Tanto tempo fa, quando la Disney non aveva ancora comprato mezzo mondo dell'intrattenimento, la gestione dei personaggi appartenenti al pantheon della Marvel era molto diversa da quella che conosciamo. Tecnicamente, Marvel Studios, in primis, non esistevano. Comunque, da una parte c'era la 20Th Century Fox che, in base agli accordi presi con la Casa delle Idee, poteva gestire personaggi di enorme richiamo come gli X-Men, i Fantastici 4, Daredevil, Elektra. Poi c'era chi, come la Sony, aveva in mano quello che, anche più dei mutanti poc'anzi menzionati, era ed è tutt'ora il supereroe Marvel più popolare e amato: Spider-Man. E non solo: oltre a Peter Parker e il suo alter-ego, poteva fare "quello che voleva" anche con quei personaggi che gravitavano intorno al mondo dell'amichevole Uomo Ragno di quartiere.
Ora la 20Th Century Fox non esiste più, la major è stata acquisita dalla Casa di Topolino che ha ripreso pieno possesso di quei personaggi fumettistici che prima non poteva sfruttare nelle pellicole dell'MCU. La Sony, dal canto suo, ha ancora il pieno possesso (o quasi) di Spider-Man con tutti gli annessi e connessi, ma dopo l'operazione non riuscita dei due The Amazing Spider-Man ha capito che è meglio unire le forze con il team di Kevin Feige permettendo a Peter Parker di prosperare nell'Universo Cinematografico della Marvel.
Tuttavia, lo studio di Culver City non ha mai smesso di capitalizzare sui personaggi della celeberrima casa editrice che può ancora sfruttare sul grande schermo dando ufficiosamente vita a un Universo Marvel parallelo che, dopo il prevedibilmente fallimentare exploit di Kraven, molti danno per morto. Anche se, in realtà, non è davvero così.
Un de profundis troppo prematuro per il Sony Spider-Man Universe
Quando un blockbuster costato 130 milioni di dollari (P&A esclusa) ne incassa solo 26 in tutto il mondo nel primo fine settimana di presenza nelle sale, non c'è bisogno di particolari doti analitiche per affermare una cosa lapalissiana: a livello theatrical è un flop. Stiamo parlando, chiaramente, di Kraven - il cacciatore, il cinecomic di J. C. Chandor con Aaron Taylor-Johnson, che ha seguito le orme di altri "scult movie" Sony come Morbius con Jared Leto e Madame Web con Dakota Johnson.
Cinecomic che hanno tutti un denominatore comune: Avi Arad. Il produttore israeliano naturalizzato statunitense ha a che fare con la Marvel da decenni. È stato amministratore delegato della divisione giocattoli della casa editrice a inizio anni novanta, in seguito dal 1993 al 2006 ha lavorato come presidente, direttore di produzione e amministratore delegato di quella Marvel Entertainment al tempo conosciuta come Marvel Enterprises. Ora lavora con Sony da esterno con la sua Avi Arad Productions, ma non ha mai smesso di produrre film basati su quel mondo.
Onestamente, bisogna ammettere che per una serie di eventi (non sappiamo se fortuiti o meno), il suo nome è collegato ad alcuni cinecomic riusciti e amati come gli Spider-Man di Raimi, gli X-Men di Bryan Singer, il primo Iron-Man, i recenti lungometraggi animati dell'Uomo Ragno sullo Spider-Verse che hanno messo d'accordo tutti, critica, pubblico e Academy.
Ma quello di Avi Arad è comunque il nome che resterà per sempre legato al naufragio della collaborazione fra la Sony e Sam Raimi, ai due Fantastici 4 di Tim Story e ai tonfi citati qualche riga più su. Caso a parte: la trilogia di Venom con Tom Hardy. Film unanimemente riconosciuti come pessimi che, per qualche imperscrutabile ragione, hanno incontrato i favori del pubblico, sia quello che ha fatto la fila alle case dei cinema che quello delle piattaforme streaming. Ecco, nonostante tutti questi cortocircuiti così tipicamente Made in Hollywood, è del tutto prematuro affermare che il Sony Spider-Man Universe sia spacciato.
