All'età di 13 anni è stato tra i protagonisti de I Goonies, tra il 2001 e il 2004 ha dominato gli incassi globali facendo part del cast della trilogia de Il signore degli anelli e nel 2017 ha partecipato alla seconda stagione di Stranger Things. Questi sono solo alcuni dei credits più notevoli di Sean Astin, classe 1971, figlio d'arte e sin dall'infanzia attivo nel mondo dello spettacolo.
Che si tratti di cinema, televisione o Netflix, che sia una presenza fisica o anche solo una voce (dal 2012 al 2017 ha doppiato Raffaello, una delle Tartarughe Ninja), l'interprete di Sam Gamgee è inarrestabile. L'abbiamo incontrato lo scorso maggio al Swiss Fantasy Show di Losanna, dove lui ci ha concesso qualche minuto per parlare dei suoi ruoli più noti. A cominciare da un certo hobbit in un trittico il cui ultimo capitolo uscì nelle sale europee nel gennaio del 2004, e poche settimane dopo si portò a casa undici Oscar.
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Il signore degli anelli: una trilogia impegnativa
Il signore degli anelli - Il ritorno del re è uscito quindici anni fa. Che ricordi hai della trilogia? Sono passati quasi vent'anni dall'inizio delle riprese...
I miei ricordi dovrebbero essere sbiaditi (Fa una voce da vecchio, n.d.r.). Ricordo quello che vedo nei film stessi. Ricordo le persone, dove vivevamo, i vari mezzi di trasporto per arrivare sul set: barche, aerei, elicotteri, camper. Ricordo mia figlia che all'epoca aveva due anni e adesso ha finito il terzo anno di università. Ricordo il lavoro, quanto fosse difficile. Guarda, io partecipo a convention in tutto il mondo, e la gente mi ricorda sempre vari dettagli, quindi i miei ricordi sono ciò che gli altri mi ricordano.
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Ricordi ancora quanti giorni hai dovuto indossare i piedi finti senza che questi fossero inquadrati?
Erano cinquanta, no? Che stupidata! (Ride, n.d.r.) Peter Jackson fu molto paziente con me. Per certi versi la trilogia fu un gioco mentale per me, arrivai sul set convinto di essere molto più forte, fisicamente e mentalmente, di ciò che ero in realtà. Mi sentivo un po' come in prigione. Cioè, questa è stata la più grande opportunità cinematografica della mia vita, quella per cui sarò grato fino alla fine dei miei giorni, ma sul set contavo i giorni come se fossi in cella. Di solito per girare un film ci vogliono tre mesi o giù di lì, quindi arrivati al nono mese di riprese pensai "Oh, ecco, abbiamo girato tre film". Invece mancava ancora un anno e mezzo! Inoltre io sono molto attivo politicamente, quindi mi infastidiva un po' essere lontano da casa quando ci fu l'elezione presidenziale del 2000 e l'annessa controversia della Corte Suprema. Sono una contraddizione vivente, dovrei essere più come Elijah Wood che mi guardava e mi diceva "Ma che hai? Divertiti!".
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Ci furono anche riprese supplementari per tutti e tre i film, e pare che Andy Serkis abbia girato la sua ultima inquadratura il giorno della prima del terzo capitolo. Ricordi quando è stato il tuo ultimo giorno di lavoro sulla trilogia?
Riprese fisiche o doppiaggio?
L'ultima cosa che hai fatto.
Allora, vediamo. Il film è uscito il 17 dicembre 2003, e credo di aver dovuto fare qualcosa in tarda primavera. Non sono sicuro al 100%, ma credo fosse aprile o maggio.
Durante la produzione della trilogia hai anche diretto un cortometraggio, The Long and Short of It. Hai mai pensato alla regia di un altro lungometraggio?
Sì, ci penso tutto il tempo. Ci sono un sacco di film che vorrei girare, e ho diversi amici, come Andy Serkis o Jon Favreau, che sono passati alla regia con successo. Forse non ho ancora scoperto il trucco per riuscirci, ma credo che serva un misto di autostima e di capacità di dare ascolto a chi finanzia il film. Prima o poi succederà, e sono iscritto al sindacato dei registi.
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I Goonies e il rapporto con la Warner Bros.
Passiamo a I Goonies. Immagino che, data la tua età all'epoca, sia stata un'esperienza molto divertente.
