Recensione Tutto il bene del mondo (2004)

Quello di Agresti è un film che nel suo piccolo si fa vedere, se non altro per la sua capacità di far innamorare dei personaggi e far partecipare ai loro problemi.

Se la memoria non ritorna

I conti con il passato e gli oscuri meccanismi della memoria: è questo il tema al centro di Un mundo menos peor, film dell'argentino Alejandro Agresti.

Una donna (Monica Galan) e le sue due figlie si recano in un piccolo paese nel sud dell'Argentina per incontrare il marito (Carlos Roffe), creduto morto da più di vent'anni (le figlie non l'hanno mai conosciuto). Ma il problema è che l'uomo non ricorda apparentemente nulla. Amnesia? Rimozione? Finzione? Non è dato sapere, ma la moglie e la figlia maggiore (Julieta Cardinali) si metteranno d'impegno per recuperare una memoria e una famiglia all'uomo.

Nonostante una musica troppo melodrammatica e ripetitiva, che a un certo punto ottiene l'effetto contrario a quello voluto, e ad alcuni passaggi di scenggiatura davvero scialbi, va riconosciuto che quello di Agresti è un film che nel suo piccolo si fa vedere, se non altro per la sua capacità di far innamorare dei personaggi e far partecipare ai loro problemi.
Sullo sfondo un'Argentina piena di problemi sociali ed economici, con il passato che è sempre un'ombra pronta a farsi largo, e che viaggia in parallelo con i misteri sul reale passato dell'uomo.

Un film senza grandi pretese, ma dal quale affiora la consapevolezza che il futuro non potrà mai regalare sogni, miraggi o soltanto rapporti affettivi che non ci sono più. Difficile pensare a un mondo migliore, quindi. La prospettiva più ottimistica, appunto, è di accontentarsi di un mondo meno peggiore.