Slow Horses 2, la recensione della serie Apple: tornano le spie senza quartiere di Gary Oldman

La recensione di Slow Horses 2: spie reiette e respingenti che devono confrontarsi ancor di più col passato generazionale ma sempre a colpi di black humour sono al centro della seconda stagione della serie, dal 2 dicembre su Apple Tv+ con appuntamento settimanale.

Slow Horses 2, la recensione della serie Apple: tornano le spie senza quartiere di Gary Oldman

Già nella prima stagione si era presentata come una bella storia di spie, ora Slow Horses torna dal 2 dicembre su Apple Tv+ con sei nuovi episodi a cadenza settimanale con molti assi nella propria manica, insieme ad una certa vena nostalgica dovuta al fatto che potrebbe essere l'ultima interpretazione di Gary Oldman. Che per il momento comunque rimane un miraggio ancora lontano, dato che dopo il successo e l'aver girato le prime due stagioni insieme - infatti alla fine del ciclo inaugurale figurava già un trailer del secondo - lo stesso potrebbe capitare con terza e quarta, ordinate insieme e che danno quindi al momento una messa in onda allo show almeno fino al 2024. Ma quali sono le migliorie delle nuove puntate? Scopriamolo nella recensione di Slow Horses 2.

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Slow Horses: Gary Oldman in una foto della seconda stagione

Spie senza quartiere

Slow Horses 2 è adattata da Dead Lions, il secondo romanzo della serie omonima di Mick Herron, vincitore del CWA Gold Dagger Award, in cui ritroviamo le spie senza quartiere capitanate da Gary Oldman, che torna a interpretare un sempre meno amabile e sempre più inafferrabile Jackson Lamb. Le sue spie sono i reietti dell'agenzia, gli outcast che nessun altro ha voluto o che hanno commesso qualche errore madornale che ancora gli viene rinfacciato. Sono senza quartiere perché sono senza casa, o meglio la loro non è l'Agenzia (chiamata il Parco riferendosi alla sede centrale dell'MI-6, i servizi segreti britannici) bensì la Slough House, che anche visivamente rispecchia la poca considerazione che ai piani alti hanno della squadra di Lamb. Il carattere irascibile e costantemente infastidito del capo si è via via trasposto anche ai suoi sottoposti, disillusi e quasi senza più sentimenti. Ne sono un emblema l'asociale esperto hacker Roddy Ho (Christopher Chung), ancor più insofferente con i colleghi nei nuovi episodi e le new entry (Aimee-Ffion Edwards e Kadiff Kirwan), la prima troppo istintiva, il secondo con il vizio delle scommesse. C'è poi la coppia di fatto che deve trovare un nuovo equilibrio tra lavoro e vita privata formata da Louisa Rosalind Eleazar) e Min (Dustin Demri-Burns); e Catherine (Saskia Reeves) la molto-più-che-una-segretaria che sembra aver rinunciato a Lamb nonostante la vecchia amicizia che li lega. Un'amicizia i cui vecchi segreti non sono stati risolti del tutto, come ci dimostrano il suo problema con l'alcol e i flashback che continuano a tornare.

Slow Horses, la recensione: una bella storia di spie

Guerra Fredda 2.0

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Slow Horses: una foto della seconda stagione

A proposito di vecchie amicizie e antichi segreti, la nuova minaccia che la squadra deve affrontare viene direttamente dalla Guerra Fredda, con alcune possibili cellule dormienti russe sopite nella campagna inglese. Il passato, come in ogni spy story che si rispetti, torna a bussare prepotentemente alla porta dei protagonisti, che dovranno provare a farvi pace mentre tentano di salvare un mondo che non li vuole ancora una volta. Un mondo che non li ringrazierà se dovessero avere successo. Anello di congiunzione con i trascorsi dell'agenzia non è solamente Lamb ma anche le altre due punte di diamante dello show: l'affilatissima Diana (Kristin Scott Thomas) a capo del Parco e l'apparentemente pacifico Jonathan Pryce, oramai in pensione ma che sembra sempre avere gli occhi su tutto ciò che accade tutt'oggi nella scena spionistica londinese. Loro sono come abbiamo imparato dal ciclo inaugurale i genitori di River (Jack Lowden), l'unico ad avere ancora degli ideali nel lavoro, che Lamb vuole fargli passare a tutti i costi e che continua a trattare male. Lui però non si arrende e potrebbe rivelarsi ancora una volta il bandolo di questa matassa. Mentre i rapporti con i russi sono sul filo del rasoio, i personaggi dovranno capire di chi possono fidarsi in questo doppiogioco continuo, anche perché un evento cambierà per sempre le dinamiche all'interno della squadra.

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Spionaggio caustico

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Slow Horses: una foto della seconda stagione

La caratteristica che distingue Slow Horses dalle altre serie di spionaggio è il dark humour tipicamente inglese messo in bocca a tutti i personaggi da chi ha adattato lo show, Will Smith (che di ironia politica sapeva già qualcosa avendo lavorato in Veep - Vicepresidente incompetente). La messa in scena di questa seconda stagione si fa più dinamica grazie alla regia di Jeremy Lovering, che mostra una Londra ancora più fumosa, che oscilla tra il noir e l'hard boiled. Un mix riuscito di vecchio e nuovo spionaggio, che ancor più della prima stagione è rappresentato dalle generazioni a confronto. Non sono solo la caratterizzazione e le location a contribuire al risultato, ma anche l'interpretazione degli attori, che in questa seconda stagione vengono proposti spesso a coppie: il carisma e l'eleganza che emanano gli incontri tra Gary Oldman e Kristin Scott Thomas sono senza eguali, così come i confronti padre-figlio tra Lowden e Pryce, ma anche tra Oldman e Reeves. Se questa sarà davvero l'ultima interpretazione di Oldman, di un agente stanco come di un attore stanco, sarà un ultimo bel regalo da parte sua.

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Conclusioni

Concludiamo la recensione di Slow Horses 2 felici che, nonostante i protagonisti continuino ad essere quasi tutti respingenti, lo show sia diventato più coeso e approfondisca ulteriormente i rapporti e il passato dei personaggi. La nuova minaccia pesca a piene mani dalla Guerra Fredda e il british humour e il personaggio di River si confermano gli elementi che alleggeriscono il tono, senza però risultare eccessivamente comici.

Movieplayer.it
3.5/5
Voto medio
4.8/5

Perché ci piace

  • Scrittura e messa in scena che omaggiano le spy story.
  • Il dark humour inglese che spezza il tono del racconto.
  • Le interpretazioni di Gary Oldman, Kristin Scott Thomas e Jonathan Pryce su tutte.

Cosa non va

  • I personaggi continuano ad essere quasi tutti totalmente respingenti.
  • Come la prima, non piacerà a chi cerca una serie più action.