Segnale d’allarme - La mia battaglia, recensione: a teatro (virtuale) con Elio Germano

La recensione di Segnale d'allarme - La mia battaglia, progetto VR diretto da Elio Germano e Omar Rashid, presentato nell'ambito delle Giornate degli autori di Venezia 2019.

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Segnale d'allarme - La mia battaglia VR: Elio Germano in un'immagine del film in realtà virtuale

Ci dedichiamo a questa recensione di Segnale d'allarme - La mia battaglia VR per completare il discorso impostato dal nostro approfondimento sui contenuti dell'edizione 2019 di Venice VR, perché il progetto diretto da Elio Germano e Omar Rashid si pone su una strada interessante e originale rispetto alle altre opere che abbiamo avuto modo di visionare al Lido, una strada alternativa e complementare, che offre spunti di riflessione interessanti su una tecnologia sulla quale si sta sperimentando molto. D'altra parte lo ha detto chiaramente Elio Germano nel presentarci il progetto, c'è il tentativo di lanciare un "nuovo sistema distributivo" e "accogliere il pubblico in un teatro virtuale con uno spettacolo che per sua natura invita a guardarsi intorno". La visione di Segnale d'allarme - La mia battaglia è infatti privata, perché il visore ci costringe nel suo mondo, ma collettiva, perché vengono organizzati spettacoli per 35 partecipanti per volta che possono guardare in simultanea e poi confrontarsi al termine della visione.

La crisi del mondo occidentale

Si lotta l'individualismo insito nella realtà virtuale nella scelta di Gold, progetto che fa capo a Omar Rashid, partito dall'abbigliamento e successivamente sviluppato nella ricerca di un linguaggio diverso nella creazione di contenuti. Segnale d'allarme - La mia battaglia porta il teatro nella realtà virtuale, mette in scena lo spettacolo scritto da Elio Germano con Chiara Lagani e ci conduce per mano nel suo pubblico. Siamo seduti in prima fila mentre Germano fa il suo monologo che attacca i tempi in cui viviamo, fatti di informazione deformata, nuove tecnologie e la necessità di concentrarsi sulla forma piuttosto che i contenuti. Una manipolazione del pubblico che porta con sé lo spettro di un pericoloso assolutismo. Un tema importante nel quale il testo di Germano e Lagani ci trascina con intelligenza, con un crescendo su cui non aggiungiamo dettagli, per non rovinarvi la visione nel caso vi capitasse di intercettare una delle tante repliche che la Gold sta portando in giro per l'Italia.

Il teatro virtuale

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Segnale d'allarme - La mia battaglia VR: Elio Germano

Lo spettacolo teatrale di Segnale d'allarme è un progetto che Omar Rashid ha visto nascere, perché era in India insieme a Elio Germano per un'altra produzione VR quando l'attore ne stava scrivendo il testo. Per questo dopo le prime repliche ha invitato Rashid a una delle rappresentazioni, perché nel corso dello spettacolo si creavano dinamiche strane. "Sono andato allo spettacolo," ci ha raccontato Omar Rashid, "e l'ho ripreso mettendo la camera nella stessa posizione che abbiamo usato per la ripresa reale", quella che dopo tante prove si è rivelata essere la posizione ideale per la resa dello spettacolo. Prove portate avanti una volta capite le potenzialità e l'interesse da parte dei primi a cui l'esperimento è stato mostrato, e che si sono concentrate sugli aspetti tecnici, sulle luci e il punto di vista, ma anche sul pubblico e la sua composizione.

Se nello spettacolo dal vivo la claque era ridotta e sparpagliata tra il pubblico, per la registrazione della versione VR si è cercato di concentrare gli attori attorno alla camera, dando a ognuno di loro una caratteristica riconoscibile, dalla fan sfegatata di Germano a quello che si fa trascinare dal contenuto del monologo, arrivando a una quarantina di attori tra i duecento complessivi. "L'idea del VR aiuta a togliere allo spettatore qualunque tipo di appiglio e distrazione" ci ha spiegato Omar Rashid e non possiamo che confermare questa impressione: per 70 minuti ci si immerge nello spettacolo, si segue Elio Germano nei suoi spostamenti dal palco al corridoio tra le file di spettatori, senza possibilità di correre con lo sguardo all'orologio o fare check col nostro fidato smartphone su quanto ci viene detto. Si aggiunge inoltre un ulteriore livello di partecipazione, perché ci sentiamo liberi di osservare le reazioni degli spettatori, di fissare singoli personaggi del pubblico, contrariamente a quanto faremmo dal vivo.

Il rischio dell'isolamento

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Segnale d'allarme - La mia battaglia VR: il pubblico in un'immagine del film in realtà virtuale

Il risultato è intrigante e funziona, trascinandoci nel teatro ancor più di quanto ci accadrebbe in un teatro reale, con l'unico limite di una tecnologia ancora non del tutto matura, le cui problematiche relative a visore opprimente e risoluzione ancora non eccelsa vengono enfatizzate dalla durata impegnativa e la necessità di passare molti minuti guardando all'indietro per seguire gli spostamenti di Germano tra il pubblico. Limiti che è giusto mettere alla prova in questa fase di sperimentazione e crescita di una tecnologia recente come la realtà virtuale. Segnale d'allarme - La mia battaglia VR lo fa con consapevole lucidità e propone un ulteriore ambito, diverso e promettente, in cui la realtà virtuale può muoversi, distante dalle installazioni artistiche più astratte o l'interattività più spinta, come punto di incontro e condivisione, in contrasto con l'isolamento che, inevitabilmente, rischia di incoraggiare.

Conclusioni

Chiudiamo la nostra recensione di Segnale d'allarme - La mia battaglia accogliendo con entusiasmo questo esperimento firmato Elio Germano e Omar Rashid. Si fa un uso interessante della realtà virtuale, diverso dalle tendenze attuali della tecnologia e importante in questa fase di sperimentazione sul mezzo, che aggiunge un ulteriore livello di fruizione allo spettacolo originale di Germano, già di per sé molto intrigante e coinvolgente.

Movieplayer.it
3.5/5
Voto medio
4.0/5

Perché ci piace

  • Lo spettacolo di Germano e il suo messaggio, prezioso per i tempi di oggi.
  • Il riuscito tentativo di trovare una strada diversa per la realtà virtuale.
  • Il senso di immersione e partecipazione che permette di superare i limiti della tecnologia.

Cosa non va

  • La durata impegnativa e la necessità di guardarsi spesso alle spalle mettono alla prova lo spettatore non abituato.