Shahrukh Khan parla a Roma di Il mio nome è Khan

L'attore indiano, grande star del cinema di Bollywood, ha parlato al Festival di Roma del suo ultimo film, presentato nella sezione Eventi Speciali.

E' un personaggio simpatico ed estremamente loquace, Shahrukh Khan. Addirittura troppo, secondo la responsabile della traduzione che, un po' stremata, lo ha pregato di essere più stringente nelle risposte, in occasione della mini press-conference in cui la star del cinema di Bollywood ha presentato al Festival di Roma il suo ultimo film, Il mio nome è Khan: una pellicola in cui l'attore interpreta un uomo affetto dalla sindrome di Asperger, che usa i toni della fiaba, colorata e romantica, per parlare di temi seri come l'handicap, la discriminazione e il rispetto tra culture diverse.

Ha avuto timori nell'accettare un ruolo diverso da quelli che interpreta di solito? I suoi fans come hanno accolto questa sua prova?
Shahrukh Khan: Io faccio film da vent'anni, e ho sempre recitato fondamentalmente per rendere felice me stesso: ho sempre pensato che, se la scienza è per "noi", l'arte al contrario è per "me", cioè mira al soddisfacimento di sé stessi, più che degli altri. Con questo film ho provato a dire "Ok, facciamo qualcosa di diverso", e ovviamente la cosa mi ha reso nervoso, perché un ruolo come questo non l'avevo mai interpretato: ma alla fine, la reazione del pubblico è stata positiva, il film è piaciuto. Non escludo di cimentarmi di nuovo un ruolo del genere, in futuro.

Per vestire i panni di un uomo affetto dalla sindrome di Asperger, si è rifatto a film precedenti o ha studiato casi reali di persone con questa patologia?

Ho fatto teatro per molti anni, e un esercizio era quello di insegnare recitazione a persone con handicap, anche bambini: per dar vita al mio personaggio, ho tratto molto da questa esperienza. Poi, un'altra mia fonte di ispirazione è stato un libro che mi è capitato di leggere, Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte di Mark Haddon, in cui si tratta proprio il tema dell'Asperger; specie le note alla fine del libro sono state una miniera di informazioni fondamentali. Poi, ovviamente ho visto diversi film sul tema, come per esempio Snow Cake, Rain man - l'uomo della pioggia e Risvegli: ma ho evitato di impostare la mia recitazione sull'imitazione di questi esempi. Mi sono confrontato anche con altre persone che conoscevano la malattia, che mi hanno fatto capire dove sbagliavo, quando l'espressione non era credibile: questa è una patologia su cui non si può scherzare.

C'è stata, negli ultimi anni, una vera e propria esplosione della cultura indiana nell'immaginario collettivo. Da cosa dipende ciò, secondo lei? E' il risultato della globalizzazione o della stessa cultura del suo paese, che per sua natura è "materna" e tende ad accogliere?
Innanzitutto devo dire che io ho molti amici italiani, e secondo me le nostre due culture sono molto simili: entrambi abbiamo l'amore per il cibo, entrambi gesticoliamo molto, parliamo a voce alta, ci piace il calcio e condividiamo l'amore per la mamma. Se devo pensare a un paese simile all'India al di fuori del sudest asiatico, penso proprio all'Italia. Inoltre, noi siamo l'unico paese sopravvissuto all'invasione di Hollywood, capace di reggere il colpo dei film americani: questo perché abbiamo la fortuna di avere uno star system. Da noi in effetti le star sono praticamente solo attori: a differenza di altri paesi, non abbiamo star del rock o dello sport. Il nostro cinema propone storie semplici, niente di fantascientifico o complesso: sono storie reali, anche se magari raccontate con canti e balli. Checché se ne pensi, sono film più realistici di tante opere di fantasia che escono sul mercato occidentale. Comunque ormai la cultura e la filosofia indiane sono ovunque: anche un blockbuster come Avatar ne è intriso. Se vogliamo che i nostri film circolino sul mercato occidentale, dobbiamo adattarli ai gusti del vostro pubblico: ne vale la pena perchè c'è parecchio interesse per il nostro cinema, e inoltre siamo il paese in assoluto più prolifico nel settore: giriamo una media di tre film al giorno.

Come si vive da star?

Le ansie ci sono, ma visto che ho lavorato tanto per diventare famoso, adesso non mi metto certo gli occhiali scuri per non essere notato. Anche quando presento i film all'estero sono riconosciuto e preso d'assalto dai fans, ma è normale: io sono una persona semplice, mi piace molto incontrare gli altri, ma contemporaneamente sono anche molto riservato. Durante i soggiorni in albergo in occasione dei festival, per esempio, passo le giornate in stanza da solo, a guardare film.

C'è stata anche un po' di improvvisazione, nell'interpretazione?
Beh, quando ho avuto la sceneggiatura mi sono subito reso conto che certe cose andavano cambiate, riviste: e il motivo è proprio che questo è un film diverso da quelli che avevo interpretato in precedenza. Ho provato e riprovato di continuo, in questo sono stato anche aiutato da una frattura alla spalla che mi sono fatto durante le riprese, che mi ha costretto a casa per due mesi. Mi mettevo davanti allo specchio e continuavo a provare finché non riuscivo a ottenere esattamente quello che volevo. Io sono un performer naturale, nessuno è abituato a vedermi recitare in modo così contenuto, sotto controllo: ma era il personaggio che lo richiedeva. Comunque, anche così la sicurezza di aver fatto la cosa giusta non c'era mai, al punto che a volte giravamo due versioni diverse della stessa scena, con me che facevo espressioni diverse.

Lei è una star del cinema indiano, e probabilmente avrà ricevuto anche qualche proposta da Hollywood. Perché non le ha mai accettate?

Non credo ci sarebbe molto spazio per me, a Hollywood: un quarantacinquenne di carnagione scura, con i capelli grigi sotto la tinta nera, non un grande attore, non sexy come Banderas, non bravo a ballare come Travolta. Che ruolo ci potrebbe essere per una persona così nel cinema hollywoodiano? Io punto piuttosto a fare il film indiano che tutti vedranno: in questo, il mio modello è La vita è bella di Roberto Benigni, film il cui spirito è stato compreso in tutto il mondo.

Cosa sta facendo attualmente?
Sto girando in Germania, a Berlino, il sequel di un film intitolato Don, incentrato sulla figura di una specie di James Bond negativo, uno che ammazza le ragazze. Mi piace Berlino, nonostante il freddo, mi piace il suo mix di antico e moderno, e mi piace la gente, sempre molto interessata al cinema.