Punto di partenza della nostra recensione di Seberg non può essere che Kristen Stewart, che ne è sua protagonista e sua linfa vitale. Perché è lei il principale punto di forza del film di Benedict Andrews presentato fuori concorso a Venezia 2019, con una presenza e bravura che riempie la scena e maschera i pur presenti limiti dell'opera in altri aspetti della sua realizzazione. Limiti forse voluti, perché quella di concentrarsi su di lei sembra una scelta consapevole del regista, che costruisce il suo Seberg attorno alla prova dell'attrice e la resa di tutte le sfumature di un personaggio complesso nelle sue contraddizioni e la sua attinenza alla realtà.
Uno spaccato di realtà nella storia di Jean Seberg
Quella che racconta il film è infatti una storia vera. Pur non essendo in tutto e per tutto la biografia dell'attrice Jean Seberg, parte da un aspetto in particolare della sua esistenza per mettere in piedi quello che si può considerare un thriller politico. In particolare il film di Andrews focalizza l'attenzione sul supporto da parte dell'attrice alla causa della discriminazione razziale, dei diritti della comunità nera e la battaglia della Pantera Nera, partendo dal suo rapporto con uno dei militanti del movimento, Hakim Jamal. Un coinvolgimento indagato dalla sezione dell'FBI nota come COINTELPRO, dedicata al controspionaggio e operante con mezzi discutibili e al limite del legittimo, elemento narrativo attorno al quale ruotano la tensione e le dinamiche thriller del progetto. Un contesto storico che è ben ricostruito e raccontato, efficace anche per chi dovesse essere meno informato sui fatti e sul periodo in cui la vicenda si dipana.
Personaggi reali per una storia vera
Seberg funziona proprio in questa scelta di concentrare l'attenzione su Kristen Stewart e l'attrice a cui dà vita ed è un proposito svelato sin dalla prima inquadratura, che evoca un incidente capitatole sul set di Saint Joan, e perseguita con determinazione per tutto lo sviluppo della storia. E la Stewart ripaga questa decisione donando alla sua Jean Seberg anima e corpo, dettagli e sfumature, incarnando la determinazione di alcune scelte e quel velo che sarebbe diventato depressione, fino alla morte prematura a soli quarant'anni per suicidio. Perfettamente a suo agio nel ruolo, l'attrice conferma una crescita che sta perseguendo, recitando ancora una volta sia in inglese che in francese, ormai una seconda lingua: non è un caso che sia la prima attrice americana a esser stata premiata con un Cesar, il più prestigioso dei premi francesi. Altra faccia della medaglia il poco spessore di molti dei comprimari, ma è pur vero che un talento come Zazie Beetz riesce a emergere ugualmente, attirando l'attenzione nel poco spazio a sua disposizione, e il sempre efficace Anthony Mackie riesce a trovarsi a suo agio nel ruolo di Hakim Jamal.
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Uno spaccato di tensione
Come detto poco sopra, il film è costruito come thriller di stampo politico, piuttosto che come biografia dell'attrice, ed è da questo punto di vista che si evidenziano i suoi principali limiti artistici: Andrews costruisce il film senza particolari slanci o guizzi, non osa e si limita a una onesta quanto funzionale messa in scena per accompagnare la prova della sua protagonista. Il risultato non è affatto un brutto film, ma il regista non fa molto per donargli una maggior velleità artistica, proporre chiavi di lettura o imprimere una propria personale visione. Non ci si annoia, ma al termine della visione si ha la consapevolezza di aver visto un'opera che ha un'unica importante firma, ed è quella di Kristen Stewart.
Conclusioni
In conclusione di questa recensione di Seberg, ribadiamo quanto importante sia la prova di Kristen Stewart nel rendere tridimensionale e autentica la propria Jean Seberg: il personaggio viene fuori in tutte le sue sfumature ed è l’arma che ha Benedict Andrews per condurre lo spettatore sui binari di una storia raccontata con onesto mestiere, ma senza particolari guizzi. Bravi anche Zazie Beets e Anthony Mackie, pur nel minor spazio a poca disposizione per tratteggiare i rispettivi personaggi.
Perché ci piace
- La prova di Kristen Stewart nel ruolo della protagonista Jean Seberg, con tutte le sue sfumature e conflitti.
- Ritmo e tensione da thriller ben costruito
- Una buona ricostruzione del contesto in cui si muove la storia, chiaro anche per chi ne ha poca dimestichezza.
Cosa non va
- Una costruzione piuttosto convenzionale che non osa né tenta di fare un passo in più per lasciare il segno.
- Alcuni dei comprimari hanno poco spazio e sono poco valorizzati.