Sono tornato: la rimozione dell'imperdonabile

Rifacimento della commedia tedesca Lui è tornato, in cui il redivivo era Adolf Hitler, il film di Miniero prova a far ridere chiedendoci anche di riflettere sul clima politico del nostro paese e sul suo rapporto con la figura del Duce. Impresa ardua che andava forse affrontata con un po' più di coraggio - e veleno - in fase di scrittura.

Ci vuole una certa ginnastica mentale, sapete, per passare dal Giorno della memoria, celebrato lo scorso 27 gennaio, e dall'emozione purissima di un'esperienza come quella di vedere l'intervista di Enrico Mentana a Liliana Segre, l'ultima testimone degli ebrei italiani sopravvissuti alla soluzione finale, attraversare le quotidiane frustrazioni legate alla tragica campagna elettorale che ci sta portando alla consultazione politica del 4 marzo, e approdare alla visione di un film come Sono tornato, in cui ci troviamo a vedere lo stesso direttore di La 7 intervistare un Benito Mussolini con le fattezza di Massimo Popolizio.

Sono tornato: Frank Matano e Massimo Popolizio in una scena
Sono tornato: Frank Matano e Massimo Popolizio in una scena

Ma l'esercizio mentale - e soprattutto lo sforzo di mettere in discussione le proprie convinzioni per provare a capire gli altri e i loro ragionamenti - è un impegno oltremodo utile, ed è anche uno dei servizi migliori che questo film di Luca Miniero - rifacimento della commedia caustica di David Wnendt Lui è tornato, in cui il redivivo era Adolf Hitler - possa rendere allo spettatore.

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Il mito immarcescibile dell'uomo forte

Sono tornato: Massimo Popolizio, Eleonora Belcamino e Frank Matano in una scena del film
Sono tornato: Massimo Popolizio, Eleonora Belcamino e Frank Matano in una scena del film

Il film di Wnendt, uscito tre anni fa, prendeva il polso di una Germania nuovamente attraversata da pericolose correnti nazionaliste, con il Führer misteriosamente riapparso pronto ad approfittarne per ritentare la conquista del mondo a partire da Berlino. Miniero e il suo co-sceneggiatore Nicola Guaglianone fanno qualcosa di molto simile, raccontando l'apparizione di un Benito Mussolini scosso e confuso nel bel mezzo del multietnico quartiere romano dell'Esquilino. Dopo l'iniziale spaesamento, tra abissini e pederasti a piede libero, il duce ci mette poco a capire che l'Italia, così diversa in superficie, è in realtà lo stesso paese di ottant'anni prima, popolato da gente debole, ignorante e presuntuosa che può essere conquistata dalla leadership di un uomo mediocre e arrogante che sa fare appello alla loro mediocrità e alla loro arroganza.

Sono tornato: Frank Matano e Massimo Popolizio in una scena
Sono tornato: Frank Matano e Massimo Popolizio in una scena

Massimo Popolizio affronta con grande mestiere l'impresa di incarnare questo solidissimo fantasma, mantenendo una sottile dignità anche nei momenti più farseschi del film. Sono tornato, infatti, non punta alla decostruzione parodica della figura di Mussolini, anzi, si sforza di non giudicarlo e di non renderlo una facile macchietta, affinché il cambio di tono della seconda parte della pellicola, quella in cui quello che è stato ritenuto da tutti un eccezionale ed esilarante imitatore si rivela per ciò che è in realtà, risulti agevole ed efficace. Così ci rivediamo un po' nei panni di Andrea Canaletti, il personaggio interpretato da Frank Matano, che inizialmente si convince che l'incontro con il bislacco personaggio in divisa possa rappresentare la svolta tanto attesa per la sua carriera di regista, e poi scopre di aver ampiamente sottovalutato la minaccia rappresentata da quel misterioso individuo capace di dispensare preziosi consigli su come conquistare una donna, ma anche di cose che soltanto una donna anziana (un applauso ad Ariella Reggio, che ci vende l'impossibile), e per di più malata di Alzheimer, sembra davvero ricordare.

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L'orrore rimosso

Sono tornato: Massimo Popolizio ed Eleonora Belcamino in una scena del film
Sono tornato: Massimo Popolizio ed Eleonora Belcamino in una scena del film

È difficile guardare un film come Sono tornato e riderne senza essere disturbati dall'umanizzazione della figura del duce, ma, come dicevamo all'inizio, questo genere di ginnastica mentale può essere molto utile a tenere allenata un'intelligenza etica ed emotiva. Il film, tuttavia, sembra prendersi troppi pochi rischi anche da questo punto di vista, passando un po' in cavalleria il momento in cui le sue responsabilità sono sbattute in faccia al duce, e soprattutto trattando in maniera molto superficiale il circo mediatico che finisce per circondarlo e che è lo strumento principale degli odierni populismi; soprattutto i personaggi di Gioele Dix e Stefania Rocca risultano irritanti nel loro sviluppo interrotto e nelle potenzialità inespresse di un'indagine sullo stato attuale dei media nel nostro paese. Senza voler chiedere a Miniero di fare un'opera di critica alla comunicazione e al giornalismo, Sono tornato manca l'occasione di mostrare la pericolosità di organi di informazione che hanno perso ogni vocazione democratica ed educativa.

Sono tornato: Massimo Popolizio e Alessandro Cattelan in una scena del film
Sono tornato: Massimo Popolizio e Alessandro Cattelan in una scena del film

C'è una cosa preziosa, però, che ci racconta il film di Luca Miniero: Mussolini non ha bisogno di tornare, perché non se n'è mai andato. A differenza dei tedeschi con Hitler, gli italiani mantengono con il loro mostro una sorta di nostalgica e bonaria convivenza: era un dittatore, sì, ma non era poi così cattivo, si è solo fatto fregare dal baffo psicopatico, e poi faceva arrivare i treni in orario... e invece è davvero giunto il momento di fare i conti con lui, di consegnarlo al giudizio della storia, prima che sia (di nuovo) troppo tardi.

Movieplayer.it

2.5/5