Un panorama mutato
Senza scendere troppo nei dettagli per evitare di divagare, si può affermare senza temere di cadere in errore che, oggigiorno, i cinecomic restano un filone molto popolare che, per più ragioni differenti e concomitanti, ha perso perso un po' della sua incisività e centralità. L'arrivo di un cinefumetto in sala non viene più percepito automaticamente come un evento e gli incassi stratosferici non sono una cosa scontata. Per questo, prescindendo anche dal fatto che un Sony Marvel Universe prettamente inteso e definito non è mai davvero esistito, è chiaro che con progetti come Morbius, Madame Web e Kraven l'effetto "Guardiani della Galassia" era un miraggio. Non è un caso che la Trilogia di Venom con Tom Hardy, nonostante una fattura del tutto in linea con quella delle altre pellicole chiamate in causa, sia accolta con un differente mood dagli spettatori paganti.
Un po' per la presenza di una star amata come Hardy, un po' per la popolarità dell'antieroe alieno al centro delle vicende, i tre film sono andati decisamente bene. Il primo ha incassato 856 milioni nel 2018, il secondo, uscito in piena pandemia, 506 e il terzo, che è stato dipinto da mezzo mondo come una debacle, ha generato un giro d'affari da 475 milioni. Considerato che è costato 120 milioni, poco più di un terzo di Avengers: Endgame, capirete che a livello di moltiplicatore le cose sono andate benone. E c'è di più: tenendo conto del dato internazionale, The Last Dance ha incassato quasi 40 milioni più di La furia di Carnage.
Basterebbe già questa agile considerazione a rendere meno fosco e tetro il destino di un universo cinematografico che, a conti fatti, neanche esiste. Un po' per la comodità del Multiverso che permette a differenti piani narrativi di coesistere, un po' perché malgrado gli indizi piazzati qua e là, la Sony non ha mai davvero ragionato organicamente sulla cosa, i vari cinecomic che ha prodotto sono sempre stati visti come racconti a parte. Racconti a parte che poi, pur a fronte di pessime performance al box-office, finiscono per diventare delle hit in streaming.
Il ragno nella manica
C'è poi il fattore Spider-Man. Che è, proverbialmente, croce e delizia. Croce perché con i tre film di Jon Watts interpretati da Tom Holland (che si aggiungono a quelli corali tipo Captain America: Civil War e i due Avengers dei fratelli Russo) sì è avuto prova che tutto funziona a dovere fino a che si lavora nell'ambito del Marvel Cinematic Universe e forse lì ha senso vederlo restare (al netto di contaminazioni suggerite e mai del tutto attuate).
Delizia perché, in linea teorica, dopo la prova avuta con No Way Home nulla vieta alla Sony di cavalcare l'onda della nostalgia e di produrre un nuovo lungometraggio con Tobey Maguire o Andrew Garfield. O con un Peter Parker interpretato da un qualche altro attore che non risponde al nome di Tom Holland.
O di proseguire con delle produzioni animate rivoluzionarie come quelle della Trilogia di Spider-Verse che si chiuderà, chissà quando, con il rimandatissimo Beyond the Spider-Verse. E se fossimo stati di fronte a una mjaor intenzionata a chiudere un determinato capitolo, non avremmo assistito neanche alla lavorazione della serie TV per Prime Video dedicata allo Spider-Man Noir con Nicolas Cage. Insomma fra cinecomic non troppo costosi che floppano e poi hanno una seconda vita in streaming, altri che costano poco e incassano bene, cartoni animati di Spider-Man che tracciano una nuova via nel mondo del cinema d'animazione incassando evincendo Oscar senza dimenticare le serie TV, non pare proprio che la Sony abbia intenzione di chiudere il discorso Marvel.