Per un regista come Christophe Gans, che ha candidamente ammesso di aver speso un quarto della sua vita giocando ai videogames, la trasposizione per il grande schermo di Silent Hill doveva apparire come una vera e propria sfida. A partire dalle remore avanzate dalla Konami, assolutamente contraria ad operazioni del genere da attuare sulla sua "creatura" prediletta.
L'idea di girare un film su Silent Hill balena nella mente del regista francese più di cinque anni fa, quando Gans era ancora intento a giocare al primo irripetibile episodio della saga. Una telefonata a Samuel Hadida (che poi diverrà il produttore del film) e iniziano così le lunghe contrattazioni con la Software house nipponica che si protrarranno per cinque anni. Christophe Gans, cosciente delle difficoltà d'affrontare a causa non solo della Konami ma anche delle normative giapponesi sui diritti d'autore, prepara un nastro in cui monta insieme scene tratte dal videogame e quelle tratte dai suoi film, abbinando il tutto ad una sua videointervista in cui spassionatamente dichiara il suo amore per Silent Hill. Il plico viene recapitato alla Konami e ad Akira Yamaoka. Sarà proprio il compositore delle musiche del videogioco (e successivamente anche del film) a visionare il nastro e a rimanere colpito dalle capacità di Gans, convincendosi che l'uomo giusto per ricreare su pellicola le atmosfere di Silent Hill sia proprio lui.
Gans, nella sua trasposizione, ha puntato l'attenzione, e a giusto titolo, sull'ambientazione complessiva del videogioco (grazie anche all'apporto della croneberghiana Carol Spier), optando per uno script promiscuo (curato da Roger Avary, lo sceneggiatore di Pulp Fiction e le iene) basato sulle storie dei primi tre episodi della saga. Insieme alle locations ricostruite fin nei minimi dettagli, tutte le piccole e inquietanti nuances che hanno fatto di Silent Hill qualcosa di unico nel panorama videoludico dei survival horror, sono state riproposte dal regista francese sfruttando l'alta definizione del digitale (con un occhio di riguardo, a suo dire, per le "conquiste" del Michael Mann di Collateral e, aggiungiamo noi, di quel piccolo gioiello di Brad Anderson chiamato Session 9), in modo da ottenere immagini ben definite anche con poca luminosità (in una storia che di luce ne richiede già ben poca). I punti di riferimento filmografici di Gans sono stati quelli di David Lynch e, un po' a sorpresa, del dimenticato Jacob's Ladder di Adrian Lyne, ma personalissimo è stato l'uso delle lente panoramiche e dei movimenti di macchina che ben si addicono alle caratteristiche concettuali del videogioco.
Queste peculiarità vengono rispettate appieno anche dal cast, a partire dalla protagonista Radha Mitchell (Pitch black) che nel corso del film vedrà i propri abiti cambiare tonalità, dai colori estivi dell'inizio ai grigi ed ai rossi delle sequenze finali. Anche per i vari mostri che popolano la sinistra cittadina nulla è stato lasciato al caso, in quanto per impersonarli sono stati reclutati dei ballerini in grado di riproporre i movimenti degli originali videoludici. La forte presenza femminile nel film (modificata solo dall'inserimento all'ultimo momento di Sean Bean, a causa del "richiamo" ufficiale della casa produttrice che minacciava di non approvare lo script), doveva essere arricchita anche dalla presenza di Cameron Diaz nel ruolo di Cybil Bennett, poi assegnato a Laurie Holden (la Debbie McIlvane de I fantastici quattro).