Il lato oscuro di Jennifer Lynch

A conclusione del Courmayeur Noir In Festival ecco il nostro incontro con la presidente di giuria, regista di Boxing Helena nonché figlia del grande David Lynch.

A 25 anni ha diviso critica e pubblico firmando la regia dello sconvolgente Boxing Helena. L'insuccesso commerciale del film l'ha spinta a tirare i remi in barca per un po' concentrandosi sulla famiglia e accantonando la carriera cinematografica. Oggi Jennifer Chambers Lynch è una donna solare, sorridente, gioviale e piena di passione che ha all'attivo la regia di quattro lungometraggi (e un quinto in preparazione, A Fall From Grace, interpretato da Tim Roth, Vincent D'Onofrio e Daryl Hannah) e ha accettato con entusiasmo il ruolo di presidente di giuria del Courmayeur Noir In Festival. D'altronde, se buon sangue non mente, la figlia del visionario David Lynch può vantare una certa esperienza in fatto di noir, horror e thriller. Da bambina si è ritrovata sul set di Eraserhead - La mente che cancella e anche se la sua apparizione è stata tagliata in cabina di montaggio, Jennifer conserva un ricordo dettagliato dell'esperienza. Non sembra sussistere neppure la tanto discussa rivalità col padre David, di cui Jennifer parla in termini entusiastici lodandolo sia come uomo che come artista. Una massa di capelli biondi acconciati con rasta e treccine rosa, una figlia adolescente dai capelli altrettanto strani da cui non si separa mai, dopo aver consegnato il Leone Nero della XX° edizione del festival al macabro ed esilarante Turisti la Lynch si concede per una chiacchierata in cui ci parla della sua piacevole permanenza in Valle d'Aosta, dell'esperienza da giurata, dei suoi gusti e della sua passione per il cinema di genere.

Jennifer, come hai vissuto l'esperienza da presidente di giuria del Courmayeur in noir? E' stato difficile arrivare a un verdetto comune con gli altri giurati?
Jennifer Chambers Lynch: Venire a Courmayeur è stata un'esperienza incredibile. Ho adorato il lavoro di presidente della giuria dal primo all'ultimo giorno. Scegliere il vincitore è stato bellissimo e doloroso perché eravamo cinque artisti completamente diversi l'uno dall'altro con gusti diversi. E' stato affascinante vedere come, dopo sei ore di discussione, siamo riusciti ad arrivare a una decisione comune anche se ognuno di noi ha dovuto rinunciare a qualcosa.

Puoi dirci il titolo di un film che volevi vedere premiato, ma che non è stato scelto?
No, questo non sarebbe carino.

Da autrice di genere, quali sono secondo te gli ingredienti per un thriller perfetto?
E' difficile separare il ruolo di regista da quello di spettatrice. Io sono cresciuta con la passione per il cinema di genere fin da quando ero piccola, ma sono molte altre cose. Sono una pasticciera, sono una madre. Ho sempre considerato il cinema un modo legale di approvare il voyeurismo, permettendo al pubblico di spiare la vita degli altri sul grande schermo. Il thriller funziona quando il film riesce a portarti via dalla tua realtà e a immergerti in un altro mondo.

E come fa un regista a ottenere questo effetto?
Deve amare quello che fa.

Il tuo cinema si è concentrato spesso sulla poetica dell'immobilità mettendo in scena personaggi memomati, mutilati o bloccati.
Mi ha sempre affascinato il concetto di anormalità. Trovo interessante esplorare l'esistenza di chi non può vivere, non può uscire, non può fare le cose normali della vita di tutti i giorni. Voglio esplorare il lato oscuro, osservare le anomalie, ma questo non significa che la cosa mi coinvolga in prima persona. Non pratico le cose che mostro nei film. Sono strana, ma non fino a questo punto. La mia vita è una vita felice. Proprio per questo mi affascina il lato oscuro, perché non mi appartiene.

Come riesci a mantenere l'armonia e l'equilibrio?
Con la meditazione. Ho iniziato a meditare quando avevo sei anni e in qualsiasi situazione mi ritaglio del tempo due volte al giorno per ritemprare me stessa. Prima di ripartire e di affrontare il quotidiano devo fare i conti con me stessa. E' un dono che mi faccio.

Oltre ai tuoi film, quando eri molto giovane ci hai regalato il celebre Diario di Laura Palmer, che racconta i retroscena della vita della protagonista di I segreti di Twin Peaks una serie che ha cambiato la storia della televisione.
E' stato interessante esplorare la personalità di Laura Palmer. Noi umani siamo tutti luce e ombra. Laura si è cacciata in una brutta situazione perché ha confuso i due aspetti finendo per perdersi.

Con la sua qualità elevata, Twin Peaks è stato un precursore di molte che serie che sono venute in seguito. Oggi la tv è la nuova frontiera della qualità.
Oggi purtroppo negli Stati Uniti molti film vengono distribuiti direttamente in dvd. Se non vuoi andare a vedere un blockbuster rischi di dover vedere il film a casa. La tv ha cambiato le cose aumentando la qualità delle produzioni seriali. C'è una nuova intimità nel voyeurismo, puoi vedere cose bellissime stando in mutande nel tuo salotto. Non penso che la tv debba essere criticata, anzi trovo questo miglioramento molto positivo.

Quali serie tv segui?
Sono appassionata delle serie prodotte dalla BBC. Adoro Luther e soprattutto Sherlock, che trovo perfetta. Benedict Cumberbatch è un interprete straordinario ed è molto affascinante. E poi mi piace molto Breaking Bad.

Che ricordi hai di Twin Peaks?
E' buffo perché io non ho più rivisto lo show dai tempi della messa in onda. Adesso lo dovrò rivedere perché il mio compagno non l'ha mai visto. Stimo molto mio padre per quello che ha fatto, ha cambiato la storia della tv.

Hai parlato sempre bene di tuo padre David, ma c'è qualche consiglio non hai mai accettato da lui?
Quando sono nata i miei genitori erano entrambi molto giovani e io sono cresciuta molto velocemente, convivendo con la loro separazione. Con mio padre non abbiamo mai discusso per questioni cinematografiche. Io sono più emotiva, lui è molto più astratto. Parliamo spesso di lavoro, ma non in modo approfondito. L'unico consiglio che mi ha sempre dato è: "Racconta la storia con la tua voce".

Oggi sei soddisfatta delle tue opere?
Devo convivere con la consapevolezza di non essere una regista commerciale, anche se spero che in futuro cambi qualcosa. Non mi faccio un cruccio del fatto di non essere compresa dal pubblico. Lo spettatore ha la libertà di leggere in un'opera ciò che vuole, anche se a volte si tende a forzare il senso. Alcuni critici hanno visto nei miei film la volontà di uccidere mio padre, ma se avessi davvero voluto farlo ci avrei provato. Sono solo film. Le persone si sforzano di dare un senso alle cose quando queste accadono, ma a volte si tratta di pura casualità. Se avessi un problema con mio padre gli parlerei, anche perché fare un film è un modo piuttosto costoso per risolvere i problemi personali.