Sandokan, recensione della seconda puntata: l'avventura comincia dalla scoperta del proprio passato

Il secondo appuntamento con il Sandokan di Can Yaman non tradisce le attese di chi si aspettava ancora più azione, ancora più avventure piratesche, in quella che ormai non è più solo una caccia all'oro del Borneo

Can Yaman è Sandokan nel quarto episodio della prima stagione

A una settimana dal suo esordio fortunatissimo, Sandokan torna in TV con la seconda puntata e con una conferma, data anche dagli ascolti: questa nuova versione della Tigre della Malesia ha conquistato il pubblico.

Nonostante il calo fisiologico (dal 33% della prima puntata al 27,6% di media della seconda), i dati Auditel dicono chiaramente che, fino a qui, Rai 1 chiuderà il 2025 con la sua serie più vista (e anche quella più pubblicizzata, segno che, quando su un prodotto si investe in maniera mirata, quegli investimenti ripagano).

Cosa è successo nella seconda puntata

Sandokan Can Yaman Alanah Bloor Durante Una Festa Da Ballo
Sandokan: Can Yaman e Alanah Bloor durante una festa da ballo

Dopo aver rapito Marianna, Sandokan e la sua ciurma lasciano Labuan, con Lord James Brooke alle calcagna. Dopo momenti di tensione, dovuti anche alla differenza di vedute all'interno della ciurma pirata, giungono a Singapore, una città tentacolare che la Tigre della Malesia può chiamare casa.

E dove viene organizzato lo scambio con gli inglesi: Marianna verrà riportata a Labuan in cambio di ricchezze. Ma non tutto va per il verso giusto e, tanto i pirati quanto chi dà loro la caccia, si ritroveranno in balia del terzo attore in questo conflitto: il sultano proprietario delle miniere di antimonio.

Ascolti TV lunedì 8 dicembre: Sandokan cala leggermente ma è ancora la Tigre della prima serata Ascolti TV lunedì 8 dicembre: Sandokan cala leggermente ma è ancora la Tigre della prima serata

Sandokan è sempre la Tigre della Malesia ma con un diverso passato

Sandokan: un primo piano di Kabir Bedi
Sandokan: un primo piano di Kabir Bedi

Chi ha visto lo sceneggiato del 1976 (e letto i romanzi di Salgari) ricorderà che era stato proprio Sandokan a raccontare a Marianna le proprie origini nobili: figlio di un sovrano del Borneo, ancora bambino aveva visto la sua famiglia trucidata dalle armi degli inglesi. Salvato dalla servitù, aveva scelto la strada della pirateria non solo per sopravvivenza ma anche come occasione di resistenza e lotta contro gli invasori occidentali.

Il Sandokan interpretato da Can Yaman discende da una nobile stirpe del popolo Dayak, ma, a differenza di chi l'ha preceduto, non conosce la verità sulla sua storia. Espediente che ha reso possibile l'introduzione di una figura materna, un'ex prostituta di Singapore. Cresciuto in una maison close, questo Sandokan ha custodito desideri di rivalsa più piccoli e concreti del primo, avendo come unico scopo quello di affrancare la madre e le sue compagne da una vita poco onorevole.

Improvvisamente tutte le sue certezze cadranno, però, di fronte alla rivelazione finale ( attenzione spoiler : chi l'ha cresciuto non è veramente sua madre), e quella domanda ("ma allora chi sono io?") sarà ora l'unica bussola in un percorso che ha (almeno momentaneamente) perso la sua stella polare.

L'eterno trasformismo di Yanez De Gomera

Sandokan Alessandro Preziosi
Sandokan: Alessandro Preziosi nel ruolo di Yanez de Gomera

Avventuriero portoghese (anche se il nome, in realtà, è spagnolo), quella del capitano pirata è solo una delle tante maschere di Yanez, il "fratellino" di Sandokan, più grande di lui di diversi anni (nonostante nei romanzi viga una certa confusione rispetto all'età).

Più freddo e astuto della Tigre della Malesia, certamente meno incline a lasciarsi guidare dall'emotività, nello sceneggiato diretto da Sergio Sollima il miglior ritratto del De Gomera è quello tracciato da Lord Brooke: un personaggio guidato dal gusto innato del gioco per il gioco. Ironia della (sua) sorte, l'atto del giocare, dello sperimentare, è proprio ciò che il pirata portoghese ha in comune con gli sceneggiatori chiamati via via a cimentarsi con le diverse versioni del suo personaggio.

Da rampollo di una nobile famiglia dell'Europa del Sud, avventuriero sulle rotte dell'Africa e dell'America, ritroviamo qui Yanez nella veste di religioso, nel Paraguay del 1825, alle prese con la brutale repressione del dittatore al potere. Persa la fede in un Dio troppo distratto, Yanez (un Alessandro Preziosi sempre più convincente) ha trovato nella pirateria quell'atto di ribellione sentita e necessaria (in questo molto più simile al primo Sandokan).

L'irriconoscibile Lord Brooke di Ed Westwick

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Sandokan: un primo piano di Ed Westwick

Fin dalla scelta del suo interprete, Ed Westwick, è stato chiaro agli estimatori del primo Sandokan che questo Lord James Brooke avrebbe avuto ben poco in comune con il "Raja bianco di Sarawak" interpretato da Adolfo Celi. Se nel 1976 lo sterminatore di pirati era un uomo già maturo, con un carisma e una reputazione per buona parte costruiti in anni e anni di avventure e scaltre trattative sulla rotta delle Indie orientali, questo Lord Brooke conserva intatto il fascino dell'antagonista ma senza la sicurezza granitica di chi l'ha preceduto.

E non solo per questioni anagrafiche: il nemico di Sandokan, quasi promesso sposo di Marianna, è un villain fragile. Più istintivo di quanto la reputazione che l'ha condotto a Labuan possa far credere, il Brooke di Ed Westwick ha una dipendenza da oppiacei.

Espediente narrativo che servirà a tracciare un profilo certamente più sfaccettato del nemico, l'abuso di droga (e il rapporto simbiotico con la sua governante) è qui la spia di un'altra origin story che andrà a comporre il variegato mosaico finale di un Sandokan certamente più vicino, per scelte e stile narrativo, alla contemporaneità.

Sandokan: una seconda puntata a tutto ritmo

Sandokan Can Yaman Sulla Riva
Sandokan: Can Yaman sbarca sulla riva

Se al suo esordio Sandokan aveva potuto contare sull'aura mitologica del personaggio, con questa seconda puntata il racconto ha la necessità di svilupparsi in maniera duplice. Da una parte ci sono l'avventura e la storia principale, il rapimento di Marianna e le sue conseguenze, dall'altra la narrazione deve soffermarsi a spiegare il perché delle azioni compiute, affondando quindi nel passato dei protagonisti.

Se il ritmo è incalzante, se l'azione, anche nei momenti di maggiore distensione (come il ballo nella bisca a Singapore), non lascia spazio alla noia, tuttavia alcune scelte appaiono frettolose, correndo il rischio di penalizzare quel ritratto emotivo e caratteriale dei personaggi che è parte fondamentale di ogni "racconto delle origini".