Sic, la recensione: il campione rivive nel documentario dei ricordi

La recensione di Sic, documentario diretto da Alice Filippi che, attraverso i ricordi di diverse personalità, fa rivivere Marco Simoncelli raccontando la stagione vincente del 2008.

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SIC: una scena del film

Come avremo modo di approfondire nella nostra recensione di Sic, il film documentario diretto da Alice Filippi non intende ripercorrere l'intera biografia di Marco Simoncelli, il campione di motociclismo prematuramente scomparso nel 2011. Si propone, invece, attraverso le testimonianze degli intervistati di raccontare un anno vincente per il pilota riminese, quel 2008 che lo incoronò Campione del Mondo del Motociclismo Classe 250. Un anno significativo e che ben si presta per presentare la storia di un ragazzo che, nonostante le difficoltà, è riuscito a raggiungere il massimo traguardo possibile e coronare il proprio sogno. Filmati d'archivio e nuove sequenze si alternano dando vita a un documentario ad alta velocità.

Il pilota e il ragazzo

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SIC: un'immagine del documentario

Ci sono due Marco Simoncelli che vengono raccontati all'interno degli 80 minuti che formano il film. Da un lato c'è il pilota, un talento nato, che sin dall'età di sette anni partecipa alle competizioni di mini-moto da vincente. Un pilota che cresce sempre più sino ad arrivare al Campionato del Mondo Classe 250 nel 2007 in casa Aprilia. Sarà un legame di gioie e dolori, che vedrà il pilota gareggiare con una moto meno performante, lottare per dimostrare il proprio valore e migliorarsi continuamente. Persino il 2008, anno in cui vinse il titolo mondiale, iniziò sotto i peggiori auspici. Da questo punto di vista, Sic è un documentario che non solo racconta la storia di un campione del mondo, ma un campione della vita che non cede alle avversità, che lotta e insegue un sogno, concludendosi con un lieto fine. La stagione viene raccontata attraverso un rapido montaggio composto da filmati di repertorio in cui l'inconfondibile voce di Guido Meda racconta le gare, i sorpassi, le cadute, le sconfitte e le vittorie di Simoncelli. Dall'altra parte, e sempre più confondendosi, c'è il ragazzo: un giovane che si diverte, che si presenta davanti alle telecamere senza filtri in tutta la sua sincerità e schiettezza, e che mostra un lato comune che, forse, spiega il motivo per cui era così amato, non solo dagli amici e dai familiari ma dai tifosi di tutto il mondo. Straordinarietà e normalità si confondono, lasciando che la storia di Sic, diventi metafora e simbolo di ogni persona con dei sogni da raggiungere.

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Ricordi e passioni

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SIC: Valentino Rossi in una scena del documentario

La narrazione procede attraverso le testimonianze di chi lo seguiva come sportivo (tra gli altri, Valentino Rossi, l'avversario Alvaro Batuista, il compagno di squadra all'epoca delle minimoto Mattia Pasini, il meccanico Sanzio "Malabrocca" Raffelli) e chi, invece, aveva con Simoncelli un rapporto più personale e fuori dai circuiti come la storica "morosa" Kate Fretti, l'amico Orlando Coppola e il padre Paolo. Anche se si mantiene un tono alla portata di un pubblico eterogeneo, per soddisfare anche chi non si ritiene appassionato di motociclismo, va detto che il film sembra rivolgersi perlopiù agli appassionati che intendono ripercorrere, insieme ai protagonisti del film, un viale dei ricordi. Più legato all'affetto e al ricordo del pilota che alla cronaca, Sic si mantiene su una via di mezzo che potrebbe, però, risultare più superficiale rispetto alle intenzioni. Ripercorrere il tracciato della vita di Simoncelli e di quell'anno vincente potrebbe dare qualche semplice brivido malinconico agli appassionati senza arricchire più di tanto il ritratto pubblico del pilota. Si percepisce la passione del protagonista come motore fondamentale, ci si emoziona soprattutto grazie ai ricordi del padre, ma sembra mancare quel quid in più che darebbe un senso più approfondito alla visione del documentario.

Di vittorie e cadute

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SIC: Paolo Simoncelli in una scena del documentario

Poco più di 80 minuti che scorrono ad alta velocità grazie a un montaggio rapido e funzionale. Le interviste sono girate con lenti anamorfiche per presentare un'immagine quanto più possibile cinematografica. Ed è pensando al racconto cinematografico che le immagini d'archivio vengono presentate, grazie all'aggiunta di didascalie e di un certosino lavoro che raccoglie i momenti topici senza stancare mai. Il documentario si apre e si chiude a Sepang, con la gara del 19 ottobre 2008 che fece di Simoncelli campione del mondo, raggiungendo quella circolarità delle perfette narrazioni. Tuttavia, lungo il corso del film non mancano alcuni momenti che appaiono meno centrati che spezzano un po' il ritmo del racconto e, attraverso una ricostruzione poetica, appaiono come cadute di stile. Come accade al pilota mentre è in pista, non sono cadute così gravi che inficiano sulla bontà del documentario.

Conclusioni

A conclusione della nostra recensione di Sic possiamo dire di aver apprezzato il documentario di Alice Filippi che ripercorre un anno vincente che ha consacrato la personalità di Marco Simoncelli. Grazie a un ritmo alto, il film riesce a coinvolgere anche i neofiti del motociclismo, anche se sembra rimanere sin troppo in superficie per un pubblico di appassionati che, però, avrà modo di rivivere le emozioni di quelle vittorie. Il carattere cinematografico è il vero punto di forza, grazie a una narrazione che diventa non solo cronaca e testimonianza, ma anche metafora universale. Peccato per qualche caduta di tono e l’utilizzo di alcune ricostruzioni che spezzano la magia del racconto e appaiono un po’ aggiuntive.

Movieplayer.it
3.0/5
Voto medio
5.0/5

Perché ci piace

  • Il carattere cinematografico del documentario.
  • Il racconto che diventa metafora universale su passione, sogni, cadute e vittorie.
  • Con un ritmo elevato, il film accoglie un pubblico di neofiti e appassionati del motociclismo.

Cosa non va

  • Alcune sequenze di ricostruzione con gli attori appaiono aggiunte pleonastiche alla narrazione.
  • Il film corre così forte che non approfondisce troppo.