Siamo eccitatissimi come dei bambini appena usciti dal negozio di caramelle con un bel bottino, dopo la visione e durante la scrittura della recensione del finale di Scissione (Severance, episodio 1x09), su Apple Tv+. Un epilogo che chiude alla grande le storyline e gli indizi disseminati lungo le puntate precedenti, alza il tiro velocizzando il ritmo del racconto e strizza l'occhio alla vecchia serialità, e che per fortuna già sappiamo non ci lascerà senza risposte, dato che la serie ha avuto un'iniezione di fiducia da parte della piattaforma con il rinnovo per una seconda stagione. Vi avvisiamo subito però: potrebbero esserci degli spoiler nella recensione che state per leggere se non avete ancora visto il finale.
Tempo di verità
L'ottavo episodio si era chiuso con l'attivazione da parte di Dylan (Zach Cherry) del "risveglio eccezionale" per i corrispettivi esterni di Mark (Adam Scott), Helly (Britt Lower) e Irving (John Turturro). Il momento che aspettavamo quasi da inizio stagione, quando ci erano stati presentati dei dipendenti della misteriosa Lumon Industries a cui era stato scisso il cervello fra il loro "io" lavorativo e il loro "io" personale, senza che uno avesse i ricordi dell'altro, scindendoli quindi in due persone; quasi una controparte, gli Esterni e gli Interni, che ci ha ricordato quel gioiellino seriale purtroppo ancora inedito in Italia che è stato Counterpart. Dopo varie vicissitudini, ecco i protagonisti a ricordare finalmente, e quanto è potente il ricordo quando è importante che i personaggi sappiano ciò che in parte gli spettatori già sanno, e in parte scopriranno insieme a loro, saltando sul divano. È come aprire il vaso di Pandora e dover affrontare le conseguenze perché nulla potrà essere come prima. Mark in una sequela perfettamente congeniata di rivelazioni, scopre che la moglie Gemma (Dichen Lachman) è viva e lavora misteriosamente all'interno dell'azienda. Quel "She's alive" urlato e quasi strozzato prima di perdere nuovamente la memoria ci ha ricordato il "Not Penny's Boat" di Charlie nel finale della terza stagione di Lost, e ancora di più la coppia Desmond-Penny. È proprio a Lost che questa serie - e questo finale in particolare - sembra strizzare l'occhio e sembra dovere molto, a un ufficio che è come se fosse l'isola, in cui c'è chi vuole andarsene e chi vuole invece rimanere e rispettare le regole. Scienza (i computer) e fede (il "culto" di Kier che ha fondato a quanto pare l'azienda, i valori di Eagan e il suo modus operandi).
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Un omaggio alla tv generalista di qualità
Un finale che come nella migliore tradizione della tv generalista - a cui Apple Tv+ si è rifatta molto in passato - centellina e snocciola moltissime rivelazioni, aprendo porte nuove e lasciandone altrettante aperte. Così come la vera identità di Helly, in realtà la figlia del presidente dell'azienda, Eagan. Lei stessa in una sorta di Undercover Boss si è voluta mettere nei panni di una dipendente scissa per provare al mondo che era una pratica che poteva portare dei benefici; per poi finire esattamente all'opposto punto di vista e a volerla distruggere dall'interno fino all'ultimo pezzo. Così come Mrs Selvig (una Patricia Arquette cattivissima che non può accettare che ciò a cui ha dedicato tutta la vita ora vada in pezzi) in realtà Mrs Cobel: anche qui due controparti e consapevoli, a ricordare ancora una volta Counterpart come la rivelazione su Gemma che ricorda quel colpo di scena alla fine della prima stagione dell'altro spy-thriller show. Nel momento in cui un inconsapevole Mark la chiama col cognome sbagliato si innesca una miccia di eccitazione e terrore nel pubblico che tifa ovviamente per lo svelamento della verità e prega non venga intralciata per sempre. Svelare le verità dei personaggi - Irving che ha scoperto di continuare a dipingere una stanza che tecnicamente non dovrebbe conoscere, ovvero quella in cui abbiamo visto essere rinchiusa Gemma. Il rapporto fra spettatori e personaggi si fa ancora più stretto in questa serie e in questo epilogo, come nella migliore delle lezioni di Hitchcock, accrescendo la tensione narrativa man mano che i personaggi scoprono qualcosa di se stessi o della Lumon.
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Premere sull'acceleratore
Il ritmo, compassato e lento nella prima metà di stagione, si è velocizzato negli episodi successivi e qui nel finale ha raggiunto l'apice: per quanto venga ben gestita la tensione narrativa e il climax narrativo che porta agli svelamenti uno dopo l'altro, prendendosi il proprio tempo, non si può non notare che la sceneggiatura di Dan Erickson prema sull'acceleratore, perché non c'è più tempo da perdere, e i protagonisti-eroi hanno i minuti contati per conoscere i propri Esterni e fare la differenza. Il tempo è proprio la tematica più importante di questo finale di stagione di Scissione, anzi il tempismo. Il tempismo è tutto nella vita, lavorativa quanto personale, e lo impariamo spesso a nostre spese sia in amore che tra i colleghi. Siamo ciò che siamo, come recita il titolo del finale e il libro scritto dal cognato di Mark, Ricken (Michael Chernus), di solito visto come un sopravvalutato new age e divenuto paradossalmente il motivo del suo "risveglio" perché quando guardiamo qualcosa o qualcuno con occhi esterni ci appare improvvisamente in modo diverso. Il finale di Scissione ci ha regalato non solo delle grandi prove attoriali - la perplessità e l'emozione di John Turturro, la poker face che Britt Lower riesce quasi subito a indossare per capire poi pezzo per pezzo la propria vera identità e ciò che dovrà dire durante il discorso con gli azionisti - ma anche un comparto tecnico eccellente. Non solo per le scenografie che finalmente respirano e divengono meno claustrofobiche, così come la fotografia, ma anche una regia di Ben Stiller per la maggior parte in soggettiva per rappresentare i protagonisti come androidi appena risvegliati, senza ricordi e col bisogno di abituarsi al mondo esterno. Che è un po' come ci siamo sentiti noi a uscire nuovamente alla "fine" della pandemia, un senso di spaesamento misto a eccitazione. Chissà quanto consapevolmente questa serie parli dell'attualità, della nostra società che vive di casa e lavoro, due realtà e identità che non sempre si riescono a equilibrare e scindere e sono causa di fratture e litigi nelle famiglie e nelle relazioni amorose.
Conclusioni
Non possiamo che concludere la nostra recensione del finale di Scissione (Severance, episodio 1x09) estasiati da quanto autori, attori e troupe abbiano messo in scena, omaggiando la tv generalista di qualità, (Lost, Counterpart) e gestendo nel migliore dei modi la tensione narrativa e il climax derivato dallo svelamento della verità per i protagonisti, messi faccia a faccia con la propria vera identità. Una goduria per gli spettatori che vengono ancora di più legati a doppio filo ai personaggi, di cui sanno alcune rivelazioni e altre le scopriranno insieme a loro. Questo grazie anche a un ritmo meno compassato e più vivace, senza però tradire lo stile dello show.
Perché ci piace
- Il ritmo si velocizza e arriva all’apice.
- L’omaggio a Lost e Counterpart e alla tv generalista con un finale pieno di rivelazioni e di altrettante nuove domande.
- La regia di Ben Stiller in soggettiva che ci fa entrare nella mente dei personaggi e nel loro “risveglio” quasi fossero androidi.
Cosa non va
- Non vediamo errori.