possibilità di rispecchiare negli ambienti il percorso del personaggio. Ma al computer non si tratta solo di prendere una cinepresa e girare in una città, bisogna curare ogni minimo aspetto. Nel caso di Soul la scelta era fra New Orleans e New York, le due capitali del jazz, ma dato che c'è già un film Disney ambientato a New Orleans alla fine abbiamo puntato su New York. Il nostro team ha colto nel segno, rendendo particolarmente vivide le immagini del Queens e di altri quartieri, e ha aggiunto un tocco di stile agli ambienti.
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Un film a tempo di jazz
Invece come avete lavorato sulle musiche del film?
Dana Murray: Non appena abbiamo scoperto che il protagonista, Joe, sarebbe stato un jazzista newyorkese, abbiamo iniziato a pensare a chi potesse essere le 'mani' di Joe e abbiamo trovato un pianista straordinario, Jon Batiste, che suona spesso anche in TV. Avevamo fatto qualcosa di analogo con Coco , ma senza mostrare nel dettaglio un musicista che eseguiva un brano. Per Soul invece abbiamo registrato le esecuzioni musicali di Batiste per poi restituire il girato agli animatori, in modo che il jazz potesse davvero dar vita al film.
Com'è nato il coinvolgimento di due compositori quali Trent Reznor e Atticus Ross per la colonna sonora?
Pete Docter: È stato proprio questo il punto: era una scelta così poco ovvia che ci ha portato a tentare qualcosa di diverso e uscire dalla nostra comfort zone, sia per noi della Pixar che per Trent e Atticus.
Kemp Powers: Quando Pete ha suggerito di ingaggiare Trent e Atticus mi ha affascinato: ho capito che questo film stava prendendo una direzione più cupa e adulta, e mi è piaciuta l'idea di esplorare sonorità diverse da quelle che si ascoltano di solito nei film Pixar. Pete ha voluto seguire il proprio istinto e aveva assolutamente ragione, soprattutto per caratterizzare questo mondo etereo, e anche Trent e Atticus hanno dovuto realizzare qualcosa di inconsueto: non hanno composto la musica a film completato, ma ci hanno offerto dei campioni musicali fin dall'inizio della lavorazione. Un po' come nel jazz, basato molto sull'improvvisazione.
C'è una storia in particolare da cui è nato Soul?
Pete Docter: Non lo so, forse da una crisi di mezza età. Io mi sono innamorato dell'animazione all'età di otto anni, è diventata un'ossessione, ma solo dopo Inside Out mi sono ritenuto pienamente soddisfatto del risultato ottenuto. Tutti ci ripetiamo di dover inseguire fino in fondo le nostre passioni; Soul dice che per certi versi è così, ma che la vita è anche più complessa. So che sembra assurdo trattare temi del genere in un film per famiglie, ma la Pixar ci offre la possibilità di farlo in maniera divertente.
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Alla ricerca della scintilla
C'è un momento specifico delle vostre vite in cui, come i personaggi del film, avete sentito di aver trovato la vostra 'scintilla'?
Pete Docter: Nel mio caso è stato un fumetto di Topolino in cui, oltre a leggere la storia, potevi scorrere le pagine e veder muovere il personaggio. Da bambino non ero molto bravo a disegnare, ma in compenso mi piaceva il movimento.
Kemp Powers: Non lo so, non riesco a trovare un singolo momento; probabilmente è stato quando, alle scuole medie, ci hanno incoraggiato a scrivere. Da bambino non sapevo di possedere delle qualità, ma gli insegnanti mi hanno detto che ero bravo a raccontare storie e mi hanno incoraggiato a scrivere e ad impegnarmi. Si tratta di un bell'incoraggiamento, soprattutto quando sei piccolo.
Dana Murray: Ci sono state tante cose nella mia vita che mi hanno fatto scattare la scintilla, dallo sci alla pallavolo.
Come riuscite a rendere così straordinari tanti personaggi secondari dei film Pixar?
Pete Docter: Nel caso del barbiere Dez, Kemp aveva preparato molti dettagli specifici, magari non fondamentali per la storia ma importanti per rendere più vero il personaggio.
Kemp Powers: Abbiamo creato delle storie personali anche per personaggi che compaiono a malapena e non pronunciano neppure una battuta. Il barbiere Dez, per esempio, ha dei tatuaggi sulle braccia, e quei tatuaggi tipici della marina militare sono stati un elemento importante: per gli afroamericani, far parte dell'esercito è un modo per affermarsi a livello sociale, e i tatuaggi del barbiere riflettevano appunto questo aspetto.
Un altro aspetto-chiave di Soul è quello legato a piccoli piaceri quotidiani, come ad esempio la pizza: come mai?
Kemp Powers: Perché la pizza è pazzesca! Mi ricordo ancora la mia prima fetta di pizza, ero piccolissimo ma ancora me la ricordo! A New York la pizza è il cibo che ci unisce tutti quanti, al di là della razza e di tutto il resto: se non ti piace la pizza, non sei un vero newyorkese!
Dana Murray: Abbiamo parlato dell'importanza di coinvolgere tutti i sensi dei personaggi, e abbiamo immaginato 22 come una teenager smaliziata che in realtà invece, non avendo capacità sensoriali, non ha vissuto veramente. Pertanto volevamo spingere il personaggio ad affrontare la vita, anche attraverso i sensi.
Kemp Powers: Ci piaceva l'idea che 22 non avesse mai trovato ispirazione dalle grandi figure storiche, perché quelle grandi figure storiche non le avevano mai parlato di elementi quotidiani quali, appunto, la pizza.
Abbiamo qualche speranza di vedere Soul al cinema?
Pete Docter: Dipende del tutto dall'emergenza globale, vogliamo che la gente sia al sicuro. Noi abbiamo ideato ogni elemento apposta per il grande schermo, e speriamo che qualcuno potrà vedere il film anche lì.
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