Dopo l'esordio in America su TNT, Snowpiercer è ora disponibile in Europa grazie a Netflix, che dal 25 maggio lo propone a cadenza settimanale. È un progetto ambizioso, ufficialmente avviato nel 2017 ma arrivato sugli schermi solo ora, complice una divergenza creativa tra il network americano e Josh Friedman, il primo showrunner, a cui è subentrato Graeme Manson. Sotto l'egida di quest'ultimo ha preso forma la versione attuale della serie, già confermata per una seconda stagione le cui riprese sono al momento in standby a causa delle misure di sicurezza indette per l'industria audiovisiva. È uno degli argomenti che abbiamo affrontato con Manson, il quale ci ha gentilmente concesso un'intervista esclusiva, realizzata via Zoom. Ai fini della nostra conversazione con lui abbiamo visto in anteprima cinque dei dieci episodi della prima stagione (ne abbiamo parlato nella nostra recensione di Snowpiercer), e l'intervista è priva di spoiler.
Debuttare al momento giusto
Immagino che te l'abbiano già chiesto in tanti, ma ti farò la domanda lo stesso: com'è far debuttare la serie in questo periodo, dato che parte della premessa è "Se esci all'aperto muori"?
[Ride, n.d.r.] Sì, è un po' strano. Forse per alcuni l'aspetto claustrofobico legato al treno sarà troppo vicino alle loro esperienze personali. Ma penso anche che sia terapeutico guardare una storia come questa. Voglio dire, tutti stanno vedendo Contagion su Netflix, quindi c'è un'attrazione verso questo tipo di racconto. Poi nel caso di Snowpiercer, è in tempo di crisi che ha senso una storia sulla lotta di classe.
Quello che mi ha colpito di più nella serie è la componente visiva. Com'è stato per te rispettare ciò che aveva fatto il film e allo stesso tempo dare alla serie la propria identità visiva?
Amo il film, amo l'aspetto folle e fantascientifico. Mi piace anche quanto fosse lineare, una cosa che ha senso al cinema: cominci in coda al treno e prosegui insieme ai personaggi, scoprendo cose nuove. Volevo mantenere quell'elemento, ma quando lo fai in formato seriale diventa anche una storia incentrata sui personaggi. Bisogna introdurli, ed è così che costruiamo il mondo dello show, ponendo le basi per la rivolta.
Parlando della differenza tra film e serie, quante stagioni pensi che possa durare lo show, tenendo anche conto delle limitazioni geografiche?
Credo che sia uno dei motivi per cui abbiamo detto che ci sono 1001 carrozze nel treno, nel senso che in teoria i set nuovi e le cose inedite da scoprire non mancheranno. E devo dire che mi piace una struttura che impone dei limiti. È come se fosse ambientato su un'astronave, e quello che mi interessa è vedere l'effetto di quell'ambiente sui personaggi. Mi piace anche esplorare i sensi di colpa con cui vivono, perché sono passati sette anni dalla fine del mondo, che sarebbe poi il nostro.
Com'è stato il tuo rapporto lavorativo con James Hawes, che ha diretto il pilot e quindi contribuito alla creazione visiva della serie?
Lui è stato il regista principale della prima stagione, quindi era intimamente coinvolto nella creazione di quel mondo. Ci sono state molte conversazioni tra lui e me su come mantenere l'aspetto cinetico, perché per noi il treno è un vero e proprio personaggio. Per dire, per i set ci siamo ispirati ai container navali, e abbiamo fatto costruire mezza dozzina di carrozze, sotto le quali si potevano mettere delle ruote di plastica per simulare il movimento. Si potevano anche mettere in successione, permettendo agli attori di muoversi da una carrozza all'altra, e si potevano scuotere dall'esterno. Questa è stata una delle decisioni prese insieme a James.
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False partenze e interruzioni
Parliamo della scrittura. La seconda stagione è stata confermata, e quasi interamente girata, prima che andasse in onda il pilot. Questo è stato di aiuto, nel senso che non devi chiudere tutte le sottotrame nel finale di stagione?