Quello che vedi sullo schermo è esattamente come ci sentivamo durante le riprese: divertimento costante, una nave pirata, e potei anche baciare una ragazza. Era anche abbastanza surreale andare a lavorare ogni giorno nei teatri di posa della Warner Bros., nel senso che arrivi e vedi la torre con il logo che appare all'inizio di una miriade di film, c'è l'addetto alla sicurezza che ti conosce e non c'è bisogno di far vedere le credenziali, hai il tuo parcheggio personale e il camerino di fianco al teatro di posa, e ti senti come un pezzo grosso per tre-quattro mesi. Quando abbiamo fatto la trilogia il teatro di posa era una fabbrica abbandonata. Ci vorrebbe una torre come quella della Warner, ma con su scritto... come si chiama la casa di produzione di Peter? Wingnut Films!
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Restando in zona Warner Bros., negli ultimi anni hai spesso prestato la voce a Shazam e altri personaggi nelle produzioni animate della DC Comics. Ti interesserebbe partecipare fisicamente a un film DC o Marvel?
Sì, certo. Questi film migliorano tutto il tempo, anche a livello di recitazione. Ho visto Black Panther e Avengers: Infinity War, e hanno fatto dei passi da gigante. In Nuova Zelanda, quando abbiamo girato la trilogia, c'erano molti effetti artigianali: i set, le miniature, eccetera. Adesso è fatto al 99% con il blue screen, e i risultati sono spettacolari! È una sfida che mi piacerebbe molto.
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Come doppiatore sei stato diretto soprattutto da Andrea Romano, una leggenda del settore che è andata in pensione nel 2017. Hai qualche aneddoto su di lei?
Intanto stiamo aspettando che cambi idea. Io, centinaia di doppiatori, una dozzina di case di produzione e anche qualche dirigente di network televisivi, stiamo tutti sperando che lei torni in cabina di doppiaggio insieme a noi. Per l'aneddoto, devi sapere che Andrea è molto socievole, organizza spesso feste di compleanno e altri eventi per mantenere viva la comunità dei doppiatori. È una persona dolcissima, e una volta si presentò nello studio con un megafono per farmi uno scherzo, c'è una foto dove io urlo terrorizzato e lei sembra lo stereotipo del regista cattivo. Sono molto fiero della mia performance nel ruolo di Raffaello in Teenage Mutant Ninja Turtles, e il merito è più di Andrea che mio. Spero che, qualora si presenti un'altra opportunità simile, io possa cavarmela senza di lei.
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Stranger Things e la serie ispirata a Tolkien
Hai recitato nella seconda stagione di Stranger Things. Com'è stato entrare a far parte di quell'universo, dato il tuo legame personale e professionale con gli anni Ottanta?
Sono molto contento che mi abbiano scritturato. Credo che all'inizio temessero una sorta di effetto straniante, ma adesso si stanno davvero divertendo a livello di casting: hanno preso me, Cary Elwes, Paul Reiser... Era molto bello essere circondato da persone motivate e talentuose, che ti spingono a dare il meglio di te.
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Per chiudere, sempre in zona TV, Amazon sta lavorando a un adattamento seriale delle opere di Tolkien. Se ti chiedessero di partecipare, anche interpretando un personaggio nuovo, saresti interessato?
Non so chi potrei interpretare, probabilmente mi chiederebbero di fare un nano, e secondo me quei ruoli andrebbero assegnati a persone con la statura giusta. D'altro canto, la tecnologia è quello che è, e nel nostro caso John Rhys-Davies, che è perfetto nella parte di Gimli, era il più alto di noi nella vita vera. Sono molto ottimista per il progetto, e se mi chiedessero di partecipare sarei sicuramente interessato, ma non so cosa potrei fare. Non so neanche se Sam, nel caso, faccia parte dei loro piani, forse è un periodo diverso.
Si è parlato di raccontare la gioventù di Aragorn.
Ah, quando era Grampasso. Forse un salto nella Contea lo potrebbe fare. Devo dirti che quando abbiamo girato la trilogia, io pensavo costantemente di non capirci nulla, succedevano talmente tante cose ed è un universo più complesso di quanto il mio cervello possa gestire. Il lavoro di Tolkien merita di essere reinterpretato in continuazione, e auguro ad Amazon tutto il successo possibile.