Recensione Una scomoda verità (2006)

Guggenheim racconta l'impegno dell'ex vicepresidente USA nell'ambito della ricerca sulla situazione drammatica del clima del nostro pianeta.

SOS Terra

Se la maggioranza della comunità scientifica avesse ragione in merito al surriscaldamento globale, nel giro di dieci anni la terra andrebbe incontro ad una serie di catastrofi ed accidenti climatici che ne cambierebbero radicalmente il volto. È questa la teoria su cui si basa il film/documentario Una scomoda verità, diretto da Davis Guggenheim, che uscirà nelle nostre sale il 19 gennaio prossimo. Protagonista della pellicola, oltre naturalmente ai dati scientifici che vengono snocciolati dall'inizio alla fine del documento, è l'ex candidato alla presidenza degli Stati Uniti nel 2000 Al Gore.

Dopo aver perso sul filo di lana, chiedete a tale proposito a Michael Moore e al suo Fahrenheit 9/11, la campagna presidenziale che portò all'elezione di Gorge W. Bush, l'ex vicepresidente degli Stati Uniti ha dedicato gran parte del suo tempo alla verifica degli allarmanti dati scientifici pronunciati dalla stragrande maggioranza degli scienziati in merito al surriscaldamento della temperatura terrestre. Vista l'importanza dell'argomento ed anche le controversie che un tema come questo ha sempre suscitato, sia all'interno della comunità scientifica, che dell'opinione pubblica, il regista ha alternato nel suo lavoro le immagini in cui Gore espone i dati scientifici a sostegno del suo punto di vista con quelle riguardanti la sua vita, il suo percorso politico e la sua persona. Perché se è vero che se si vuole sostenere qualcosa è importante avere dalla propria parte consistenti dati e prove scientifiche, è allo stesso modo vero che la valenza, la credibilità e l'appeal di colui che le sostiene possono giocare un ruolo ugualmente importante.

Certo è che le immagini del pianeta in cui vengono mostrati gli effetti che l'aumento della temperatura del globo sta producendo sono a dir poco impressionanti: il prosciugamento del lago Ciad in Africa, il progressivo inarrestabile scioglimento dei ghiacciai in Antartide, la scomparsa di numerose specie animali, il moltiplicarsi di tempeste, tifoni e cicloni, anche in zone ove normalmente non si abbattono. E ancora più allarmanti sono i grafici e le tabelle che vengono mostrate dall'ex Vicepresidente nel documentario.
La concentrazione di biossido di carbonio presente nell'atmosfera ha raggiunto livelli allarmanti, e le proiezioni per il futuro sono ancora più catastrofiche. Qualora non si riuscissero a mettere in atto delle misure correttive la catastrofe climatica sarebbe inevitabile. "Ci stiamo avvicinando ad un punto di non ritorno - dice Gore - e se non facciamo qualcosa e subito, il destino della Terra è segnato". La sua è un arringa appassionata che non risparmia nemmeno gli Stati Uniti ovvero la nazione "più inquinante" del mondo colpevole a suo, e non solo, giudizio, di non aver ratificato il protocollo di Kyoto.

Complessivamente il tono dell'intero lavoro è molto pessimista e catastrofico e, forse, l'enorme mole di dati che vengono presentati allo spettatore risultano a lungo andare appesantirne la visione, tuttavia, crediamo che l'intenzione degli autori fosse proprio questa: trasmettere un senso di angoscia e responsabilizzare le coscienze.
Il documentario si conclude con una serie di suggerimenti a proposito di azioni e comportamenti che ciascuno di noi può mettere in atto per aiutare il pianeta ad evitare la catastrofe; come dire, se ci diamo una mossa forse siamo ancora in tempo per correggere la situazione.