Smash: da Broadway al piccolo schermo, andata e ritorno

Inaugurato in mid-season, lo show creato da Theresa Rebeck che vede Steven Spielberg nel ruolo di produttore esecutivo è stato accolto calorosamente dalla critica. In Italia il debutto è previsto per domenica 19 febbraio su Mya.

Già nel 2009, l'instancabile Steven Spielberg aveva avviato, in associazione con Robert Greenblatt, allora presidente del canale via cavo Showtime, la produzione di uno show incentrato sulla concezione e la realizzazione di un musical; in seguito, Greenblatt ha portato con sé il progetto alla NBC, e, pochi giorni fa, Smash è diventato realtà, con un debutto in mid-season accompagnato da un robusto battage pubblicitario, e accolto calorosamente dalla stampa americana.
Un'idea semplice, e allo stesso tempo articolata e accattivante, quella di seguire il concepimento, il casting, l'allestimento di un'opera destinata ai palcoscenici di Broadway: un'idea talmente brillante che molti si sono chiesti come mai uno show come Smash non sia stato realizzato prima. A ben guardare, tuttavia, si tratta di un concept di una certa specificità, per di più radicato in un ambiente piuttosto elitario e sofisticato, e per la produzione rappresenta un investimento anche piuttosto imponente considerato il profilo decisamente poco commerciale per un network.
Ma per la NBC, che da anni non naviga esattamente in ottime acque, è forte l'esigenza di progetti forti e di un rinnovo d'immagine, che in questo caso la riporta a un passato non troppo lontano, quello in cui aveva creduto in uno show altrettanto apparentemente "ostico" per il grande pubblico, il trionfale West Wing. Non è andata così bene al successivo progetto di Aaron Sorkin, Studio 60 on the Sunset Strip, né allo sports/teen drama Friday Night Lights, a cui comunque il network di Rockefeller Plaza è riuscito a concedere sufficiente spazio nonostante lo scarso riscontro nei ratings perché diventassero successi di critica.
Per quanto riguarda Smash, è decisamente presto per tirare le somme, certo gli ascolti del secondo episodio non hanno confermato la buonissima ricezione del pilot, che era stato "aiutato" anche anche grazie all'oculato accoppiamento con il talent reality The Voice; era quasi inevitabile un calo dopo il picco curiosità iniziale considerato l'appeal non proprio generalista e piuttosto adulto del concept.


Ma vediamo più in dettaglio di cosa si tratta: al centro del plot di Smash c'è ovviamente un gruppo di personaggi legati al mondo del musical theater, a cominciare dal tandem di autori interpretati da Debra Messing e da Christian Borle, i quali decidono di rinunciare all'anno sabbatico che avevano in programma dopo il successo della loro ultima pièce per inseguire il sogno di uno spettacolo su Marilyn Monroe. Ad avallare il loro progetto c'è un determinata produttrice (Anjelica Huston) in cerca di riscatto a causa di un divorzio in corso frustrante sia dal punto di vista personale che da quello professionale; è lei a volere fortemente l'ingaggio del brillante ma ombroso regista e coreografo Derek Wills (Jack Davenport). Ma una volta poste le basi per la nuova creatura, bisogna darle un corpo e una voce. Comincia così la caccia a questa elusiva Marilyn teatrale, che sfocia presto in un duello a suon di numeri vocali e danzanti tra due talentuose rivali: la veterana Ivy Lynn (Megan Hilty), autentica cultrice della personalità di Miss Norma Jeane Baker, e la fresca Karen, che, oltre a essere bellissima, ha tutta l'innocenza della diva agli esordi e una voce sensazionale. Un riferimento a Eva contro Eva, con una storia ambientata nel mondo dello spettacolo, era imprescindibile, ma già nelle prime battute del pilot gli autori dimostrano di non avere la minima intenzione di adagiarsi nello stereotipo ma di essere indirizzati verso sviluppi ancora assolutamente imprevedibili.

Come si evince da queste premesse, quello creato da Theresa Rebeck è un meta-show su più livelli, in cui vediamo un gruppo di professionisti allestire uno spettacolo che a sua volta si ispira a film e a numeri altrui: può sembrare un processo complicato da seguire per lo spettatore, ma Rebeck e soci vengono incontro al grande pubblico americano con un soggetto iconico e popolare come la Monroe, i cui ruoli più famosi e i cui fondamentali dati biografici sono praticamente noti a tutti; e al tentativo di ampliare il target naturale c'è anche il reclutamento della star Katharine McPhee, ex contendente di American Idol, e l'inserimento di qualche brano pop di richiamo nelle scalette dello show. Per il resto, la realizzazione del serial è accuratissima in ogni reparto, le performance musicali e le coreografie sono eccellenti, la scrittura talmente ispirata da dare tridimensionalità anche ai personaggi minori che, in due episodi, hanno fatto poco più di un'apparizione, la recitazione di ensemble è eccelsa e la qualità complessiva, manco a dirlo, è più da prodotto della TV via cavo che da network.
E a proposito, il paragone con un altra serie musicale, Glee di Ryan Murphy, emerge inevitabilmente anche se è per lo più improprio: Glee è una comedy surreale, non di rado eccessiva, mentre Smash è un musical drama dall'impianto realistico, in cui anche i numeri vocali di natura più onirica sono ampiamente giustificati dalla sceneggiatura. Altra differenza è la prevelanza di brani originali (peraltro ottimi) rispetto al vasto carnet di cover del serial Fox, anche se, come detto, anche Smash non rinuncia a qualche successo da classifica e a qualche classico popolare anche per seguire le orme del predecessore, che gli ha spianato la strada creando il primo forte franchise televisivo-musicale, con dischi nei negozi e brani da scaricare su iTunes, concerti live e financo l'opzione cinematografica. Nel caso del serial della Rebeck, poi, c'è naturalmente all'orizzonte anche l'idea di portare effettivamente a Broadway i risultati degli sforzi degli autori, un'ipotesi già contemplata nel progetto iniziale di Spielberg. Il quale, tra l'altro, aveva concepito per lo show la possibilità di inscenare un musical diverso per le successive (se ve ne saranno) stagioni, un'idea che in qualche modo avvicinerebbe ideologicamente la serie di Rebeck ad American Horror Story, nuovo show del "rivale" Ryan Murphy che ha conquistato critica e pubblico e che, per il secondo ciclo di episodi, prevede un totale rinnovo del casting e delle premesse narrative, con il mantenimento solo delle atmosfere e dei temi che hanno fatto la gloria dell'inquietante horror series.
Un modo innovativo ed intelligente di concepire il prodotto televisivo seriale, forse, che si va a contrapporre a tanti crime e procedural quasi privi di storyline orizzontali, e a tanti show che si trascinano a oltranza per anni con gli stessi scenari e gli stessi personaggi cari al pubblico? Nel caso di Smash, è molto prematuro fare valutazioni simili a due episodi dall'avvio; tuttavia noi, su queste basi, ci sentiamo certamente di augurargli un futuro radioso.