Simone Gandolfo ci racconta le sue Cose cattive a Courmayeur

Il regista esordiente ci parla del suo primo film, un horror dedicato a internet prodotto dalla Inside di Luca Argentero.

Cose davvero cattive al Courmayeur Noir In Festival. Il primo film della mezzanotte presentato al festival è un horror nel vero senso della parola che mescola gusto per la tradizione thriller/pulp italiana, estetica da videoclip ricca di vezzi autoriali e un ossessivo afflato religioso che non guasta mai. Tante suggestioni riunite in Cose cattive, opera prima che ha un produttore insospettabile. A presentare il film di Simone Gandolfo a Courmayeur spunta, infatti, Luca Argentero che, dopo aver debuttato nel mondo della produzione con la sua Inside, appare sempre più attivo e interessato a diversificare l'attività della compagnia su più fronti, con un occhio di riguardo per le web series. E proprio dal web prende le mosse Cose cattive, horror accompagnato da una campagna di marketing virale interattivo che, ben prima dell'arrivo del film in sala, ha generato una fitta comunità di utenti appassionati alla storia e ai personaggi. A parlarci della genesi dello strano horror 2.0 è il regista Simone Gandolfo il quale ci racconta perché ha deciso di dedicarsi al genere e come ha scelto il cast del film, capitanato dall'emergente Marta Gastini, giovane interprete che proprio digiuna di horror non è visto che ha da poco interpretato Mina Harker nel Dracula 3D di Dario Argento.

Simone, come ti è venuta l'idea di realizzare Cose cattive?
Simone Gandolfo: In realtà è nato prima l'incontro con il produttore Luca Argentero. Abbiamo recitato insieme in La baronessa di Carini, un film per la tv, e abbiamo capito di avere un approccio comune alla vita e al lavoro. Poi io sono andato in America a studiare regia e quando sono tornato sia io che Luca abbiamo aperto le nostre case di produzione. A quel punto abbiamo deciso di collaborare. A influenzarmi per la storia è stato il mio rapporto con il web e alcuni libri che stavo leggendo, tra cui L'ospite inquietante di Umberto Galimberti. Da internet addicted volevo fornire uno sguardo sociale sul tema.

Per farlo hai scelto di realizzare una pellicola di genere.
Io non sono un horrorofilo convinto, ma volevo rivolgermi ai giovani. Con loro i generi che funzionano di più sono la commedia alla I soliti idioti e l'horror perciò io ho preferito scegliere la seconda via.

Il tema attorno a cui ruota il film è la percezione distorta della realtà che deriva dal web.
La rete apparentemente ti protegge, però ti priva dell'istinto. Quando siamo a contatto con gli altri capiamo se qualcuno ci vuole fregare, è più semplice conoscerli e capire cosa stiano pensando, ma nella rete questo non accade. I contatti sono virtuali. La rete, Facebook e Twitter ti danno l'illusione di essere meno solo, invece è un tipo di solitudine diversa. La paura del rapporto vero con un'altra persona spinge a rifugiarsi in questo universo virtuale. A questo si aggiunge una critica ai reality show e Luca Argentero, che ha fatto Grande Fratello, conosce bene quel mondo.

E i tuoi personaggi? Come li hai costruiti?
Mi sono concentato sull'inconsapevolezza dei personaggi che appartengono a questo mondo creando quattro figure che sono disposte a tutto pur di emergere sul web. Le loro fobie le ho costruite seguendo archetipi horror già percorsi in passato.

Sostieni di non essere un amante dell'horror, però hai costruito una pellicola che ha dei riferimenti visivi ben precisi e uno stile visivo di forte impatto. Quali sono stati i tuoi modelli di riferimento?
Ho avuto tre modelli di riferimento. Il primo, il più immediato, è Saw - L'enigmista, che ha inaugurato il genere. Dal punto di vista prettamente stilistico ci sono due riferimenti: l'horror svedese Lasciami entrare e, per la fotografia, Enki Bilal, fumettista serbo che adoro. Nei rapporti tra i ragazzini ho preso come modello Misfits, una serie che è una pietra miliare. Il film è stato girato parte con la Red e parte con reflex digitali, Canon 5D e 7D. Avrei potuto girare tutto il film con la Red, ma ho scelto le macchine fotografiche per una questione di praticità. Volevo privilegiare la velocità e la leggerezza per poter realizzare riprese più estreme, quindi ho preferito non affidarmi solo alla Red. Inoltre per restituire l'angoscia degli ambienti avevo bisogno di un sensore molto grande, che mi permettesse di avere un fuoco sensibile e in questo la Canon mi è venuta in aiuto.

Come è nata la collaborazione col direttore della fotografia Ezio Gamba?
Tutti i lavori da regista li ho fatti sempre con Ezio. Ci siamo incontrati sul set di un videoclip di Gianmaria Testa e abbiamo scoperto di avere una sensibilità artistica e pittorica molto simile.

Cose cattive è girato in inglese.
Vogliamo avere un mercato più ampio possibile, infatti siamo in trattative con Spagna, America e Giappone. Con questo non volevo che il film sembrasse ambientato fuori dall'Italia, ma che fosse una sorta di non luogo, un viaggio verso il nulla. In Italia in film uscirà doppiato e da gennaio lo presenteremo in una sorta di tournee.

Le location sono piuttosto suggestive.
La mia idea era immergere i quattro protagonisti in una realtà altra. La Bassa Padana è un paesaggio realmente surreale e non c'è stato bisogno di fare modifiche perché era perfetto per lo scopo. Gli unici interventi non naturalistici sono stati fatti nelle stanze di tortura che sono la proiezione della mente del master e non devono essere realistiche.

Gli interpreti come sono stati scelti?
Marta Gastini l'ho trovata su Facebook. L'avevo vista ne Il rito e soprattutto ne I Borgia. Lei ha la fotogenia, ha un dono assoluto. Le ho scritto una lunga lettera su Facebook, poi ci siamo incontrati nello studio legale di suo padre, abbiamo parlato del progetto ed è scoppiato l'amore, in senso artistico. Pietro Ragusa è stato il primo attore a entrare nel progetto, mentre agli altri ho fatto dei provini a Roma e Londra.

Quanto è costato il film?
Centomila euro compreso il doppiaggio. Gli attori sono stati anche co-produttori e molti hanno lavorato a rimborso spese per risparmiare. Per le scene girate in varie parti del mondo ho chiesto agli amici che avevano una reflex digitale di mandarmi un frame delle loro vacanze.

Pur approdando all'horror hai scelto di non insistere troppo sulla dimensione splatter.
A me lo splatter non fa paura, ma mi genera una sorta di imbarazzo, quasi di ilarità. Io volevo che fosse tutto più realistico. E poi lo splatter è catartico, perchè alla fine della scena crolla la tensione. Il difetto del mio film, semmai, è che non ci sono momenti di pausa né tempi di riposo.

Puoi dirci due parole sul finale del film?
Per sapere cosa succederà dovrebbero farmi fare il sequel. All'inizio il finale era diverso, avevo deciso di mostrare con chiarezza la morte del master, poi ho cambiato idea confondendo le acque. La scena finale da oggi sarà virale su internet.

Perché Nina, la protagonista, partecipa a Cose cattive pur essendo molto diversa dagli altri tre concorrenti?
Lei crede nel master, quando gli dice: 'Mi fidavo di te' è molto sincera.

I tuoi prossimi progetti?
Ora sto scrivendo due film, una commedia triste scritta per commissione e un noir classico che si chiama Ombra.