Sì, però la mia strategia è sempre quella di finire la stagione con un cliffhanger talmente grande da sconfiggere le obiezioni del network. La cosa interessante è stato aver fatto due stagioni in uno stato di isolamento, perché arrivati all'inizio della seconda gli attori sono ormai diventati quei personaggi, e ti rendi conto di avere qualcosa di veramente interessante tra le mani, che porterà - spero - a una terza stagione. Avevamo quasi finito di girare la seconda quando abbiamo dovuto interrompere le riprese a causa del COVID-19.
Quanti episodi mancavano?
Ne avevamo completati otto su dieci.
Parliamo del casting. Com'è stato lavorare con gli attori?
Sul casting in sé non sono la persona più qualificata per rispondere, perché quando mi hanno assunto il cast era già quello, la serie doveva avere un'impostazione diversa e ci avevano lavorato a lungo prima del mio arrivo. La sfida più grande era guadagnare la fiducia degli attori, fargli capire il mondo che volevo ideare. Abbiamo rifatto da zero i set. Però per metà del cast ho reinventato i ruoli, rispetto a come erano prima.
Bong Joon-ho e Park Chan-Wook [regista e produttore del film, n.d.r.] sono menzionati come produttori esecutivi. È un cavillo contrattuale, o hai avuto modo di lavorare con loro?
Non partecipano attivamente sul piano creativo, ma hanno visitato il set due volte durante le riprese della prima stagione. Ho potuto parlare con Bong, gli ho mostrato i set, abbiamo discusso le differenze tra cinema e TV. È stato bello incontrarlo, e ricevere la sua approvazione.
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Qual è stato l'aspetto più impegnativo della lavorazione?
Costruire i set per la prima stagione, sulla base di ciò a cui aspiravamo, e poi combinare gli interni con gli effetti speciali che rappresentano il mondo esterno. Ci sono più effetti speciali del solito per quanto riguarda le serie a cui ho lavorato, quindi quella è stata una bella sfida.
In precedenza hai lavorato a Orphan Black. Hai cercato di avere Tatiana Maslany nello show?
Aveva un altro impegno mentre giravamo la prima stagione. Stava girando una miniserie, il remake di un classico... come si chiama... non Matlock, quell'altro...
Esatto, con John Malkovich. Doveva girare quello. Però qualche giorno fa, per beneficenza, abbiamo fatto una lettura collettiva con tutto il cast della serie.
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Questioni strutturali
A un certo punto la serie doveva essere spostata da TNT a TBS, e poi sono tornati alla decisione originale. Questo avrebbe influito su ciò che potete mostrare e dire sullo schermo?
Non ero veramente consapevole di quello che stava accadendo a quel livello, ma non ha avuto ripercussioni su quello che stavamo girando. Credo che ci fossero molti cambiamenti nell'aria in quel periodo, la Warner stava anche lavorando al suo nuovo servizio di streaming. In ogni caso credo che TNT sia il canale giusto.
La serie va in onda a cadenza settimanale , anche su Netflix. Come funzionano i due livelli, un episodio per volta e poi il binge-watching, per lo show?
È interessante scrivere la serie sapendo che andrà in onda su TNT e poi sarà disponibile su Netflix, dove non c'è la pubblicità. Quando imposto la struttura degli episodi ne tengo conto, perché quando lo rivedi in streaming, senza l'interruzione pubblicitaria che c'è in chiaro, non si può chiudere una scena prima di quella che sarebbe la pausa e poi riprendere esattamente nello stesso momento. E riflette un po' la struttura del treno: un carrozza alla volta, oppure in rapida successione. Ma a parte quello non c'è molta differenza: a me piace il binge-watching, ma apprezzo anche il modello settimanale, e so che gli attori ne sono felici perché hanno aspettato a lungo che si andasse finalmente in onda. Mi dispiace solo che non sia stato possibile fare il lancio con il red carpet a New York, ma spero che entro dicembre o gennaio ci diano il via libera per tornare a lavorare, magari anche con la terza stagione confermata.
Spero che vi diano il red carpet per la stagione 2.
Ti ringrazio, anche se sarebbe soprattutto per il cast.